NutriScore e Agroalimentari in Italia: vino sì o vino no?

Lo scienziato francese Serge Hercberg mette a rischio il mercato del vino in Italia. Ma come? E perchè?

Serge Hercberg viene considerato il padre del Nutriscore, il famoso (e tanto criticato) sistema di etichettatura dei prodotti alimentari nato in Francia nel 2013. L’obiettivo di Nutriscore è quello di semplificare l’identificazione dei valori nutrizionali di un prodotto alimentare tramite l’utilizzo di due scale di valori. Queste due scale di valori sono tra loro correlate: da una parte si ha la scala cromatica e dall’altra la scala alfabetica. La prima è divisa in cinque gradazioni, dal verde – per un prodotto considerato salutare – al rosso – non salutare per la salute dell’uomo; mentre la scala alfabetica opera con le lettere, dalla A – prodotto alimentare assolutamente non dannoso per la salute – alla E – alimento che è meglio evitare per la buona salute dell’organismo.

Questo sistema a punteggio, pensato, appunto, da Serge Hercberg è stato sviluppato da EREN (sigla di: Equipe de Recherche en Epidémiologie Nutritionnelle), un gruppo di ricercatori universitari francesi, e si basa sulle tabelle nutrizionali studiate e preparate dall’inglese Food Standards Agency, un dipartimento governativo indipendente creato per proteggere la salute pubblica dei consumatori in relazione al cibo in Inghilterra, Irlanda del Nord e Galles.

È stato attraverso un tweet che lo scienziato francese ha accesso il fervore di un intero settore di produzione italiano. In un post, Hercberg ha ripreso una proposta, in realtà già precedentemente emersa nel 2018, che aveva il fine di bollare con la lettera F e il colore nero tutte le bevande alcoliche, allo scopo, inutile dirlo, di segnalarne la pericolosità ai consumatori.

La produzione di vino annua in Italia

Inutile dire che, in un Paese in cui la produzione di vino ammonta, secondo i primi dati ISTAT, a 49.9 milioni di ettolitri annui, il tweet dello scienziato Hercberg in cui il prodotto vinicolo viene stigmatizzato non è stato ben accolto. Il sistema di Nutriscore è stato infatti fortemente polemizzato dagli operatori italiani dell’agroalimentare, oltre che dagli esponenti politici e di governo, soprattutto perché si trova tra le ipotesi al vaglio della Commissione europea.

Perché viene tanto criticato questo sistema? Nutriscore è vittima di polemica da parte dei produttori agroalimentari italiani poiché l’accettazione di questa proposta implicherebbe conseguenze enormi per una parte considerevole dell’economia italiana. Si guardi bene, la filiera agroalimentare italiana è

l’insieme degli agenti economici, amministrativi e politici che, direttamente o indirettamente, delimitano il percorso che un prodotto agricolo deve seguire per arrivare dallo stadio iniziale di produzione a quello finale di utilizzazione, nonché il complesso delle interazioni delle attività di tutti gli agenti che determinano questo percorso. (Saccomandi, 1999)

Questo significa che, chi a titolo diretto e chi a titolo indiretto, gli attori operatori interni al mercato alimentare in Italia, e dunque anche vinicolo, che verrebbero penalizzati da questa decisione, non sono pochi. Si potrebbe abbozzare una distinzione fra operatori interni al settore e operatori esterni. La differenza fra i due “gruppi” si baserebbe, a grandi linee, fra coloro che producono il prodotto e coloro che invece lo trasportano; in altre parole, con attori interni si intenderebbero gli agricoltori, industria alimentare, vendita al dettaglio, vendita all’ingrosso, bar, ristoranti, eccetera; con attori esterni, invece, si farebbe riferimento ai mezzi tecnici per l’agricoltura, alla logistica, alla promozione, alle analisi di laboratorio, eccetera.

Che cosa ne pensa la politica italiana del sistema di Nutriscore?

Gian Marco Centinaio, il sottosegretario alle politiche agricole alimentari e forestali, parla del pericolo della criminalizzazione di un intero settore. Il vino, rientrando nella categoria di bevande alcoliche, sarebbe infatti etichettato dal sistema Nutriscore come un prodotto alimentare dal colore nero, dunque altamente dannoso per la salute dell’uomo, al pari del tanto discusso junk food.

D’altra parte, Monica Ciaburro e Maria Cristina Caretta, in qualità di segretaria e capogruppo della commissione Agricoltura di Montecitorio, sottolineano che la proposta di Hercberg tenda indirettamente a paragonare “un Barolo DOCG al cibo spazzatura della più infima qualità: questa è l’ennesima follia ai danni di un settore che vale oltre 7 miliardi di euro di esportazioni”.

La Coldiretti, in quanto maggiore associazione di rappresentanza e assistenza dell’agricoltura italiana, fa notare che un sistema di etichettatura del genere, come lo è quello di Nutriscore, porti a soluzioni ambigue e fuorvianti. Dichiara infatti l’associazione:

potrebbe indurre in valutazioni errate sulla salubrità di un determinato prodotto, prescindendo dalle esigenze complessive di un individuo (dieta e stile di vita), dalla quantità e dalla frequenza di assunzione all’interno di un regime alimentare variegato ed equilibrato.

Sulla stessa onda si posiziona la Federvini (La Federazione Italiana Industriali Produttori, Esportatori ed Importatori di Vini, Acquaviti, Liquori, Sciroppi, Aceti ed affini).

I rischi presenti e futuri per il settore vinicolo

La preoccupazione e la conseguente polemica della filiera agroalimentare italiana non è da biasimare, soprattutto se, oltre al sistema Nutriscore, un’altra manovra rischia di intaccare il mercato vinicolo. Si tratta di una iniziativa dell’Europarlamento, iniziativa per la quale ci si appresta a varare un’altra possibile criminalizzazione del settore vinicolo in quanto parte delle cause che portano alla genesi del cancro negli individui.

Secondo molti osservatori, anche qui, al fine di valutarne scientificamente gli effetti sulla salute dei fruitori, bisognerebbe distinguere più chiaramente la linea di distinzione fra l’uso e l’abuso di bevande a base alcolica. Anche qui, come nel sistema di etichettatura francese, ci sarebbe dunque il rischio di incorrere in una non sufficientemente stabile e stabilita distinzione fra l’uso e l’abuso di bevande alcoliche come fonte di pericolo per la salute dei consumatori.

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