Le nuove frontiere degli allevamenti intensivi

Secondo le stime della FAO (Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura) ogni anno circa 80 miliardi tra pollame, suini, ovini e bovini sono destinati alla macellazione. A questa cifra bisogna aggiungere anche la stima che va dai 51 ai 160 miliardi di pesci da allevamento che vengono uccisi ogni anno.

Nei Paesi industrializzati, ormai da tempo, si è aperto un dibattito che riguarda i diritti degli animali. Il perno centrale del dibattito sono le modalità in cui questi animali vengono allevati e la sofferenza a cui vengono sottoposti per tutta la durata della loro esistenza.

Consapevolezza

Nel 2007 in un articolo del «The Guardian» il giornalista Benjamin Zephaniah scrisse,

è sempre difficile guardare alle violenze di oggi e immaginarle attraverso gli occhi critici delle generazioni future, così come coloro che 200 anni fa vendettero centinaia di migliaia di schiavi umani lungo il Tamigi probabilmente non potevano immaginare come sarebbe stata vista oggi quell’industria.

Questo concetto rappresenta come nel corso dei secoli sia cambiata la sensibilità collettiva e le riflessioni che questo cambiamento ci porta a considerare. Oggi, infatti, sono impensabili alcune abitudini o affermazioni che in passato erano largamente condivise.

La domanda sorge spontanea a questo punto: bisogna chiedersi se le pratiche che vengono utilizzate oggi, in futuro verranno classificate come barbarie inaudite. In particolare, nel dibattito sui diritti degli animali, si arriverà al punto di ammettere che esistono alternative che non implichino violenza verso altre specie, che si evince dagli studi siano in grado di provare le stesse emozioni umane?

Riferimenti storici

Dovrebbe far riflettere che il leader del movimento riformista William Wilberforce, che nel 1833 portò all’abolizione della schiavitù, contribuì anche a fondare la Royal Society for the Prevention of Cruelty to Animalist (RSPCA), uno dei primi enti animalisti britannici.

Secondo l’«Economist» sentì il dovere morale di non arrecare sofferenza e dolore a chi è in grado di provare queste emozioni. Portando inoltre a un sentimento comune di consapevolezza e di rispetto che prima era riservato solo agli esseri umani.

D’altro canto è vero che gli esseri umani hanno sempre allevato e cacciato animali. Ciò che però fa riflettere sono i nuovi metodi di produzione della carne grazie al progresso scientifico. Infatti, utilizzando antibiotici e disinfettanti è possibile tenere una grossa quantità di animali ammassati in un unico spazio. Fino a qualche decennio fa invece era impensabile perché le malattie li avrebbero decimati.

Allevamenti intensivi

Rispetto al passato si sono abbassati i costi ed è cresciuta la domanda della carne. Per far fronte in maniera propositiva a questa richiesta, oggi i polli sono circa quattro volte più grandi e raggiungono il peso finale in sole sei settimane rispetto alle quindici di cui avrebbero normalmente bisogno.

Lo sviluppo scientifico e tecnologico ha contribuito anche a perfezionare le modalità con cui gli animali vengono uccisi. Il metodo classico negli allevamenti intensivi di pollame prevede, prima dello sgozzamento, una fase in cui l’animale viene stordito. La procedura dello stordimento avviene immergendo i polli all’interno di vasche in cui viene fatta passare una certa quantità di corrente elettrica. Durante questo processo può capitare qualsiasi cosa. Un esempio è quello in cui non venga somministrata loro una quantità di corrente tale da stordirli e che quindi rimangano perfettamente coscienti di ciò che capita loro.

Effettivamente, come scriveva l’«Economist», che ci sia un’incoerenza di fondo è comprensibile. Se in centinaia di anni non si è riusciti a trovare un accordo per quanto riguarda un sistema di diritti reciproci, come ci si può aspettare di includere in quello stesso sistema anche gli animali?

Ulteriore sviluppo tecnologico negli allevamenti intensivi

Gli animali sono costretti a vivere per lo scopo di soddisfare la richiesta di carne. Obbligati a sopprimere quelle che sono le loro abitudini naturali, come per esempio quella di pascolare libere nei campi, si ritrovano invece a condividere spazi molto stretti che li portano a raggiungere dei livelli di stress altissimi. Parlando di bovini nello specifico, il livello di stress, con l’avvicinarsi dell’inverno e quindi dell’abbassamento delle temperature, porta a una riduzione della produzione del latte.

Per questa ragione, l’allevatore turco Izzet Kocak ha pensato di applicare ai bovini due visori, per cercare di riprodurre l’esperienza del pascolo in un prato verde e soleggiato. Ricreando questo tipo di situazione si sono riscontrati immediatamente dei risultati positivi. Considerando che una mucca produce circa ventidue litri di latte al giorno, subito dopo l’esperimento si è notato un incremento di 5 litri in più. Addirittura Izzet è convinto del fatto che non solo aumenti la produzione, ma anche che la qualità del latte sia migliore.

La ricerca che ha portato a questi risultati è partita dal Ministero dell’Agricoltura e dell’Alimentazione di Mosca. Si voleva infatti cercare di dimostrare il legame tra l’esperienza emotiva della mucca correlato alla produzione del latte. Questo esperimento, che è stato svolto su un intera mandria, ha dimostrato che con la giusta tranquillità mentale, seppur illusoria, la produzione del latte aumenta considerevolmente.

Una puntata di Black Mirror

L’immagine di una mucca con un visore per la realtà virtuale è un immagine molto potente quanto surreale.

Come se non bastasse, è stato dimostrato che le mucche quando ascoltano la musica sono più produttive e il latte pare che sia di qualità più alta. La scoperta è avvenuta grazie alla Leicester University: partendo da questa consapevolezza nel 2015 era stato organizzato un concerto nella stalla cremonese dell’Azienda Agricola “Cantarane”. Il concerto, che ha preso il nome di Happy Cow Concert, è stato tenuto da tre artisti di fama internazionale: i pianisti Andreas Kern e Roberto Prosseda e il violinista Fabrizio Von Arx che si sono esibiti davanti a un pubblico non di persone ma di mucche appunto.

Per quanto riguarda gli animali da allevamento, riconoscere e sensibilizzare a proposito del maltrattamento e della violenza che ne segue, in questo momento storico, è ancora difficile. Questo accade a causa della convinzione radicata che l’uomo sia un essere superiore, nonostante gli animali abbiano esigenze simili e provino le stesse emozioni che proviamo noi esseri umani. Questo atteggiamento è stato definito dal filosofo animalista Singer come “specismo”.

La domanda che sorge spontanea in questo contesto sarebbe: queste nuove condizioni in cui vengono allevati gli animali servono davvero per aumentarne la produzione oppure servono all’uomo per “ripulirsi la coscienza”, con l’illusione di evitare un maltrattamento, con la chimera di una vita felice?

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