Santa Sofia

Santa Sofia, storia di una chiesa millenaria (seconda parte)

Nella prima parte dell’articolo su Santa Sofia, abbiamo parlato della storia della basilica, delle sue diverse edificazioni e dello spazio architettonico ideato da Isidoro di Mileto e Antemio di Tralles. Vediamo in quest’occasione il ruolo che la luce assume all’interno di questo magnifico edificio.

L’importanza della luce in Santa Sofia

Sia Procopio che Paolo Silenziario raccontano l’audacia tecnica dei due architetti a capo del progetto: Antemio di Tralles e Isidoro di Mileto hanno realizzato una nuova idea dello spazio, che supera definitivamente la concezione classica di parete e di massa, e crea un nuovo concetto di spazialità.  Come si legge nel De Aedificis di Procopio, Santa Sofia è «un insieme perfettissimo, che non permette che l’occhio si posi a lungo su un qualcosa, ma ogni parte invita a contemplarla, come in una gara».

Elemento catalizzatore della chiesa è la luce, che, sempre secondo Procopio, non sembra provenire dall’esterno, ma sembra generarsi da dentro la chiesa. La luce entra dalle numerose aperture, i raggi si moltiplicano e si incrociano rifrangendosi sulle innumerevoli tessere auree dei mosaici e degli arredi d’argento. Siamo di fronte, in Santa Sofia, a un principio assoluto di unità delle arti, che concorrono alla qualificazione dello spazio come luce.

La luce naturale

All’interno della chiesa la luce è un elemento perfettamente calcolato, intrinseco alla concezione progettuale; lo si capisce dalla foggia, dalla disposizione e dal numero delle finestre.

La Dott.ssa Alessandra Guiglia ha posto l’attenzione, in una sua ricerca, agli enormi finestrati tripartiti, posti nelle gallerie accanto ad alcune finestre singole a doppio ordine. Questi finestrati sono schermati in basso da lastre e in alto da griglie marmoree, e conferiscono ancora oggi alle pareti perimetrali uno spettacolare effetto di trasparenza.

Nonostante la “sovrabbondanza di luce bianca diurna” di cui parla Procopio, oggi la chiesa di Santa Sofia vede al suo interno una misteriosa penombra, causata dalla progressiva chiusura delle finestre. L’arredo, che aveva la funzione di illuminare artificialmente Santa Sofia, è andato perduto; ma Paolo Silenziario offre importanti notizie a riguardo. Bisogna innanzitutto menzionare la triplice corona di polycandela concentrici del naòs, fissati tramite catene di bronzo alla cupola, che si arrestavano a pochi metri da terra.

Santa Sofia

La decorazione musiva

L’interno di Santa Sofia presenta una decorazione musiva aniconica formata da tessere d’oro. Ma quali sono le motivazioni che hanno portato l’imperatore ad adottare un programma iconografico così particolare? Gli storici hanno ipotizzato che alla base di questa scelta c’era la volontà degli imperatori Giustiniano e Teodora di non urtare le tendenze monofisite che dilagavano nella popolazione. Questa ipotesi non sembra plausibile, dal momento che Giustiniano era noto per professare una rigorosa ortodossia.

Nel periodo in questione, le decorazioni musive ospitano tutte delle icone; ricordiamo per esempio i mosaici parietale del monastero del Monte Sinai,  la chiesa di San Vitale di Ravenna e i mosaici di Cipro. Pertanto, la scelta di non dotare Santa Sofia di mosaici figurati sembra sia stata dovuta ai ritmi incalzati con cui procedeva il cantiere. Ma anche questa opzione risulta semplicistica, dal momento che il cantiere di Santa Sofia è stato teatro di tecnologia all’avanguardia.

Concludendo, si può affermare che la decorazione aniconica è perfettamente funzionale allo spazio architettonico e all’illuminazione. Infatti, eventuali elementi figurati sarebbero scomparsi alla vista dell’osservatore, a causa dell’immenso spazio della chiesa.

Dalla luce sensibile alla luce intellegibile

Le testimonianze di Paolo Silenziario, Procopio da Cesarea e del kantàkion (omelia lirica) forniscono elementi essenziali per capire il significato iconologico che la luce ha all’interno di Santa Sofia. La struttura architettonica della chiesa e la sua illuminazione interna sono visti sotto la specie di una corrispondenza speculare tra micro e macro cosmo, di ascendenza fondamentalmente neoplatonica: la chiesa è l’alter ego dell’universo, la sua cupola è il cielo e la sua luce è la metafora della Sapienza Divina. Per l’autore del kantàkion, Santa Sofia è un’opera acheropita, non fatta da mano umana.

Non offre un semplice lume di luce sensibile ma fa brillare alta la luce del sole.

(Autore del kantàkion)

 

Nonostante le varie modifiche che ha subito negli anni, Santa Sofia rimane un’opera d’arte unica nel suo genere. Ancora oggi, ammirando lo splendore di questa chiesa, si possono rievocare la bellezza e la grandiosità dell’antica Costantinopoli e dell’impero bizantino.


FONTI

C. Bersanti, M. Della Valle, R. Flaminio, A. Guiglia, A. Iacobini, A. Paribeni, S. Pasi, S. Pedone, A .Taddei.  Introduzione all’Arte Bizantina. IV- XV secolo. Roma, 2012

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