Includere le donne nel nostro canone letterario

Le donne son venute in eccellenza

     Di ciascun’arte ove hanno posto cura;

     E qualunque all’istorie abbia avvertenza,

     Ne sente ancor la fama non oscura.

     Se ’l mondo n’è gran tempo stato senza,

     Non però sempre il mal influsso dura;

     E forse ascosi han lor debiti onori

     L’invidia o il non saper degli scrittori.

Così scriveva Ariosto nel ventesimo canto dell’Orlando Furioso. Nelle prime tre strofe egli infatti loda l’operato delle donne nelle arti come nelle armi, e nomina alcuni esempi risalenti alla letteratura classica. Se ora non ci sono altrettante scrittrici, continua Ariosto, la colpa forse sta nell’invidia o nell’ignoranza degli scrittori.

Ancora oggi, è difficile che donne e uomini abbiano lo stesso spazio all’interno della letteratura istituzionale. Nonostante negli ultimi anni autrici donne abbiano iniziato a farsi sempre più spazio tra le nostre letture quotidiane e tra gli scaffali delle librerie, la questione resta problematica per quanto riguarda il canone letterario e di conseguenza i programmi scolastici.

Il canone letterario italiano

Alla radice del nostro canone letterario c’è sicuramente un’impronta rilevante data dalle cosiddette Tre Corone Fiorentine: Dante Alighieri, Francesco Petrarca e Giovanni Boccaccio. Dante, Petrarca e Boccaccio sono stati, sia per noi che per i letterati del passato, punti fermi per quanto riguarda la costruzione di una letteratura italiana. La lirica petrarchesca è stata infatti a lungo un modello per la tradizione poetica del nostro paese, con regole e canoni a cui fare riferimento. Lo stesso è avvenuto per il Decameron di Boccaccio, a lungo usato come riferimento per la produzione di prosa e novelle.

Il programma ministeriale di un liceo classico, ad esempio, parte proprio da qui. Lo studio della letteratura italiana, come nella maggior parte dei licei e degli istituti tecnici, inizia dalla poesia provenzale e dal Dolce Stil Novo. Le Tre Corone vengono subito dopo, e sono il focus principale di questa parte del programma. Dante ha un posto d’onore e, con la sua Divina Commedia, continuerà a essere presente fino al diploma. Dopo la prosa e la poesia medievali si studiano gli autori più significativi del Cinquecento, come Ariosto, Machiavelli e Guicciardini, fino ad arrivare a Tasso. Si passa poi per Seicento e Settecento, fino ad arrivare all’Ottocento. Qui ci si sofferma su autori fondamentali come Foscolo, Manzoni e Leopardi, per poi abbracciare Positivismo e Verismo con personaggi del calibro di Verga e Pascoli. Il percorso si conclude di norma con scrittori e poeti del Novecento.

La letteratura è senz’altro uno dei punti cardine della nostra istruzione. A partire dalle scuole medie, lo studio degli autori che hanno fatto la storia del nostro paese è centrale nei nostri programmi scolastici. Da Dante a Pirandello, gli autori italiani sono entrati a far parte del nostro bagaglio di cultura generale. Ma cosa succede quando questo spazio culturale viene relegato quasi esclusivamente agli uomini? Quanto può influire la costruzione di un canone che segue una narrativa prettamente maschile?

Lo spazio della letteratura femminile nelle scuole

Il canone della letteratura italiana risulta quindi quasi interamente maschile, portando a un esclusione delle donne, che si riflette nei programmi scolastici e universitari.

Molti di noi hanno studiato una quantità esigua di scrittrici italiane durante gli anni del liceo; per alcuni le figure femminili all’interno del panorama letterario sono state completamente assenti. Analizzando tredici dei manuali scolastici di letteratura italiana più utilizzati, i rapporti tra donne e canone sono evidenti. Elsa Morante è infatti l’unica scrittrice a essere quasi sempre presente, ma anche nel suo caso il suo spazio talvolta viene relegato a un solo paragrafo; risulta assente in alcuni manuali. Anna Maria Ortese è presente solamente in uno dei tredici manuali; Grazia Deledda, scrittrice e premio Nobel nel 1926, è presente solo in otto manuali su tredici. Ancora, incontriamo Amelia Rosselli esclusivamente in otto dei manuali, Natalia Ginzburg in sette, e Sibilla Aleramo in quattro.

Nelle università

Per quanto riguarda l’ambiente universitario, invece, accade spesso che, perfino in corsi dedicati alla letteratura italiana contemporanea, non appaia neanche il nome di una scrittrice. Avviene ad esempio nel 2016, presso un ateneo dalla grande importanza nel panorama umanistico italiano: l’Università di Siena. Il corso proponeva nel suo programma di Letteratura Italiana ventisei autori uomini, ma neanche una donna. Questo è riscontrato anche in altre università italiane. La conseguenza è quella di laureati in materie umanistiche che potrebbero non aver mai avuto la possibilità di studiare e leggere le donne all’interno del nostro canone.

Come nei testi del liceo il problema dell’inclusione è presente anche nei manuali universitari. Il Novecento di Battistini-Casadei, manuale del 2005 e comunemente consigliato, presenta trentatré autori, e tra loro solo due donne. Ancora una volta Elsa Morante viene inserita, quasi da considerarsi un’eccezione alla regola, mentre Natalia Ginzburg viene appena nominata. Questo è simbolo di un sistema scolastico e accademico ancora legato a radici e tradizioni patriarcali, che spesso optano per mantenere un’unica prospettiva, piuttosto che aprire il panorama ad altre visioni del mondo, come quella femminile o quella dell’intersezionalità.

Invisibili ma presenti: ricordare una genealogia femminile

È facile che lo scarseggiare di scrittrici donne all’interno del nostro canone porti all’erronea convinzione che non esista una produzione letteraria femminile rilevante che sia antecedente al Novecento. Sin dal fiorire della letteratura italiana nel medioevo, le donne hanno contribuito alcreare opere e scrivere poesie, pur con le difficoltà che questo poteva portar loro all’epoca.

Sanno le donne maneggiar le spade,
Sanno regger gl’ Imperj, e sanno ancora
Trovar il cammin dritto in Elicona.

In ogni cosa il valor vostro cade,
Uomini, appresso loro. Uomo non fora
Mai per torne di man pregio, o corona

(Lenora della Genga, Tacete, o maschi)

Leonora della Genga, Ortensia di Guglielmo, Livia di Chiavello: questi i nomi di alcune delle figure di questa genealogia dimenticata. Si tratta di autrici marchigiane del Trecento. Alcuni dei loro sonetti sono pubblicati da Andrea Gilio da Fabriano, importante erudito rinascimentale, in un trattato che descrive il discorso e le figure retoriche. Comunicano l’una con l’altra tramite sonetti, dai quali si scoprono legami di amicizia e rispetto reciproco, non solo come donne, ma come scrittrici. Le marchigiane del Trecento parlano di parità tra uomini e donne nelle arti, inaugurano un petrarchismo diverso che non parla solo della bellezza della donna ma si impegna in temi sociali. Con la loro scrittura reclamano uno spazio all’interno della letteratura, non solo come soggetti d’amore per il poeta, ma come protagoniste e scrittrici.

Donne, poetesse, scrittrici

Un’altra figura di talento è Veronica Gambara, poetessa bresciana del Cinquecento. Si interessa di teologia e filosofia, studia greco e latino e intrattiene corrispondenze con i letterati più importanti del secolo. Ella è infatti in contatto Ariosto, Bembo e molti altri, tra cui l’Imperatore Carlo V. Scrive poesie sul modello petrarchesco e nei suoi sonetti parla di religione, vizi, amore e scorrere del tempo.

Tra le fila dell’Accademia dell’Arcadia troviamo invece una delle figure femminili più interessanti. Pellegra Bongiovanni infatti si unisce a chi decide di seguire il modello di Petrarca, selezionando tutti i brani del Canzoniere che parlano di Laura. Si prende poi carico della sua voce, trasformando l’oggetto dell’amore e dello sguardo di Petrarca, in un soggetto che ha una sua voce, una sua testa e un suo cuore. Traspone le rime del poeta in un contesto più attuale, anche dal punto di vista stilistico, e usa la sua voce per dare vita a questa donna.

Questi sono solo esempi di una preziosa genealogia femminile che troppo a lungo è stata ignorata. Dalle mistiche femminili alle scrittrici dell’Arcadia, ci sono moltissime scrittrici che sono state cancellate dalle pagine della nostra storia. Con il giusto riguardo possono essere riscoperte e riapprezzate, fino ad arrivare a dare alle donne il giusto spazio all’interno del canone.

Cambiare la società attraverso l’istruzione

La questione del canone è più importante di quanto si creda, poiché collegata al progetto educativo. La scuola rappresenta per molti bambini e ragazzi un primo contatto con il mondo esterno. È l’ambiente che, dopo il nucleo familiare, influenza la nostra cultura e le nostre idee.

Va da sé che se la prima finestra sul panorama letterario va ad aprirsi su un mondo principalmente o esclusivamente maschile, questo influenzerà la nostra idea delle donne nella letteratura. Bisogna ricordare che si sta parlando di programmi estremamente comuni e utilizzati abitualmente nell’insegnamento della letteratura italiana. Questo è testimonianza di quanto l’esclusione di queste scrittrici non sia considerata una problematica urgente dal mondo accademico. Siamo portati a pensare che le donne non abbiano il talento e le capacità necessarie per essere considerate delle scrittrici abbastanza valide da apparire tra le pagine dei nostri libri di scuola, a differenza dei loro colleghi uomini. Essi sono presentati come unici produttori di letteratura; con l’eccezione di alcune donne, che vengono viste quasi come dei casi unici, dei talenti fuori dall’ordinario, che nonostante la loro condizione femminile sono riuscite a guadagnarsi una fetta di canone.

Ma questa non è l’unica conseguenza. Leggendo e studiando letteratura prodotta da uomini, ne consegue l’assenza di una riflessione di genere sulla questione femminile. Quella maschile, del resto, è l’unica prospettiva che ci viene presentata. Anche i personaggi femminili, quando presenti, agiscono e vengono descritti tramite gli occhi del male gaze: letteralmente tradotto come “sguardo maschile”, presenta le donne sotto la prospettiva degli uomini. Si tratta spesso di uno sguardo sessualizzato e superficiale che non garantisce la stessa profondità e attenzione che verrebbe invece data da una prospettiva proveniente anche dal genere femminile. L’assenza di una prospettiva che posi i suoi occhi su tematiche femminili toglie la possibilità di empatizzare e comprendere alcuni aspetti della vita delle donne, portando a sottovalutarli; mentre la letteratura potrebbe essere il mezzo fondamentale per comprenderli.


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