Ritorno alla terra di mezzo: Beren e Lúthien, il “cuore” del legendarium

Come l’unico anello conserva la giovinezza di chi lo indossa, così l’aura mistica ed eterea delle opere di Tolkien resiste immutata ai segni del tempo, conquistando ancora adulti e bambini. Un’eredità immensa che, come il suo amore per Edith, resta scolpita negli annali della storia letteraria.

Il 29 Ottobre, con un post su Facebook e in occasione del Lucca comics, Bompiani ha rilasciato l’annuncio atteso per anni dai fan, che riguarda la pubblicazione de La storia della terra di Mezzo. La vendita del primo volume, ormai imminente, inizierà già nella primavera del 2022, precedendo di fatto l’uscita della serie tv de Il Signore degli Anelli, in programma a settembre; si proseguirà poi per i restanti volumi con pubblicazioni successive, fino al 2026.

L’opera

L’opera, nel cui progetto di traduzione la casa editrice ha coinvolto anche l’AIST – Associazione Italiana Studi Tolkieniani, si compone di 12 volumi più uno supplementare, riassuntivo di tutti gli indici dei testi.

Prodotta interamente da Christopher Tolkien, terzo figlio di Ronald e curatore di quasi tutte le opere postume del padre, la raccolta guida il lettore attraverso l’esame integrale dei manoscritti inerenti il Legendarium. Questa, infatti, non è una mera rappresentazione storica dell’universo tolkieniano più amato, ma un approfondimento del processo creativo che ha portato all’elaborazione della terra di mezzo e delle relative vicende.

I primi due libri – Racconti perduti e Racconti Ritrovati – introducono appunto il Legendarium, termine col quale l’autore è solito indicare l’insieme delle narrazioni che hanno luogo nella terra di mezzo. Il terzo è un insieme di poemi riguardanti le storie principali. Il quarto e il quinto fanno da preludio alle vicende, approfondite nel decimo e undicesimo volume, che portano alla pubblicazione della versione odierna del Silmarillion. Il corpo centrale illustra invece la storia e lo sviluppo de Il Signore degli Anelli; quello conclusivo ne tratta le appendici e contiene gli ultimi scritti dell’autore.

La Terra di mezzo

Conosciuta anche come Endor (nel linguaggio Quenya, parlato dagli Eldar, gli elfi abitanti di Valinor) o Ennor (in Sindarin, una delle lingue più diffuse), la Terra di mezzo è la regione più grande di Arda, il mondo fantastico nel quale si svolgono le opere maggiori dell’autore.

Inizialmente formata da un’unica massa uniforme e simmetrica, Arda subisce numerose variazioni nel corso del tempo. In coincidenza del primo conflitto creato da Melkor (il primo Oscuro Signore, presente nel libro Il Silmarillion), la massa continentale si divide in tre distinte zone: Aman a occidente, le terre del sole a oriente e la terra di mezzo al centro di esse.

Alla fine della prima era, la Guerra d’ira tra i Valar e Morgoth (altro nome di Melkor) causa ulteriori trasformazioni nella fisionomia della regione, che assume però, a grandi linee, l’assetto definitivo; almeno fino alla fine della seconda era, momento in cui Ilúvatar, il Dio dell’universo tolkieniano, distrugge Númenor e rende la terra sferica, al pari di quella da noi conosciuta.

Arda

Le similitudini con la Madre Terra, così chiamata da Tolkien nelle sue lettere private, sono infatti molte. L’autore ammette di aver plasmato Arda sulle forme del nostro pianeta, pur ambientando la storia dello stesso in un’epoca immaginaria, antecedente perfino alla nostra concezione di preistoria, così da garantire una maggiore credibilità storico-letteraria.

Ecco una delle lettere in cui sottolinea il parallelismo tra Arda e l’Europa:

L’azione della storia ha luogo nella parte nord-ovest della “Terra di Mezzo”, che per latitudine corrisponde alle coste dell’Europa e a quelle settentrionali del Mediterraneo. […] Se Hobbiville e Gran Burrone venissero collocate all’incirca alla latitudine di Oxford, allora Minas Tirith, 600 miglia a sud, sarebbe circa alla latitudine di Firenze. Le Foci dell’Anduin e l’antica città di Pelargir si troverebbero circa alla latitudine dell’antica Troia.

Il Cuore del Legendarium – Beren e Lúthien

La divulgazione del racconto, del quale esistono numerose versioni che trovano spazio anche all’interno del già citato Silmarillion e del Signore degli anelli, è stata curata ancora una volta da Christopher dopo la morte del padre.

Ma dal destino amaro furono separati,

E vagarono a lungo per monti e pendici

Tra cancelli di ferro e castelli spietati

E boschi cupi e tetri e luoghi abbandonati,

Mentre fra loro erano i Mari Nemici.

Ma un giorno luminoso si ritrovaron felici,

Ed assieme partiron, amati e infine uniti,

Attraverso boschi e campagne fiorite.

Esso racconta dell’amore tra Beren, eroe mortale, e Lúthien, elfa immortale figlia del re Thingol e della Maia Melian. Un amore impetuoso quanto impossibile; è proprio il padre di Tinuviel (usignolo, così chiamata da Beren) ad essere contrario all’unione tra i due. Consapevole di non potersi opporre al destino della figlia, subordina il loro matrimonio ad un’impresa impossibile; il recupero, da parte di Beren, di uno dei Silmaril, pietra preziosa incastonata nella corona ferrea di Morgoth.

Dopo aver portato a compimento la missione, Beren muore in uno scontro con Carcharot, uno dei lupi mannari creati da Sauron per servire Melkor. Così Lúthien, distrutta dal dolore, si lascia morire e giunge dinanzi alle aule di Mandos, luogo nel quale le anime degli Elfi il cui corpo è morto attendono il proprio Fato. Qui Mandos, spinto dal canto straziante della fanciulla, concede a Luthien due possibilità: tornare nella terra di mezzo da mortale, per ricongiungersi col suo amato Beren; oppure dimorare tra i Valar, dimenticando tutte le sofferenze precedenti.

Il legame con la mitologia

Di evidente ispirazione popolare, è opportuno notare come mitologia nordica e classica si fondano in un unico, notevole racconto. Emblematico a tal proposito è il finale, ispirato al mito di Orfeo ed Euridice. Esso si sovrappone infatti completamente al mito ovidiano, quasi a volerne riscrivere la storia in chiave epico-cavalleresca.

Lo scrittore si esprime così al riguardo in una delle proprie lettere:

Beren e Lúthien is a kind of Orpheus-legend in reverse, but one of Pity not of Inexorability.

È di forte impatto il finale di entrambe le storie, seppur reso in modo antitetico; Orfeo, nel risalire l’Ade, si volta a guardare Euridice, fallendo così la sua impresa e portando alla morte la donna. Luthien, al contrario, sacrifica sé stessa per riportare in vita Beren e vivere con lui una vita da mortale. Tolkien descrive così un eroismo nuovo, diverso; un eroismo mosso non più dall’orgoglio e dalla forza, ma dall’amore.

Lúthien e re Thingol

La storia di Beren e Lúthien si contraddistingue, tra le opere dello scrittore, per il forte carattere autobiografico. Il rapporto conflittuale tra il protagonista e re Thingol è descritto sulla falsa riga di quello tra Ronald e Padre Francis Morgan, il tutore cui viene affidato dopo la morte della madre. Lo stesso Padre Morgan, infatti, impedisce a Tolkien di frequentare e sposare Edith prima che abbia compiuto 21 anni e si sia laureato presso l’Exeter College di Oxford. Cattolico lui, protestante lei, ulteriore ostacolo alla relazione è poi posto dalla religione, altro elemento preponderante all’interno delle opere dello scrittore.

Il personaggio di Lúthien Tinúviel è un tributo all’amore e all’ammirazione che lo scrittore ha per la propria moglie. L’ispirazione nasce in un giorno di svago passato dai due in una foresta dello Yorkshire; qui Edith canta e danza con fare aggraziato tra gli alberi, apparendo agli occhi di Tolkien come un essere celestiale, quasi mistico. Anche il rapporto tracciato all’interno del racconto ricalca in maniera evidente quello dei due amanti; essi, infatti, si incontrano in un momento di comune perdizione e sconforto, cui la nuova relazione pone immediato rimedio.

Beren e Lúthien sono anche i nomi che Tolkien ha scelto di far incidere sulla propria lapide e su quella della moglie; simbolo forte di come il loro amore sopravviva alla fragile e transitoria vita dell’uomo.

 


 

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