Virginia Woolf: scrittrice e femminista ante litteram a 140 anni dalla nascita

Londra. Il 25 gennaio 1882, in una casa vicino a Hyde Park, nasce Adeline Virginia Stephen, al secolo Virginia Woolf. Giornalista, autrice, saggista e ideatrice – parallelamente a James Joyce – dello stream of consciousness, la Woolf è considerata tra le più importanti e influenti scrittrici del Novecento, oltre che una delle prime donne attive nella lotta per la parità di genere.

Una personalità senz’altro insolita, sensibile e appassionata che ha dovuto combattere duramente contro i suoi demoni interiori a causa di una società fortemente patriarcale. Una donna che ci ha lasciato opere che tuttora occupano un ruolo principale nelle antologie scolastiche per le loro trame ricche di significati e lo stile inconfondibile, che l’ha resa celebre a livello mondiale. E dunque oggi, giovandoci di una ricorrenza così importante come i 140 anni dalla sua nascita, celebriamo una scrittrice che ha fatto della sua arte un potentissimo mezzo di emancipazione.

L’infanzia e l’influenza della cultura

Non appena la piccola Virginia Stephen ha messo piede nel mondo, la cultura letteraria le è sempre stata accanto, come una seconda pelle. Suo padre, infatti, è sir Leslie Stephen, storico, autore, filosofo e critico letterario, imparentato fra l’altro con William Makepeace Thackeray, a sua volta notissimo scrittore britannico. La madre, invece, è Julia Jackson, famosa modella per pittori, fra cui il preraffaelita  Edward Burne-Jones.  La coppia, oltre a Virginia, ha anche altri figli tra cui Vanessa Bell – anche lei poi affermatasi come pittrice –, mentre da precedenti matrimoni i due avevano rispettivamente una e tre figli.

Insomma, una famiglia inconsueta accompagna l’infanzia della Woolf, circondata però senza dubbio dalla cultura più influente di quegli anni. In effetti la possibilità (e quindi la fortuna) di ritrovarsi in un ambiente di grande spessore intellettuale, permette alla futura scrittrice di ottenere una formazione culturale assai solida. In casa sua si potevano trovare spesso artisti e scrittori tra i principali dell’età vittoriana, personaggi del calibro di T. S. Eliot o Henry James. D’altra parte sia Virginia che sua sorella Vanessa essendo donne non potevano ambire a frequentare un istituto scolastico; di conseguenza  la loro istruzione risponde a un’educazione tutta casalinga.

Felicità effimera

La giovane Virginia manifesta sin da subito la sua inclinazione per le materie letterarie. È una passione talmente forte che la porta, accompagnata dal fratello Thoby, a fondare l’Hyde Park Gate News, un giornale/diario in cui i due raccontano le vicende, di certo esclusive, che vedevano protagonista la loro casa e la loro famiglia. Ma, soprattutto, per la Woolf scrivere diventava il mezzo attraverso il quale imprimere i ricordi più felici, come ad esempio i soggiorni estivi nella casa di Saint Ives in Cornovaglia, che ritorneranno anche nelle sue opere più conosciute.

Tuttavia, è durante questo periodo di tranquillità che Virginia, all’età di 13 anni, viene colta da un tragico avvenimento: la sua adorata madre muore. Il lutto e tutto ciò che ne consegue hanno un peso enorme sul destino della scrittrice e, insieme, su quello della sua famiglia. Dopo qualche anno, infatti, perde prima la sorellastra Stella e poi il padre, cadendo in un forte stato di depressione. Da lì in poi la sua vita non sarà più la stessa, e i momenti felici saranno intervallati da forti crisi psichiche.

A questo poi si aggiungono le violenze e gli abusi sessuali subiti da Virginia e dalla sorella Vanessa da parte del fratellastro George, di cui l’autrice parla in Momenti di essere e altri racconti.

Bloomsbury e il matrimonio con Leonard Woolf

Dopo questi spiacevoli eventi, Virginia si trasferisce insieme a Vanessa a Bloomsbury, uno tra i più importanti quartieri di Londra. La scrittura e l’arte sono per l’autrice vero e proprio ossigeno, in particolare dopo i gravi lutti che l’hanno colpita. Così, con una notevole forza d’animo, cerca di guardare oltre, e mira a costruirsi una strada con il corso del tempo sempre più delineata. Negli stessi anni, infatti, fonda con la sorella il Bloomsbury Group: un’associazione composta da studenti e neolaureati dell’Università di Cambridge. Il gruppo, che si riunisce spesso nelle rispettive abitazioni degli iscritti, è attivo in vari settori sia in ambito artistico, come la letteratura e la musica, sia in ambito scientifico.

Grazie al Bloomsbury, Virginia entra in contatto con un gran numero di personaggi influenti nel mondo della scrittura, tra cui Leonard Woolf, autore e teorico della politica, che nel 1912 diventerà suo marito. È questo il periodo in cui inizia a realizzare quello che è sempre stato il suo sogno, cioè diventare una scrittrice. Collabora con il «Times» e, di lì a poco, incomincia a pubblicare le sue prime grandi opere.

I più grandi successi

Come abbiamo appena accennato, la carriera professionistica di Virginia Woolf si apre all’inizio del Novecento e prosegue subito dopo con il suo primo romanzo ufficiale, La Crociera (1915). L’opera è in realtà il frutto di tante revisioni e cambiamenti, dal momento che le sue fasi di stesura sono caratterizzate da continui crolli psicologici dell’autrice, molto vulnerabile in quel periodo. Tuttavia, Virginia porta a termine il lavoro, e da lì in poi la sua penna non la potrà fermare niente e nessuno.

Gli anni Venti sono ricchi di successi straordinari: da La stanza di Jacob (1922) a La signora Dalloway (1925); da Gita al faro (1927) a Orlando (1928). Parliamo di romanzi in cui da un lato si rafforzano certe scelte tematiche sempre più rivoluzionarie, dall’altro si affina lo stile, che diventa il suo tratto distintivo, soprattutto per l’uso dello stream of consciousness. Il suo vissuto personale si intreccia con le storie e con i personaggi scelti per rappresentarle, e questo conferisce alle opere un carattere particolarmente intimo, a cui si unisce una moderna riflessione sul mondo femminile.

La fine più temuta

La fragilità di una donna e di una scrittrice come la Woolf purtroppo non regge i continui e sempre più forti stati depressivi. Le crisi psichiche che l’hanno accompagnata sin da giovanissima si fanno insostenibili, legandosi per di più all’avvento drammatico della Seconda Guerra Mondiale. Così, Virginia si arrende, e muore suicida nel 1941. La lettera d’addio che la Woolf scrive per suo marito Leonard è un’ulteriore testimonianza della sua sensibilità e della sua intelligenza, oltre che della sua delicatezza d’animo. Con le prossime parole, le sue, concludiamo quindi il nostro ricordo di Virginia Woolf, autrice immortale.

Tu mi hai dato la maggiore felicità possibile. Sei stato in ogni modo tutto ciò che nessuno avrebbe mai potuto essere. Non penso che due persone abbiano potuto essere più felici fino a quando è arrivata questa terribile malattia. Non posso più combattere.


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