La crisi dei semiconduttori e la pandemia: quando la domanda supera l’offerta

Da mesi a questa parte, sentiamo sempre più spesso parlare di una crisi dei semiconduttori. Ma di cosa si tratta nello specifico?

I semiconduttori: la crisi

I semiconduttori sono materiali speciali che si utilizzano per la produzione dei chip. Essi sono, di conseguenza, la base per la produzione di un qualsiasi apparecchio elettronico, da un semplice cellulare a un aeroplano. Si tratta di una vera e propria crisi, in quanto la domanda supera di gran lunga l’offerta: così le aziende più importanti e lungimiranti, hanno acquistato la gran parte della disponibilità, lasciando praticamente a mani vuote le aziende meno ricche.

In particolare a soffrire è la filiera automobilistica: infatti, il gruppo Renault ha dichiarato che la crisi lo colpirà molto più duramente di quanto pronosticato solo qualche mese fa, operando una produzione minore, pari a mezzo milione di unità in meno rispetto al previsto. Skoda ha annunciato lo stop ad alcune linee di assemblaggio e Maserati ha rinviato alla prossima primavera il lancio del nuovo suv. Per quanto riguarda questo settore economico si prevede un netto calo delle vendite generale.

L’aumento dei prezzi

In realtà, le aziende possono superare la crisi con un momentaneo aumento dei prezzi, ma se la crisi dovesse, cosa alquanto improbabile, protrarsi oltre il 2023, la situazione sarebbe ben più complicata e, in tal caso, un semplice aumento dei prezzi non risolverebbe di certo una situazione decisamente complessa, anche se molte case automobilistiche tedesche hanno riscontrato la possibilità di una vendita dei loro prodotti top anche a prezzi più alti: in poche parole, i clienti acquistano anche a prezzi più alti rispetto al periodo precedente la crisi, quindi le aziende hanno prontamente dichiarato di puntare a mantenere questi standard di vendita.

Smartphone e apparecchi tecnologici

Le industrie legate alla produzione e alla vendita di smartphone paiono optare per la creazione di catene di produzione interne di microprocessori, così da liberarsi di Tsmc, il colosso taiwanese da cui dipende quasi la metà della produzione e distribuzione globale di semiconduttori. Questa strada sembra incuriosire veri e proprio imperi come Apple, Google e Amazon volenterosi di fuggire al più presto da questa crisi.

Il ruolo della crisi climatica

Peraltro, il colosso di Taiwan ha ben mostrato la complicità della crisi climatica in questo scenario. Infatti, la siccità dello scorso anno ha danneggiato la produzione, poiché per questi minerali è necessario l’utilizzo di grandi quantità d’acqua. Ancora una volta, la lotta al clima si mostra uno dei punti fondamentali per il futuro. Riguardando il mondo intero, la crisi riguarda necessariamente tutte le attività produttive e, quando si somma alle crisi di tipo economico-produttivo, la situazione diviene parecchio grave.

Pandemia e smartworking

Sicuramente, la pandemia, con annesso smartworking, ha portato a una maggior richiesta di apparecchi elettronici, e di conseguenza di semiconduttori. Inoltre, i cattivi rapporti tra USA e Cina non aiutano la situazione: le aziende, quasi banalmente, si sono trovate impreparate di fronte a una richiesta così importante e, effettivamente, senza precedenti.

Certamente le industrie produttrici non hanno calcolato l’aumento della richiesta. Anzi, a inizio pandemia hanno tagliato le previsioni di vendita, risultando poco lungimiranti. La crisi, appunto derivante dalla esorbitante richiesta di device elettronici durante le varie quarantene, ha coinvolto prima questo settore, per passare solo successivamente a quello, come già accennato, automobilistico. Infatti, alle case automobilistiche è rimasto ben poco materiale, e così la produzione è lenta, per non dire statica: le aziende asiatiche non riescono a fornire materiali.

La fine della crisi

Purtroppo, la fine della crisi è ancora lontana e risulta difficile porre un limite temporale definito. Tuttavia, una ripresa per la vendita dei veicoli è realisticamente stimata entro la fine del 2023, così dice Jean-Marc Chery, numero uno di STMicroelectronics, il maggior gruppo di elettronica, che dichiara anche che “aumentare la capacità in fretta non è semplice”. In questo momento la produzione è già al massimo sforzo, nulla di più è possibile, per tornare a una situazione normale occorre tempo. Amplia ulteriormente il discorso è ricorda come, in questo periodo, tutta la filiera dell’approvvigionamento sia in difficoltà, per via di un faticoso accesso ai materiali di base e alle forniture di elettricità.

Gli USA

Gli USA stanno studiando una soluzione alla crisi e Biden pare avere un piano ben assestato, con centocinquanta miliardi di dollari da investire. L’obiettivo è quello di cancellare l’attuale dipendenza del mondo occidentale dai Paesi orientali, che sono i principali produttori di queste materie, tuttavia, l’attesa non sarà breve per vedere i frutti di questo ambizioso progetto americano. Intel, infatti, leader nel settore, è un’azienda americana che, tuttavia, punta sulla delocalizzazione in Cina. Questo è il nodo da sciogliere per superare il problema.

Mario Draghi e l’Europa

Anche il parere di Mario Draghi in merito alla crisi non si è fatto attendere. Il premier auspica una fitta e produttiva collaborazione a livello europeo che si basi sulla ricerca combinata, in modo da cancellare o, quantomeno, affievolire la dipendenza dagli Stati orientali, veri e propri padroni del gioco, almeno per ora.

Investire nella produzione

Ovviamente non si tratta di rivolgere una guerra ideologica alla Cina, né agli altri Paesi orientali, né, tantomeno, alle aziende dell’estremo oriente produttrici di semiconduttori. Però, è fondamentale, anche e soprattutto in ottica futura, che il mondo occidentale, in particolare USA e UE, anche separatamente, investa in questo settore: quello della produzione. È necessario che, già a partire dal prossimo futuro, la richiesta di queste materie non renda schiavi di altri Stati, non si può dipendere da loro per questi prodotti che sono i meccanismi fondamentali per il funzionamento della società, se si vogliono evitare altre crisi. Immaginare una parte del mondo senza telefonini, computer, automobili o aerei per un blocco non deve essere uno scenario.

Padroni delle proprie risorse

Il potere che questo quasi monopolio sta conferendo ai Paesi orientali è smisurato. Hanno in mano la benzina che accende il mondo e che permette a esso di muoversi. Questa ultima, concentrata in poche zone e fornita da pochi, è in grado di causare crisi di portata sempre più vasta, da un momento all’altro. Essere padroni delle proprie risorse, in un mondo che vede sempre più delinearsi una polarità USA-Cina, sembra essere un monito che risuona ancora più forte. Le grandi sfide del futuro e il prossimo orientamento del mondo passano da qui, dalla gestione di queste materie, e se oggi la minaccia sembra lontana, non è mai male prevenire, piuttosto che curare.

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