Dialogo tra un venditore di almanacchi e Leopardi

Per iniziare bene l’anno nuovo quale migliore lettura se non l’operetta morale Dialogo tra un venditore di almanacchi e un passeggere. Scaturita dal genio di Giacomo Leopardi che attraverso uno stile diretto, con sfumature ironiche, rappresenta la posizione dell’uomo nei confronti del suo passato e futuro. Un breve tuffo nell’interiorità dell’uomo, per indagare la sua percezione della natura delle cose e quindi di se stesso. Una riflessione filosofica sulle fondamenta dell’agire umano, di quei comportamenti e pensieri universali e connaturati nell’essenza dell’umanità. Questa è l’operetta morale; questo è Leopardi, autore immortale dalle riflessioni immortali.

Le operette morali

Le operette morali non hanno bisogno di presentazione. Tutti ne abbiamo fatto conoscenza, che sia approssimativa o approfondita, durante il percorso scolastico. Un classico, la cui fama è legittimata da una elevatezza stilistica e di carattere filosofico senza eguali. Assieme ai capolavori in versi, si aggiungono quelli in prosa: una serie di dialoghi e novelle che approfondiscono i temi fondamentali del pensiero leopardiano. Con un tono disilluso e ironico, Leopardi esprime la consapevolezza raggiunta con il cosiddetto pessimismo cosmico, l’idea dell’ineluttabile sofferenza come meccanismo intrinseco dello sviluppo della natura. Il dolore che percepisce l’uomo per la sua condizione di mortale che aspira all’infinito si tramuta così in una condizione imprescindibile, connaturato nell’essenza dell’uomo e di ogni cosa.

Nell’operetta morale Dialogo di un venditore di un almanacchi e un passeggere, Leopardi si concentra sulla considerazione che l’uomo tende ad avere del suo passato e futuro. La scena descritta dall’autore consiste nel dialogo tra un venditore di almanacchi e un passante che prima di comprare un almanacco interroga il venditore sulla sua vita. Le domande sono poste per far riflettere il venditore, e così il lettore, focalizzandosi sulla visione che si ha della propria vita in relazione al passato e al futuro. Al venditore, rappresentante della tendenza umana, gli vengono poste domande che evidenziano il rifiuto del passato e una costante proiezione nel futuro con sguardo speranzoso, sebbene deluda sempre le aspettative. Si delinea così la figura del venditore: un semplice uomo che non ricorda alcun anno felice trascorso, né vorrebbe ricominciare la vita daccapo con ogni piacere e dolore provato, ma che si mantiene sempre speranzoso per l’anno venturo. 

Non vi ricordate di nessun anno in particolare, che vi paresse felice? Ma se aveste a rifare la vita che avete fatto né più né meno, con tutti i piaceri e dispiaceri che avete passati? Coll’anno nuovo il caso comincerà a trattare bene voi e me e tutti gli altri, e si principierà la vita felice. Non è vero?

Un passato da dimenticare e un futuro speranzoso

L’uomo che viene descritto dall’operetta morale è quindi un uomo privo di un presente. Lo sguardo non è mai rivolto all’oggi, ma sempre al passato o al futuro. Un uomo costantemente diviso fra questi due periodi contraddittori, ed entrambi impediscono la realizzazione della tanto desiderata felicità. L’uomo non può basarsi soltanto sul passato e allo stesso tempo non può vivere un futuro senza il ricordo del passato, della propria storia. 

Il passato viene percepito come un lontano ricordo, ma la cui influenza sulla vita è considerevole in quanto contiene tutti i dolori patiti. E dato che ci si ricorda maggiormente i dispiaceri che i piaceri, il ricordo produce la volontà di allontanarsi dal proprio passato, come per dimenticarlo. La speranza è il sentimento che spinge l’uomo ad affidarsi al futuro, dipingendo quest’ultimo come il momento in cui finalmente si otterrà la felicità. Ma quella che si crea è unillusione, dato che la natura dell’uomo impedisce il raggiungimento di qualsiasi felicità duratura e anzi conduce all’eterna sofferenza. Ma proprio per evitare la consapevolezza della propria condizione, l’uomo continua a sperare, sebbene la realtà continui a deluderlo. Sperare si presenta quindi come un istinto di sopravvivenza, un modo per perseverare nella vita e non abbandonarsi al nichilismo. 

La speranza è una componente intrinseca del pensiero umano ed è strettamente legata all’immaginazione. È proprio l’immaginazione a rendere la speranza così persuasiva, creando scenari che soddisfano ogni desiderio possibile. Di fatto, l’immaginazione è in grado di soddisfare il desiderio di infinito connaturato nell’uomo e così continua a illudere l’umanità di un futuro sempre migliore che l’attende.

Un desiderio impossibile da appagare

O non credete che io, e che il principe, e chiunque altro, risponderebbe come voi per l’appunto; e che avendo a rifare la stessa vita che avesse fatta, nessuno vorrebbe tornare indietro.

Sebbene la speranza porti spesso gli uomini alla delusione, essa è inevitabile: fa parte della natura umana. La sua essenzialità è dovuta alla condizione dell’uomo che secondo Leopardi è destinato a una sofferenza perpetua. La causa del dolore dell’uomo risiede nel suo connaturato desiderio dell’infinito, poter perpetuare costantemente i propri piaceri. Ma data la mortalità dell’umanità, l’infinito è irraggiungibile. E la causa primaria è la natura, raffigurata da Leopardi come una divinità maligna dominata da leggi meccaniche, che persegue soltanto la propria sopravvivenza, indifferente alle proprie creature. 

Nonostante tutto, l’umanità possiede l’immaginazione con cui soddisfare, anche se non concretamente, il desiderio d’infinito. Per questa ragione, l’uomo si illude che la felicità fantasticata possa prima o poi realizzarsi e così continua a sperare. L’uomo finisce così in un ciclo senza fine: dal desiderio all’aspettativa, alla speranza, alla delusione, infine il dolore, per poi ricominciare. Ciò comporta un atteggiamento di costante attesa del futuro e invece di ostilità nei confronti del passato. E questa tendenza è universale, non muta a seconda della classe o gruppo sociale, in quanto la sofferenza è sia del ricco che del povero.

Il tempo nella poetica di Leopardi

Il tempo è un tema caro a Leopardi, affrontato in diverse opere del poeta. Viene approfondito secondo la percezione che l’uomo ha del suo tempo, tripartito in passato, presente e futuro. La considerazione che si forma riguardo a questi tre periodi varia in particolar modo secondo l’età. Tuttavia, in qualsiasi condizione, la tendenza a proiettarsi sempre sul futuro è universale.

Il tema del tempo risalta nella poesia de Il sabato del villaggio. Leopardi descrive un piccolo villaggio in trepidazione per il giorno che deve arrivare, la domenica di festa. Tutti sono in estasi e ciascuno si prepara per l’imminente futuro. Il piacere che scaturisce dall’attesa del giorno che viene identificato come il momento in cui giunge finalmente la felicità, è prodotto dalla speranza, dalla stessa immaginazione del piacere. In particolare risaltano le figure della giovane fanciulla che vien dalla campagna tutta contenta con un mazzo di fiori con cui si ornerà i capelli; mentre una vecchietta seduta a guardare il tramonto ripensa al suo passato, quando anch’ella si preparava per il giorno di festa. Leopardi evidenzia così la tendenza umana al ricordo nostalgico del passato in età avanzata e il desiderio del futuro che ha massima espansione in età giovanile. 

Un’altra giovane fanciulla che guarda con speranza e gioia il futuro è Teresa Fattorini, ricordata da Leopardi nella celebre A Silvia. La ragazza viene descritta dal poeta nel pieno della sua giovinezza che attende un futuro promettente, stroncato però dalla malattia e quindi dalla morte. In questo modo, Leopardi evidenzia la crudeltà della natura e l’innocenza della condizione umana che, nonostante alle buone speranze, si deve arrendere alla propria fragilità.


FONTI

Leopardi, Operette Morali, Mondadori, 2017

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