Manzoni: il padre della lingua italiana

Alessandro Manzoni non ha bisogno di presentazioni. Tutti sanno chi è e cosa ha fatto. Grazie alla popolarità, alla grande diffusione, allo studio scolastico del suo capolavoro “I Promessi sposi”, la figura di Manzoni si è ben radicata nella cultura italiana. Ma non tutti sanno il perché di questo enorme successo e dell’importanza che riveste l’autore. Manzoni a scuola viene spiegato nei minimi dettagli, ma l’importanza del suo operato viene veramente compresa? Dato il vago ricordo, denso di noia e disinteresse, che si desta a sentirlo nominare, si direbbe di no. Ma in realtà Manzoni è determinante per comprendere una componente fondamentale della nostra vita, del nostro quotidiano, che è il riflesso della nostra identità: la lingua italiana.

La lingua dei letterati

Prima dell’approccio di Manzoni rispetto alla questione della lingua, questa era esclusiva dei letterati. Nella cultura letteraria era radicata la distinzione tra una lingua ‘naturale’, l’espressione spontanea dell’individuo, e una lingua ‘letteraria’, elaborazione artificiale degli autori. Secondo i letterati la prima lingua era destinata a mutare con l’avanzare del tempo, mantenendo uno stato di varietà e frammentazione, mentre la seconda consisteva nell’unione di tutte le forme linguistiche più alte affinché resistessero al tempo.

Inoltre, l’esigenza per i letterati di avere un pubblico unitario che potesse comprendere le loro opere, pose la lingua come un problema esclusivamente letterario. L’altro cardine su cui si basavano le riflessioni dei letterati sulla lingua, da Dante a Bembo, era lo stile: una costante ricerca della forma linguistica più adatta a rappresentare ed esaltare le opere. La soluzione, anche se non totalmente condivisa dalla comunità letteraria, dopo le Prose di Bembo risultò l’impiego del fiorentino trecentesco, stabilito come modello e norma per la lingua letteraria. Nonostante il raggiungimento di una norma che unificasse la lingua, la difficoltà di comunicazione tra autori e lettori permase, dovuta alla persistenza dei dialetti come componente fondamentale dell’identità del singolo.

Manzoni rivoluzionario della lingua

Se oggigiorno per ogni cittadino italiano è possibile comunicare facilmente attraverso una lingua comunitaria, l’italiano, è in gran parte grazie a Manzoni. Forse può sembrare un’affermazione esagerata, in quanto conversero fattori diversi all’unificazione linguistica, ma l’apporto di Manzoni è stato una vera e propria rivoluzione.

In primo luogo, Manzoni cambiò il concetto stesso di lingua. Se prima era una questione soltanto letteraria, Manzoni le dà una veste sociale. Di fatto, la lingua era innanzitutto un problema della società, data la varietà linguistica che impediva una completa comprensione fra gli abitanti della penisola. La ricerca di Manzoni si riversa quindi su una lingua universale, unitaria, che possa essere uno strumento per comunicare e intendersi all’interno della società. Per questa ragione, il ruolo della comunità è fondamentale: è l’uso, l’esigenza espressiva dei singoli in un contesto condiviso, su cui si fonda la lingua ricercata da Manzoni. Una lingua pertanto di carattere inclusivo, rappresentativo e identitario, che richiama a sé un forte sentimento di appartenenza. Questa, è la lingua italiana. 

Il principale ostacolo all’unificazione linguistica era la distanza fra scritto e parlato, fra due lingue che apparivano totalmente differenti. Manzoni reputava la lingua degli scritti morta, incapace di diffondere le idee di cui si faceva portavoce, mentre la lingua del parlato viva, dotata di un’espressività e comunicabilità efficace e immediata. L’intuizione di Manzoni fu la necessità di giungere a un’intesa, ossia a un codice che fosse al contempo autorevole, portatore di principi, e immediato nella comunicazione e comprensione. La soluzione concreta si raggiunse attraverso la pubblicazione della famosa “Quarantana” dei “Promessi Sposi”, quando Manzoni decise di “sciacquare i panni in Arno”, ossia di vestire il suo romanzo con il fiorentino contemporaneo, parlato dai colti di Firenze. 

Manzoni precursore dei valori democratici

Una delle critiche portanti all’idea del fiorentino contemporaneo come lingua nazionale fu l’impossibilità da parte della lingua di una città – Firenze – di rappresentare e unificare le varie realtà linguistiche della Penisola. Inoltre, la proposta di Manzoni veniva sentita come un’imposizione, una direttiva da una città dominante, superiore. Ma in risposta alle critiche, Manzoni chiarisce la natura della sua proposta che si dimostra in realtà fondata su principi e valori democratici“Una lingua è un tutto, o non è”

Figlio della cultura illuminista, Manzoni riprende l’orientamento democratico inaugurato dalla corrente nata a Parigi. La capitale parigina è stata per Manzoni fondamentale fonte di ispirazione, sia per la presenza di una lingua viva, il francese, sia per le idee rivoluzionarie che i philosophes diffondevano. Nella sua teoria linguistica Manzoni accoglie concetti ripresi dalle riflessioni illuministe, come la parola specchio del pensiero, ma in particolare il contratto sociale. L’idea del contratto sociale, originaria di Rousseau, viene usata da Manzoni come fondamenta della lingua della comunità. Questa nuova lingua è un accordo fra il singolo e la comunità, in cui il primo si priva della propria particolarità linguistica, il dialetto, per adottare una lingua comunitaria e condivisa, che si pone come legge regolatrice e garante di una comunicazione e comprensione reciproca all’interno della società.

Ma proprio per evitare la declinazione autoritaria che può assumere la teoria dell’accordo linguistico, Manzoni spiega che singolo e società convergono su una stessa necessità, su un obiettivo comune: la lingua italiana. Il raggiungimento di una lingua comune, uno strumento che permetta a tutti di comunicare, di esprimersi, di farsi comprendere, è di fatto un’esigenza per entrambe le parti. Pertanto l’accordo avviene su un piano equo, fondato sull’accettazione universale, sulla condivisione democratica

Il modello manzoniano

In seguito al raggiungimento dell’unificazione politica dell’Italia, la primaria questione da risolvere era proprio l’unitarietà linguistica. Per questa ragione il Ministro della pubblica istruzione, Emilio Broglio, incarica una commissione di intellettuali al fine di individuare la lingua rappresentativa della nazione e il metodo della sua diffusione. Il presidente di questa commissione era Manzoni che per la prima volta ebbe l’occasione di dare vesti ufficiali alla sua riflessione linguistica. 

Per quanto riguarda la definizione della nuova lingua italiana, Manzoni spiega che deve essere basata sull’uso, viva, in grado di garantire uno scambio comunicativo diretto e comprensibile tra ogni italiano. Come già spiegato, la scelta di Manzoni ricade sul fiorentino contemporaneo che viene assunto come lingua comune attraverso l’accordo linguistico. Tra i mezzi da impiegare per diffondere la nuova lingua italiana, Manzoni individua principalmente i vocabolari, ma non più basati sulla lingua della tradizione scritta, bensì contenenti i termini e modi principalmente usati da tutti: i vocabolari dell’uso. Questi vocabolari diventano strumento educativo affidato alle scuole, il cui ruolo è fondamentale per promuovere l’unitarietà linguistica. Le scuole si pongono pertanto come il centro del radicamento della nuova lingua nelle giovani generazioni, sostituendo il dialetto con l’italiano.

Ma il principale mezzo con cui Manzoni è riuscito a unificare linguisticamente l’Italia, è senza dubbio il suo celebre romanzo. Sul determinante peso dell’opera in merito all’unificazione si deve molto all’obbligatorietà dello studio nelle scuole, ma è stata una scelta legittimata dall’importanza della storia narrata stessa. Di fatto, la storia de “I promessi sposi” si può definire la prima storia italiana, dove il protagonismo è del popolo, a confronto con i soprusi delle autorità. “I Promessi sposi” non promuovono soltanto l’unificazione dell’Italia, attraverso la velata protesta al dominio austriaco, tramutato nel dominio spagnolo, ma includono all’interno della storia tutte le riflessioni linguistiche, sociali e morali che Manzoni ha maturato durante il suo percorso letterario. “I promessi sposi” raccontano l’Italia e ne riflettono l’identità. Pertanto quest’opera è una componente fondamentale della nostra storia culturale e di certo continuerà a esserlo.


FONTI

Manzoni, I Promessi sposi, Fabbri Editori, 2006

Eccolecco.it

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