Il grafene può salvare la conservazione delle opere d’arte?

Una delle problematiche cruciali per le opere d’arte pittoriche, siano esse eseguite su parete, tela o supporti lignei, pertiene lo stato di conservazione della loro pellicola pittorica. Soprattutto nel caso di opere con una certa datazione, l’esposizione in ambienti non correttamente climatizzati, troppo umidi o troppo secchi, può danneggiare pesantemente lo stato conservativo nel tempo. Occorre poi considerare la funzione per la quale tali opere sono state realizzate come ulteriore fattore compromettente per lo stato di conservazione.

Fattori ambientali e d’estrazione d’uso: le “bestie nere” della conservazione

Nella storia dell’arte, le pale d’altare costituiscono circa il 60% della produzione pittorica occidentale (almeno fino al XVIII sec.) e il loro caso è piuttosto istruttivo. La causa del loro deterioramento si trova nella costante esposizione al fumo delle candele in Chiesa, necessarie all’illuminazione sin dai periodi storici in cui l’elettricità non esisteva. Spesso quindi, la pellicola pittorica delle pale d’altare o delle tele destinate a contesti chiesastici appare annerita. In tal caso sono necessari interventi di restauro finalizzati a scrostare lo strato annerente, in modo da ripristinare lo stato originale dell’opera.

Andrea Mantegna (attr.), Resurrezione, seconda metà del ‘400, Bergamo, Accademia Carrara. Il dipinto, originariamente parte di un polittico, è stato sottoposto negli ultimi anni a un importante restauro

Tuttavia, la storia delle pratiche di conservazione delle opere d’arte si è evoluta nel tempo attraverso tecniche di restauro sempre più efficaci e sempre meno invasive. Per esempio, uno studio pubblicato nel 2021 su «Nature Nanotechnology» ha dimostrato l’efficacia conservativa delle nano-tecnologie a base di grafene. il grafene è un materiale scoperto accidentalmente nel 2004 e che valse ai suoi scopritori un premio Nobel per la fisica nel 2010. I suoi ambiti di applicazione si stanno man mano estendendo sempre di più: dall’industria tessile a quella aerospaziale, fino ad arrivare alle recenti scoperte nell’ambito della conservazione delle opere d’arte.

Che cos’è e a cosa può servire il grafene?

Il grafene è stato scoperto da Andrej Gejm e Konstantin Novosëlov, due fisici dell’Università di Manchester, vincitori di un Nobel per gli studi sulle proprietà del materiale; è costituito da uno strato monoatomico di atomi di carbonio, ossia è caratterizzato da uno spessore dalle dimensioni di un solo atomo.

Allo stato attuale degli studi, il grafene risulta essere il materiale leggero più resistente, in quanto composto da un solo strato di carbonio. Indicativamente, un singolo strato di grafene possiede l’elasticità di un foglio di plastica e al tempo stesso una notevole resistenza (teorica). 

Questa felice combinazione tra leggerezza, flessibilità e resistenza rende il grafene un materiale dalle potenzialità applicative molto interessanti, soprattutto per quanto riguarda la ricerca aeronautica e aerospaziale. Attualmente, infatti, l’azienda aerospaziale italiana Leonardo sta investendo in studi volti a comprendere l’efficacia applicativa del grafene come materiale di rivestimento termoisolante.

Foglio di grafene

L’applicabilità del grafene per la conservazione delle opere d’arte: lo studio

Il primo luglio è stato pubblicato su «Nature Nanotechnology» un articolo firmato da dieci ricercatori dal titolo Preventing colour fading in artworks with graphene veils. Questo sembrerebbe dimostrare l’utilità dei fogli di grafene anche per la conservazione della pellicola pittorica delle opere d’arte, con un’efficacia superiore al 70%. 

Nell’abstract dell’articolo si legge:

[…] generalmente, i materiali artistici tendono a subire effetti di manomissione cromatica a causa della loro esposizione alla luce e agli agenti ossidanti. Il grafene può essere prodotto in fogli molto sottili e trasparenti che permettono di bloccare i raggi ultravioletti e sono impermeabili all’ossigeno, umidità e altri agenti corrosivi; perciò, si tratta di un materiale che possiede le potenzialità per essere utilizzato come pellicola trasparente a protezione degli oggetti artistici esposti nei musei.

Poi prosegue:

[…] un singolo foglio o un foglio multi-strato di grafene […] può essere applicato sulle opere d’arte per proteggerle efficacemente dalla degradazione cromatica, con un’efficacia protettiva (“protection factor”) superiore al 70%. […] questo processo è inoltre reversibile, in quanto il foglio di grafene può essere facilmente rimosso usando anche soltanto una semplice gomma da cancellare (“eraser”) senza provocare alcun danno all’opera d’arte. […] i risultati esposti in questo studio sono la dimostrazione teorica (“proof of concept”) delle potenzialità di utilizzo del grafene come materiale all’avanguardia utile per la protezione dei colori delle opere d’arte.”

Gli esperimenti condotti

Come si può leggere nell’abstract, si tratta pertanto di una “proof of concept”, ossia di una dimostrazione teorica dell’utilizzo conservativo del grafene. Al momento, dunque, è ancora lungi dal poterci permettere formulazioni definitive. Ad ogni modo, si può dire che i dati emersi dalla ricerca siano piuttosto promettenti. 

Nel corso dello studio, infatti, sono stati eseguiti degli “stress test” su tre dipinti prestati dall’artista greca Matina Stavropoulou, che ha sottoposto le sue opere a un possibile rischio. Su due dei tre lavori è stato applicato un foglio trasparente di grafene, ma soltanto su una metà della superficie pittorica, mentre l’altra è stata invece lasciata esposta, così da valutare comparativamente gli effetti della pellicola protettiva. Entrambi sono stati sottoposti a stress test: il primo dei due è rimasto esposto per 16 settimane sotto luci al neon. Il secondo invece è rimasto esposto per circa 43 giorni (1050 ore) sotto delle luci bianche.

Effettivamente, le parti rivestite con foglio al grafene hanno dimostrato una minore degradazione dei valori cromatici rispetto alle zone dei dipinti prive di protezione al grafene: un risultato visibile anche a occhio nudo.

Efficacia protettiva e facilità di rimozione

Infine è stato possibile dimostrare anche la facilità di rimozione della pellicola al grafene, senza che questa provochi alcun danneggiamento all’opera. Come ha dichiarato uno degli autori dell’articolo, l’ingegnere chimico Costas Galiotis:

l‘innovazione sta nella possibilità non solo di applicare lo strato protettivo rapidamente, ma anche di rimuoverlo con semplicità, in contrasto con quanto accade con gli altri filtri protettivi in commercio a base di materiali polimerici.

Sembra quindi prospettarsi un futuro promettente per la conservazione delle opere d’arte grazie alle potenzialità testate del grafene.


FONTI

Focus

Panoramica sul Grafene

HD Blog

Kotsidi, M., Gorgolis, G., Pastore Carbone, M.G. et al. Preventing colour fading in artworks with graphene veils. Nat. Nanotechnol. 16, 1004–1010 (2021).

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