Capsula Mundi, un metodo che può o non può prendere piede?

Una foresta rigogliosa al posto di una distesa di lapidi, alberi verdi e vitali al posto di pietre grigie e fredde: è questa l’idea dietro Capsula Mundi, un progetto nato dalla mente di Anna Citelli e Raoul Bretzel, designer italiani di fama internazionale, che hanno voluto proporre un nuovo approccio al tema della morte, ridisegnando il concetto di fine.

Capsula Mundi consiste in un nuovo metodo di sepoltura che va a sostituire alla tradizionale bara in legno un contenitore a forma di uovo in grado di accogliere il corpo del defunto o le sue ceneri. Sopra di essi, poi, vengono adagiati degli alberi, scelti in vita dal defunto, che i famigliari e i conoscenti potranno curare negli anni avvenire. “Per produrre una bara si abbatte un albero ad alto fusto, spesso di essenza pregiata. È l’oggetto con il più breve ciclo di vita e quindi con il più alto impatto ambientale […]. Noi vogliamo piantare un albero, invece di abbatterlo!” riporta il sito.

Un progetto ambizioso

Il progetto prende avvio già nel 2002 e unisce la riflessione sulla sepoltura, tema fondante di tutte le culture umane, con la volontà di realizzare un oggetto che lasci un’eredità e un valore ai posteri. L’idea non culmina solamente nella presentazione dell’oggetto, avvenuta nel 2003 al Salone del mobile di Milano, ma implica un percorso che attraverso una serie di simboli restituisce un approccio diverso al tema della morte e della memoria.

Ogni componente del progetto è frutto di una scelta consapevole che sottolinea il concetto di continuità: la forma a uovo è espressione di vita, così come la posizione fetale e l’albero, che diventa simbolo di ricongiungimento tra cielo e terra. Si tratta di simboli universali che hanno le potenzialità di abbattere ogni ostacolo di natura culturale o religiosa. Forse, però, l’aspetto più interessante è la reazione delle persone all’idea di “sepoltura verde”, perché permette di avviare dialoghi sui cicli della vita, rendendo più semplice per le persone parlare di morte.

Il panorama delle sepolture green

Il tema della sepoltura implica anche delle considerazioni di natura medica e sanitaria. Lo sfruttamento eccessivo del suolo potrebbe impedire l’assorbimento delle sostanze organiche e, quindi, la loro fuori uscita. Ammassamenti di corpi come quelli che si verificavano in passato ormai non esistono più, ma la tragedia del Co-Vid e il numero elevatissimo di morti che essa ha causato, ci ha ricordato che anche i cimiteri possono raggiungere un limite.

Per questo, intellettuali e studiosi da ogni parte del mondo si stanno prodigando a trovare soluzioni alternative. Tra le varie proposte si possono citare urne e bare biodegradabili, boschi memoriali, vestiti funebri con spore di funghi e il compostaggio umano, che tra le scelte risulta essere quella più difficile da concepire e accettare. Il progetto Capsula Mundi, quindi, rientra in un panorama molto più ampio etichettabile con l’espressione di “sepoltura verde”.

Chi ostacola il progetto?

Sebbene l’idea abbia riscosso discreta popolarità e interesse, soprattutto a seguito delle conseguenze sempre più evidenti dei cambiamenti climatici e quindi di una maggiore sensibilità rispetto al tema, molti Paesi ne impediscono il pieno sviluppo. Tra questi, anche l’Italia si pone in prima fila per bloccare l’iniziativa.

L’attuale normativa, infatti, impedisce l’inumazione green del corpo intero del defunto ma consente la dispersione delle ceneri in luoghi appositi come cimiteri o abitazioni private. Quindi l’idea della capsula contenitrice è ammessa dalla nostra legislazione, ma solo per le ceneri.

Barriere culturali ed economiche

Tuttavia, per quanto la legislatura possa fare da ostacolo, la vera barriera è rappresentata da motivazioni di natura economica e culturale. Il sostentamento dei cimiteri, infatti, crea un business di notevoli dimensioni e mette in circolo un’operatività molto alta. Mantenere e realizzare un cimitero è un’impresa costosa che richiede appalti, imprese di costruzioni, materiali e una cura continua, a cui prendono parte numerosi lavoratori.

Erigere un cimitero green implicherebbe un costo di mantenimento praticamente nullo e quindi il crollo di tutti gli interessi economici che si celano dietro il settore. Per abbattere tutto questo, e la speculazione edilizia a cui frequentemente si assiste, servirebbe uno sforzo enorme. Oltre a ciò, secoli di indottrinamento cristiano ci hanno abituato a una visione della morte più austera e cupa, che mal si abbinerebbe con l’immagine più fresca che i due designer ci vogliono restituire.

visuale sulla strada di un cimitero

Analogie con sepolture “tradizionali”

Se si analizza il processo nel modo più schematico e oggettivo possibile, i cambiamenti apportati non sarebbero poi molti. Rimane intatta la possibilità di adibire un luogo dedito al riposo e alla memoria del defunto, raggiungibile attraverso meccanismi di identificazione o geolocalizzazione e si preserva anche l’immagine cristiana di “vita dopo la morte” nel modo più concreto possibile.

La Bibbia, poi, non dà nessuna indicazione sulle modalità di sepoltura quindi l’ostacolo principale che si infrappone tra un metodo più “tradizionale” e quello proposto da Capsula Mundi è l’abitudine. Si tratta di un cambiamento che, se mai avrà la fortuna di avvenire, richiederà uno sforzo mentale non indifferente, ma sicuramente possibile.

Prospettive future

La realizzazione del progetto sembra ancora molto lontana: sono assenti proposte di legge a riguardo e la loro formulazione non compare nemmeno in agenda. Probabilmente per assistere alla creazione dei primi cimiteri green in Italia si dovranno aspettare ancora molti anni. La questione, però, si fa sempre più urgente e a lungo andare la considerazione di un’alternativa simile sarà necessaria.

La costruzione di luoghi per conservare i corpi dei defunti richiede un costo ambientale molto alto. Sostituire i cimiteri con una “foresta sacra”, che sarebbe il risultato ultimo dell’idea di Capsula Mundi, porterebbe benefici incontrovertibili sia in termini ambientali che economici. Se un albero assorbe mediamente tra i dieci e i venti chilogrammi di anidride carbonica ogni anno, un’intera foresta raggiungerebbe numeri in grado di fare la differenza in modo concreto nella lotta al cambiamento climatico.

Conclusione

Per quanto sia difficile pensare al concetto di morte, sia nostra che dei nostri cari, l’idea di Capsula Mundi consente di lasciare un’eredità significativa alle generazioni successive, permettendo di investire sul futuro, anche quando non si è più fisicamente presenti. Oltre a una scelta etica e responsabile, quindi, il progetto potrebbe dare inizio a una concezione della morte, che non termina con la fine dell’individuo ma continua negli anni sotto una forma diversa. Si tratta di un passaggio: da una vita a un’altra vita in un flusso che, per certi versi, non termina mai.

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