125 anni di Eugenio Montale

Quest’anno ricorrono 125 anni dalla nascita di Eugenio Montale. Il poeta nasceva nel 1896, ripercorriamo insieme la sua vita e le sue opere.

La vita

Eugenio Montale è ultimo di sei figli, nasce a Genova nella zona di Principe il 12 ottobre 1896, in una famiglia che commercia prodotti chimici. La sua è una formazione particolare: trascorre l’infanzia a Genova, dove studia in un istituto tecnico commerciale e si diploma in ragioneria; ma i suoi veri interessi sono prevalentemente letterari, motivo per il quale è spinto verso un percorso umanistico da autodidatta. 

Inizia a leggere, a curiosare nelle biblioteche della sua città, ha l’opportunità di assistere alle lezioni private della sorella, Marianna. Si appassiona in particolar modo a Dante, Petrarca e Boccaccio. Tra il 1915 e il 1923 inoltre studia musica insieme al baritono Eugenio Sivori.

Terminata la Prima guerra mondiale, Montale inizia a frequentare i circoli culturali liguri e torinesi, entrando così a stretto contatto con le idee e la cultura dell’epoca. Lo scrittore si crea così un bagaglio culturale vastissimo: dalla letteratura alle lingue straniere, dalla musica al teatro, dalla poesia alle riviste letterarie diffuse a quei tempi. La collaborazione con «Il Corriere della sera» a partire dal suo trasferimento a Milano nel 1948, gli permetterà inoltre di viaggiare molto, arricchendosi ancora di più.

I primi passi verso la letteratura

In seguito all’arruolamento in guerra nel 1917, tornato a Genova, Montale inizia a pubblicare le prime poesie, segnate dall’esperienza al fronte. In questo periodo collabora con svariati editori e riviste, traducendo poesie e testi letterari.

Il panorama letterario italiano di questi anni è dominato da Gabriele D’Annunzio, il poeta vate d’Italia. Simbolo del decadentismo italiano, D’Annunzio è stato scrittore, poeta, drammaturgo, politico, giornalista, patriota italiano e importante simbolo della linea interventista durante la Prima guerra mondiale. Sono gli anni del fascismo, dal quale Montale prende subito le distanze sottoscrivendo nel 1925 il Manifesto degli intellettuali antifascisti di Benedetto Croce. Nello stesso anno viene pubblicata la sua prima raccolta di poesie, intitolata Ossi di seppia, dove confluiscono i primi scritti del poeta.

Il titolo rimanda all’idea degli ossi di seppia che rimangono sulla spiaggia e segnalano la volontà di esprimere l’essenziale, dopo essere riusciti a isolarlo da tutto ciò che è superfluo. Montale già all’epoca dimostrò un chiaro rifiuto della poetica di Gabriele d’Annunzio, con la sua forte retorica e ambizioni ideologiche. Con le sue poesie, Montale cercava invece di mettere in evidenza verità più sommesse e nascoste dietro le apparenze, partendo dalla realtà quotidiana.

Ossi di seppia

Ossi di seppia è forse la raccolta di Montale più nota ed apprezzata, che ci permette di delineare tutte le linee principali della sua poetica e del rifiuto della tradizione letteraria a lui antecedente. Tutto ciò è chiaro fin dal titolo, che ben rappresenta il rapporto arido e non più simbiotico con la natura. Il poeta rifiuta infatti la tradizione romantico-decadente che vedeva una fusione tra l’io poetico e il mondo naturale circostante. Così, il paesaggio ligure è rappresentato da Montale come aspro, impoverito, come i residui calcarei dei molluschi che il mare deposita sulla spiaggia, gli ossi di seppia appunto.

Ossi di seppia esprime l’impossibilità quasi filosofica da parte di Montale di scrivere di argomenti e valori ‘alti’, e la conseguente rinuncia alla prospettiva di diventare un poeta vate, come D’Annunzio prima di lui. Non si riesce più ad utilizzare la poesia per spiegare realmente la vita e il rapporto dell’uomo con la natura: la realtà stessa appare incomprensibile e inesprimibile, ed il poeta non può che mettere in evidenza questa percezione negativa del suo stare al mondo, scegliendo volutamente un paesaggio aspro e scabro, e un linguaggio poetico che si modella su questa profonda inquietudine personale.

La profonda inquietudine personale, la condizione di disagio esistenziale che pervade tutta l’opera emerge anche dai titoli che compongono la raccolta. Basti pensare a poesie come Spesso il male di vivere ho incontrato, Non chiederci la parola, Meriggiare pallido e assorto.

Spesso il male di vivere ho incontrato:
era il rivo strozzato che gorgoglia,
era l’incartocciarsi della foglia
riarsa, era il cavallo stramazzato.

Bene non seppi, fuori del prodigio
che schiude la divina Indifferenza:
era la statua nella sonnolenza
del meriggio, e la nuvola, e il falco alto levato.

Gli anni successivi

Nel 1927 Eugenio Montale si trasferisce a Firenze dove conosce molti letterati italiani come Elio Vittorini, Salvatore Quasimodo e Carlo Emilio Gadda. Alla fine degli anni Venti diventa direttore del Gabinetto Vieusseux, una nota istituzione culturale della città.

In seguito, dalla sua relazione con la studiosa statunitense Irma Brandeis, vengono ispirate numerose poesie, che saranno raccolte in Le occasionipubblicata anni dopo, nel 1939 e contenente poesie scritte a partire dal 1926. Il titolo della raccolta si riferisce alla presenza in ogni poesia di un’occasione, un’opportunità di cogliere una realtà diversa.

Durante la Seconda guerra mondiale, Montale viene chiamato al servizio militare per due anni. L’anno dopo essere stato congedato, nel 1943, pubblica in Svizzera una nuova raccolta intitolata Finisterre, per non essere vittima di censura in Italia. Alla fine della guerra, Montale si trasferisce a Milano e avvia la collaborazione con il «Corriere della Sera».

Nel 1956 pubblica La bufera e altro, una raccolta di poesie scritte nei quindici anni precedenti:

Il titolo è un chiaro riferimento alla guerra, ma è anche un’allusione alle varie forme che può assumere il dolore durante l’esistenza di ogni individuo. Le violenze della guerra, le speranze del ritorno alla normalità e la delusione sono i temi principali della raccolta, con una figura femminile che rappresenta un’opportunità di consolazione e di nuova speranza. La guerra è quasi sempre evocata con le metafore, come l’inizio di processi malvagi e perversi.

Il Nobel

Negli anni Sessanta, Eugenio Montale è ormai ampiamente riconosciuto sia a livello nazionale che internazionale. In questi anni, riceve numerosi riconoscimenti per le proprie opere, e nel 1975 gli viene conferito il Premio Nobel per la Letteratura, con la seguente motivazione:

Per la sua poetica distinta che, con grande sensibilità artistica, ha interpretato i valori umani sotto il simbolo di una visione della vita priva di illusioni.

Montale è stato il quinto italiano a ricevere il Nobel, dopo Giosuè Carducci, Grazia Deledda, Luigi Pirandello e Salvatore Quasimodo.

In questo video, il ritiro del premio.

 

Eugenio Montale e Italo Svevo

Se Montale non tarda ad arrivare al successo, lo stesso non si può dire di Italo Svevo. Il romanzo più conosciuto dello scrittore triestino, La coscienza di Zeno, negli anni successivi alla sua pubblicazione ha avuto molto successo all’estero e pochissimo in Italia. Il romanzo è infatti stato accolto favorevolmente in Francia, grazie anche alla segnalazione di James Joyce, e all’interesse dei critici Valéry Larbaud e Benjamin Crémieux. In Italia Montale, insieme  a Giuseppe Prezzolini, è stato invece uno dei pochi che ha recensito positivamente Svevo come scrittore.

Possiamo anzi dire che la recensione favorevole di Montale ebbe un ruolo decisivo, anche se in anticipo rispetto alle altre, nell’aprire la strada all’accoglienza del terzo romanzo di Svevo, e di conseguenza dell’opera complessiva dello scrittore triestino, da parte della cultura letteraria italiana.


 

 

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