È così difficile stare attenti?

A causa di internet, la nostra attenzione è inferiore a quella di un pesce rosso.” – Così narra una delle tante leggende popolari che girano ultimamente sul web. Senza l’arrivo di internet, probabilmente saremmo rimasti sul livello dei nostri amati pesci. Perché internet sarebbe la causa di tutto ciò? Che cosa fa internet per causare un danno alla nostra capacità di attenzione?

Secondo quanto riporta la BBC, in questo contemporaneo mondo ambiente virtuale, ossia il mondo dei social media, degli smartphone e degli hyperlinks, diventa sempre più difficile riuscire a mantenere l’attenzione su qualcosa che duri più di otto secondi.

Può essere un articolo, come il copy di un post, oppure un video: nel bel mezzo di ognuno di questi, nella maggior parte dei casi, troveremo dei link o dei rimandi ad altro che distrarranno la nostra attenzione dalla fonte principale.

È vero?

D’altronde si sa, nel passato non si era agiati come adesso, però si stava meglio: per Platone il problema era la scrittura, per alcuni studiosi di teologia la causa era la stampa, per il New York Times era il telefono, per non dimenticare la schizofrenia dilagante circa le conseguenze dell’invenzione del cinema e della televisione. “Si stava meglio quando si stava peggio”, un ritornello che noi tutti conosciamo. Internet, gli smartphone e i social media sono il nuovo topos?

Dall’età moderna, si è diffusa la credenza che la verità stia in mano alla scienza; e pare che questo modus operandi non sia cambiato: non si crede più ad Aristotele, perciò vediamo che dice la scienza, nostra attuale auctoritas. Secondo le statistiche, l’attenzione media era di dodici secondi fino all’anno 2000, dopodiché essa – e dovrebbe essere a questo livello tutt’ora – è scesa a otto secondi.

Stai ancora leggendo?

La ricerca della BBC cerca di offrirci alcuni spunti per comprendere perché la soglia dell’attenzione sia diminuita; ma perché essa fosse di dodici secondi fino al duemila non lo sappiamo. Che cosa è successo nel duemila? Sono arrivati i social media? E prima del duemila perché era di dodici secondi? È tanto oppure è poco? Comparata a che cosa? In base a che cosa si afferma che dura dodici secondi? Lo sai che il livello di attenzione di un pesce rosso è di nove secondi?

Le statistiche

Da dove arrivano le statistiche sopra citate? Arrivano dal lontano 2015, si tratta di un report pubblicato dal team Consumer Insights di Microsoft Canada. Questo team ha studiato l’attività cerebrale di 112 persone mentre svolgevano diversi e differenti compiti.

Nello specifico, questa ricerca è stata riportata da Microsoft ma non condotta dallo stesso, essa infatti risale ad un’altra fonte, la Statistic Brain:Statistic Brain is a place to discover data that will inspire you to think more deeply, take action, and increase your understanding of the world you live in”.

Il sito web sembra a prima vista affidabile, ma secondo una ricerca più attenta, condotta dalla BBC, rivela che non esistono documenti che sostengano queste statistiche. A quanto pare, la Statistic Brain menziona, come fonti delle sue statistiche, degli studi curati dal National Center for Biotechnology Information presso la US National Library e l’Associated Press. Purtroppo però, quando si chiede a questi ultimi quali e dove siano questi documenti, rispondono che non si riescono a trovare.

Allo stesso modo, la BBC si è presa la briga di parlare anche con persone che hanno dedicato le loro vite allo studio della capacità di attenzione dell’essere umano ma anche queste offrono una risposta dubbiosa, se non negativa.

Si può calcolare il tempo medio di attenzione di un essere umano tipico?

La dottoressa Gemma Briggs, una professoressa di psicologia all’Open University, afferma che la dichiarazione secondo la quale la soglia dell’attenzione sia generalmente diminuita è sbagliata “Simply because I don’t think that that’s something that psychologists or people interested in attention would try and measure and quantify in that way.

In sostanza, la Dr. Briggs non crede che coloro i quali studiano l’attenzione, la misurerebbero o quantificherebbero. Il problema – secondo le sue parole – è che uno studio del genere è privo di senso. Ed è senza senso perché sarebbe o potrebbe essere solamente uno studio relativo alla persona e al compito che questa persona svolge o deve svolgere: quanta concentrazione ci richiede questo compito? Quanta importanza diamo a questo compito? E una serie di altre numerose domande porterebbero a varie e diverse risposte. Si pensi solamente all’attenzione che uno studente dedica a una lezione in classe, si pensi all’attenzione che si presta alla guida. I casi sono innumerevoli e differenti.

Attenzione però, poiché un pensiero come quello appena riportato lascerebbe un dubbio aperto: si può misurare l’attenzione, dunque, solo se dedicata a un singolo compito? La risposta è no, anche questa idea è stata sfatata.

How we apply our attention to different tasks depends very much about what the individual brings to that situation, we’ve got a wealth of information in our heads about what normally happens in given situations, what we can expect. And those expectations and our experience directly mould what we see and how we process information in any given time.

La Dr. Briggs spiega che sono diversi i fattori che influenzano l’attenzione che ognuno di noi presta a uno specifico compito: che cosa so di questa situazione? Che cosa mi aspetto da essa? Come la mia esperienza personale influenza il mio punto di vista sulla situazione?

Non solo compiti, ma anche intrattenimento

È stato anche suggerito di pensare più in grande, di pensare all’intrattenimento e non solo all’attenzione relativa a compiti e questioni serie. Chi ci vuole intrattenere, dopotutto, deve saper catturare la nostra attenzione. E non solo catturare, ma anche mantenere la nostra attenzione. Come?

I registri pensano e realizzano i loro film con inquadrature sempre più brevi – se comparati ai film degli anni precedenti. Dimostra forse questo che i tempi di attenzione stanno diminuendo e che i registri sono degli psicologi dell’attenzione? Oppure è una prova del fatto che i registri hanno capito come intrattenere la generazione nata dall’ultimo sviluppo della cultura?

Conclusioni

Quindi non si può calcolare il tempo medio di attenzione di un essere umano tipico? In primo luogo, bisogna controllare attentamente le fonti a cui ci si affida (si veda lo studio basato su documenti inesistenti); in secondo luogo, bisogna interrogare le fonti: che cosa pensano gli esperti circa questo argomento? Abbiamo visto, come secondo lo studio della professoressa di psicologia, Dr Briggs, la misurazione vada contestualizzata e relativizzata, e forse una simile ricerca risulti addirittura essere priva di senso.

Ma torniamo all’origine: se è vero che da dodici secondi, la nostra capacità di attenzione è scesa a otto, è altrettanto vero che la causa è internet e tutto ciò ed esso correlato? Che stiamo vivendo un’era ricca di bombardamenti di stimoli è palese: si tratta di costanti input di relazioni diverse, visivi o no che siano. Siamo iperconnessi, soprattutto tramite le nuove piattaforme social; ed è proprio qui dove troviamo i pensieri delle altre persone, è qui dove troviamo informazioni, video, opinioni e tanto altro.

Ma come? Quest’enorme mole di informazioni viene trasmessa attraverso una tecnica di taglio continuo: se lavori come Social Media Content Creator, la prima regola è “short it“, cioè abbrevia il testo più che puoi; i testi lunghi non li legge nessuno. Che ne è della nostra capacità di attenzione? Il mondo va veloce, ma lo abbiamo il tempo e la voglia, o la capacità di soffermarci su un particolare?

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