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Il risvolto che non ti aspettavi: e se le fake news fossero un potentissimo generatore di fiducia tra persone?

Riguardo alle fake news, nel corso degli ultimi anni, abbiamo sentito dire tutto e il contrario di tutto. Le abbiamo conosciute descritte come un male incurabile, come una piaga sociale, come un atto manipolatorio e come uno dei più grandi problemi della comunicazione del nuovo millennio. Partiamo, però, dal principio. Siamo sicuri di sapere che cosa sono le fake news? Con questo anglicismo designiamo “un’informazione in parte o del tutto non corrispondente al vero, divulgata intenzionalmente o inintenzionalmente attraverso il web, i media o le tecnologie digitali di comunicazione, e caratterizzata da un’apparente plausibilità […]”. La nozione di base, messa nero su bianco, è questa. Durante gli ultimi due anni le nostre vite sono state sconvolte dalla pandemia e, in buona misura, a rendere ancora più complesso un momento già particolarmente teso di per sé, sono intervenute proprio le fake news, in numero così massiccio da aver invaso il web.

Tra individualità e collettività

Possiamo dare a questo genere di notizie un’accezione molto negativa: sono pensate e create, infatti, per generare scompiglio, alimentando le polemiche e le proteste intorno a determinati temi molto sentiti a livello sociale. Descritte in questi fake newstermini, sembra che il fenomeno di cui sono protagoniste sia insormontabile e indomabile, un rompicapo che non è possibile risolvere in nessun modo. Ci siamo chiesti come mai finora abbiamo avuto solo questa impressione?

La risposta è semplice: perché viviamo in una società che ha puntato più sull’individualismo che sulla collettività. Quindi, nel momento in cui ci imbattiamo in una notizia che ci mette in allarme, la prima cosa che facciamo è cercare di capire, in totale autonomia, se quanto letto è autentico o meno. Questo comportamento, utilissimo nello smascheramento di moltissime fake news e, soprattutto, fondamentale per non cadere nella loro trappola, ha cominciato a mutare pian piano proprio durante la pandemia che stiamo vivendo da due anni a questa parte.

Poi ci siamo ricordati del confronto…

In un momento che è stato così incerto, improvvisamente, le persone hanno cominciato a ricordarsi che, oltre allo schermo del proprio smartphone e del proprio computer, esiste un mondo fatto di individui pensanti. Così, tutti abbiamo intrapreso un’azione banalissima e naturalissima: confrontarsi. Certo, nel periodo del lockdown, il confronto non poteva essere quello classico, faccia a faccia, magari nel nostro bar di fiducia a bere il cocktail che più ci piace, con il nostro gruppo di amici. È stato un confronto completamente virtuale, portato avanti a colpi di baloon, di messaggi vocali della durata minima di due minuti e, soprattutto, di “Raga, ho letto questa cosa, voi ne avete sentito parlare?”.

In parole povere, tutte le logiche che avremmo utilizzato per confrontarci nell’offline (di persona), le abbiamo trasferite nell’online, nel virtuale, sulle applicazioni di messaggistica istantanea, tipo Whatsapp, come su quelle un po’ più “sociali”, ad esempio Skype o FaceTime. Ma perché, allora, ci troviamo a parlare di fake news come potentissimi generatori di fiducia?

La fiducia può salvare da tante cose

Perché la pandemia ha capovolto moltissime prospettive e altrettanti punti di vista, tra cui anche questo. L’incertezza ci ha spinti a ricordarci di alcune peculiarità fondamentali, che ci rendono gli animali sociali che siamo: lo scambio di opinioni, il cercare di fare gruppo, di non isolarsi, sono tra queste. Come abbiamo avuto modo di divertirci moltissimo inaugurando una serie di aperitivi virtuali una volta terminato con il lavoro, il fenomeno delle fake news ci ha messo nella condizione di relazionarci nei confronti dei nostri amici, dei nostri docenti, dei nostri famigliari anche da questo punto di vista, in un modo che magari prima non avremmo nemmeno considerato.

La fiducia è un concetto molto bello in generale ma, nell’ultimo periodo, ha assunto un significato decisamente importante. Il non riuscire a orientarci nel marasma informativo da cui abbiamo improvvisamente cominciato a essere colpiti, ci ha portati a cercare dei “parafulmini”, cioè delle persone che stimiamo e di cui ci fidiamo per molteplici motivi, con cui scambiare delle opinioni, confrontarci, fare delle interpretazioni rispetto a moltissimi temi.

Un altro rivolto che non ci aspettavamsocialitào: la pandemia ha avuto dei lati positivi

È difficile riuscire a pensare alla pandemia come a un qualcosa che ha avuto anche dei risvolti positivi. Eppure, da questo punto di vista, è andata proprio così. In certi frangenti siamo stati per gli altri i leader di opinione che hanno aiutato, magari, a riconoscere come falsa la notizia in cui si erano imbattuti; in altri momenti siamo stati noi ad avere bisogno di un aiuto perché confusi, perché spaventati o, semplicemente, perché sentivamo la necessità di appoggiarci a qualcuno. Parlare delle fake news come di un potentissimo generatore di fiducia, quindi, non deve sembrarci così strano come potrebbe apparire in un primo momento: del resto, da grandi incertezze derivano grandi motivi di aggregazione e noi, proprio nel momento più difficile, ci siamo ricordati di essere una collettività o, ancora meglio, una comunità.

#osservacomeunMillennials

Potremmo provare ad utilizzare “fiducia” come parola chiave per guardare con meno timore al futuro che stiamo costruendo: portare maggiore fiducia nel mondo della comunicazione, maggiore fiducia nelle nostre capacità di riuscire a difenderci dalle sfide che a volte il web ci pone e, infine, maggiore fiducia nei rapporti con gli altri, anche con quegli altri con cui magari non ci saremmo mai immaginati di avere a che fare. Questo è il risvolto che non ci aspettavamo: è come se avessimo trovato l’easter egg che tutto il frastuono delle fake news ha cercato di nascondere e che, invece, alla fine era proprio davanti e dentro ai nostri occhi.

Quanto abbiamo detto fin qui vuole essere un modo per spronarci e riuscire a uscire dalla nostra zona di comfort:  impariamo a guardare quello che ci accade da più angolazioni possibili perché, alla fine, potremmo davvero rimanere sorpresi di quello che riusciremo a vedere mettendoci a testa in giù, o magari inclinando leggermente la testa da un lato. I mesi appena trascorsi non sono stati affatto semplici, anzi: molti dei riti a cui siamo abituati, che prima della pandemia mettevamo in pratica senza nemmeno accorgercene, hanno finito per essere messi da parte in favore, invece, di una dimensione molto più individuale. La socialità è, però, il tratto che più ci caratterizza nella nostra umanità. Insomma, volendo tirare le somme: non c’è dubbio così grande da non poter essere risolto con un normalissimo, preziosissimo e mai scontato confronto con qualcuno, chiunque esso sia!

Fonti

Treccani

 

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