Emporio Armani

Emporio Armani. De-costruire quarant’anni di comunicazione

Tenendo il telefono in una mano e una penna nell’altra, disegnai un’aquila, che mi sembrava simboleggiare l’irraggiungibile. Quel logo è stato abbracciato dalla generazione più giovane. Il desiderio di appartenenza è un sentimento potente e i miei jeans con l’aquila divennero presto un simbolo, come i bomber. Indossarli significava far parte di un gruppo, essere fedeli agli altri e a se stessi

– Giorgio Armani

Ci sono diversi modi per raccontare la contemporaneità. C’è chi lo fa attraverso un obiettivo e chi preferisce una tela bianca da accarezzare con tempere e pennelli. Chi scrive poesie e predilige la retorica delle parole. Chi canta la ribellione a squarciagola, o chi lo fa con un filo di voce. 

C’è poi chi preferisce andare controcorrente e innalzare un contro-canto, per far sentire la propria voce e dare spazio a chi non ne ha. Come attraverso l’abbigliamento, l’abito, quella seconda pelle che da tanti è definita come un’estensione della propria personale concezione di sé. Una forma di racconto particolarmente affascinante e sofisticata, se si pensa alla moda come all’emersione di un duplice istinto psicologico inconciliabile ma complementare, come nell’analisi delineata dal sociologo Georg Simmel: quello all’individualità e all’omologazione.

Giorgio Armani: raccontare attraverso la moda

 

Esemplare di quest’espressione, documentaristica e artistica allo stesso tempo, è la prospettiva di Giorgio Armani, che dagli anni settanta attinge e rivisita il codice vestimentario per rappresentare e vestire una Milano in fermento generazionale. Dove le figure cambiano e si fanno ibride, a partire da una donna che aspira all’uguaglianza e ai vertici della sua carriera, fino ai giovani che non si riconoscono più negli stereotipi della classe dirigente e dei genitori. Nasce anche una nuova figura maschile, che per la prima volta lascia da parte la virilità per curare lo stile e l’eleganza. 

La storia d’amore di Giorgio Armani con la moda e Milano inizia quasi per caso, dalle vetrine della Rinascente, l’iconico department store, in cui lavora come vetrinista. È da questo punto d’osservazione che s’accende la volontà di rappresentazione che ha sempre contraddistinto Armani, supportato dall’amico e compagno di vita Sergio Galeotti. E cosi Milano inizia a cambiare e a farsi più vera, specchio di quel che accade e delle persone che la vivono davvero. Giacche destrutturate e leggere, pantaloni e tailleur fluidi sul corpo, sia al maschile che al femminile. Per la prima volta si concepisce una moda fluida, unisex e in corso d’opera, sempre pronta a ridefinire i suoi confini per vestire lo spirito del tempo. 

Emporio Armani

Emporio Armani, la “seconda linea” introdotta nel 1981, è il passo successivo di un designer le cui creazioni cercano di dar voce ad una categoria, quella fetta giovanile lasciata fino a quel momento nella penombra del fashion system. La nuova generazione, i giovani, le periferie, le subculture ignorate dalla fascia alta della moda e dall’abbigliamento più classico e tradizionale. E quindi un nuovo logo, disegnato d’impulso con il telefono in mano, per simboleggiare la ricerca di una nuova indipendenza e l’aspirazione a vette sempre più alte e libere da stereotipi. Un’aquila che diventa il porto sicuro per chi fino a quel momento s’era (ri)trovato senza identità, un elemento di affermazione in cui la cultura giovanile avrebbe potuto ritrovarsi.

Emporio Armani è innovazione che valica i confini della moda, un progetto anticipatore dei tempi e dei meccanismi di comunicazione odierni. Angelo Flaccavento lo ha definito un “brand-contenitore”, un posto a cui rivolgersi per disegnare la propria identità e aderire ad uno stile di vita con un’estetica ben definita, i cui ingredienti principali sono libertà, personalità e giovinezza. 

Il tutto si riassume nel concetto di “emporio”, che per definizione indica un luogo dove chiunque può attingere e trovare qualsiasi cosa. Dal jeans allo sportswear, fino alla proposta più formale, il fil rouge si concretizza in un modo di vivere il mondo all’insegna dell’inclusività. Si avvicina alla gente comune e rende accessibili i sogni, apre le porte della sua cultura alle attitudini metropolitane, ed è pronto ad accogliere chiunque in sintonia voglia avvicinarsi.

Emporio Armani è prima di ogni cosa un luogo di ricerca e sperimentazione, la tela bianca sulla quale il genio di Giorgio si unisce con creatività alla sua lungimiranza. 

La comunicazione alla base di un brand

Innovatore di comunicazione, Emporio Armani si è da subito identificato con Milano, appoggiandosi spesso alla metropoli nella creazione sinergica dei suoi messaggi. Dai murales che trionfano su via Broletto dal 1984, al magazine curato da Rosanna Armani; dagli hotel a Dubai al suo spazio espositivo d’arte personale, il Silos: Armani ha intuito fin da subito il potere dei “contenuti” per plasmare il lifestyle che da sempre contraddistingue il marchio a livello internazionale. E così, quello che nel mondo del marketing può essere definito una semplice estensione, Emporio Armani si configura come un organismo in cui ogni tassello vive sinergicamente costruendo l’animo del brand.

Non moda, ma uno stile dove l’artigianalità del made in Italy elabora un’eleganza pacata, mai rumorosa, che lega tutto ciò che origina dalla mente di re Giorgio e del tuo team.

Oggi che si celebrano i quarant’anni di questa seconda linea non c’è nostalgia di un passato perduto, quello racchiuso negli scatti di Peter Lindbergh e Aldo Fallai, quanto una volontà di ripercorrere le proprie radici per riflettere sull’avvenire di Emporio Armani. 

Un emporio di ricerca e sperimentazione

Un luogo di sperimentazione dedicato alla contemporaneità, il solito emporio in cui nascono e crescono i valori che attestano la società nel suo divenire, dall’empowerment all’attenzione per l’ambiente. Oggi come allora, Emporio attinge dal sentire contemporaneo, mantiene il suo DNA in simbiosi con quello della gioventù.

Ascolta, osserva, interpreta e propone; lascia che l’aquila sia testimone di un modo di vivere fuggente e mutevole, di uno stile che per quanto possa essere influenzato dal tempo, resta sempre atemporale. Ecco che il brand vive di ricerca e osservazione, si nutre della contemporaneità per poi restituirla attraverso abiti, accessori, idee, oggetti e luoghi di design. Un emporio in cui si trova di tutto, e dove ciò che permane è un’eleganza senza tempo.

I quarant’anni di Emporio Armani

“The way we are”, la mostra curata personalmente dallo stilista al Silos, è quindi la naturale prosecuzione di una storia iniziata quarant’anni fa, quella dei ragazzi dell’emporio Armani. Moda, musica, cinema e arte si intervallano in immagini, abiti e filmati, restituendo un decennio dopo l’altro quella filosofia che fonda l’ossatura del brand.

Murales e gigantografie che si innestano nel tessuto urbano e nella sua quotidianità. Un numero speciale del magazine che dal 1988 è manifesto della visione di Armani, e di quell’attitude rivolta al futuro.

Le modalità di comunicazione sono le stesse di allora, una giostra di contenuti per dar voce a quella community che da quattro decadi vive e si ritrova attraverso il brand. Un percorso, un viaggio, una storia in cui il destinatario è allo stesso tempo fruitore e protagonista. D’altronde Emporio Armani nasce come luogo di aggregazione, e come viene descritto sul sito ufficiale del brand, “un contenitore (…) dove chiunque può trovare strumenti di espressione personale.”

 


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