Esce oggi “L’Altra Faccia Della Luna”: il crudo ritorno dei Carver

Narrare ciò che ci circonda senza veli ne filtri e aggiungendo particolari scomodi alla pubblica immagine della società è molto difficile, ma i Carver vivono e si nutrono di questo.

Il duo milanese è composto da Matteo Cantaluppi, in arte “il Sig. Lupo (Il Selezionatore)”, colui che con le sue esperienze berlinesi rende le produzioni ancora più macabre, suoni ambient urbani campionati nella stessa Berlino, dalle sale della Funkhaus ai bunker sotterranei dell’Ufo Sound Studio; e Matteo M. Colombo, in arte “il Sig. Colombo (Il Maestro di Cerimonie)”, la voce narrante del gruppo, colui che insieme alle strumentali riesce a sferrare pugni che arrivano dritti nella bocca dello stomaco con il suo spoken word, lasciando l’ascoltatore senza fiato.

Gli anni 70, il periodo caratterizzato dai pantaloni a zampa d’elefante, dai Bee Gees, dalle paillettes sulla giacca. Niente di tutto questo importa ai Carver. Tutta questa glassa che ricopre un fondo amaro viene immediatamente gettata via, rivelando la vera Milano, la città fredda e senza scrupoli dal tono noir, in cui gli omicidi e i rapimenti passano inosservati tra l’omertà e il riserbo della gente. Il passato si mischia alle sfumature dei neon della Milano moderna, la metropoli piena di polvere e illusioni, con una visione alla Orwell in cui l’umanità è inghiottita dal consumismo. Vediamo meglio di cosa parla il progetto dei Carver, l’Altra Faccia Della Luna, uscito oggi 19 novembre per Costello’s.

Il mondo visto con gli occhi dei Carver

 

Il progetto si apre con “E venne il giorno“, introduzione più che azzeccata che immerge l’ascoltatore in media res direttamente nella attimo in cui il nostro protagonista fugge da un probabile crimine appena commesso, fino a confondersi nella nebbia padana, in cui le sue paura prendono forma e il suo respiro si fa sempre più affannato. Trovandosi in un vicolo con due persone, vorrebbe dire di più, ma secondo il Sig. Colombo: «Questi sono segreti che devono rimanere nascosti, come l’altra faccia della Luna». Qui sottolinea subito l’ala di mistero da cui spesso siamo avvolti, dove meno si conosce, meglio è.

 

Il dinamismo dell’ambient berlinese del Sig. Lupo si apre sempre di più a partire dalla seconda traccia, Brianza, dove anche la voce narrante entra nei dettagli di una scena del delitto a stampo mafioso. Qui un uomo viene pestato da altri sette uomini in cerchio, e infine, avvolto in un tappeto e caricato nel bagagliaio di un’auto. Conclude citando il pensiero comune del giorno dopo: «Certe cose, da queste parti, un tempo non si sentivano». Il protagonista rispecchia a pieno quello che Verga avrebbe definito come “narratore impersonale“, ovvero colui che racconta i fatti senza un minimo interesse di quello che sta accadendo.

Nell’immaginario dei Carver, la gente comune è talmente sottomessa e schiava della società da essere invidiabile. Come citato in “A testa alta“, la forza di chi conduce una vita normale è essere poco incline agli eccessi, rendendo così la loro esistenza una probabile routine “fordiana”, ma almeno escludendo i pericoli che li circondano.

Il cinismo secco e tagliente è sempre presente nell’album, ma in particolar modo lo troviamo in “Ciao Vito Pt2“. Il Sig. Colombo racconta al suo amico Vito, presumibilmente defunto, il mutamento del mondo odierno, caratterizzato da centri commerciali, insegne al neon e suicidi borghesi. Successivamente si reca al McDonald’s con il suo amico del Kosovo, che scruta e squadra in modo minaccioso una coppia di omosessuali, dicendo al protagonista che nel suo Paese “alla gente come loro fanno il trattamento completo”. Il fattore che incuriosisce non è tanto sapere quali barbarie hanno commesso “alla gente come loro”, ma l’immobilità del protagonista di fronte al racconto di queste vicende. Il discorso va al di là dell’omofobia e del razzismo tanto è ormai stanco e saturo di assorbire il male e il vuoto di questo mondo, indipendentemente da chi lo subisce.

Un piccolo spiraglio di luce

Questa sorta di impassibilità di fronte a tutto non degenera mai, ed è tenuta in vita dai piccoli momenti di luce che troviamo nel disco. Ne è l’esempio il quinto brano, New South Wales. Qui troviamo una sorta di epifania alla Joyce, in cui tutto per un attimo sembra essere tranquillo e pacato, ovviamente con l’ausilio della compagnia malavitosa. Con il suo spoken word, il Sig. Colombo si sente libero e felice nel giardino della sua casa di campagna, in compagnia della bella moglie che prepara la tavola e tutto l’occorrente per un pranzo con i fiocchi. Come detto da lui stesso: «sembra quasi di non essere in periferia di Milano», pur avendo come ospiti degli australiani che raccontano atrocità commesse in passato, la giornata sembra passare serena, senza ombre con cui combattere o belve da cui tenersi alla larga.

Gli stessi momenti di quiete vengono affrontati in Martesana Pt.1 Martesana Pt.2, dove Colombo si trova in compagnia della sua amante e osservando la città con lo stesso occhio cinico si riscontra una dolcezza quasi invisibile nel descrivere l’ambiente circostante. L’unica cosa che vorremmo tutti una volta esausti sarebbe sparire, ed è proprio quello a cui ambisce il protagonista, sparire per sempre dalla faccia della terra ed immaginare un ipotetico incontro con la sua amante, mentre comprano le sigarette, ognuno con una nuova vita.

I Carver chiudono il progetto con La Fine Di Tutto, dove tutto crolla e si dissolve, rientrando nella nauseante realtà di tutti i giorni, quella dove l’attenzione e la sensibilità tanto millantate dalla società vengono subito messe all’angolo semplicemente guardando i volti delle persone, vuoti e senza nessun interesse nel cercare un contatto umano.

L’antidoto per la falsità

Si potrebbero definire i Carver come un antidoto per la falsità e un bel dito medio al politically correct, sebbene dai primi secondi sia chiaro che non è per niente un ascolto facile né tantomeno consigliato per svagarsi in serata. Tuttavia è impossibile non notare la ripetitività del disco, sicuramente voluta per dare la sensazione di routine che tutti vorremmo evitare, ma che all’ascolto può risultare pesante; ogni tanto ci si potrebbe aspettare un crescendo, o almeno una sorta di variazione dell’opera, ma tutto ciò non avviene.

Oltre a questi accorgimenti, questo duo è vivamente consigliato, soprattutto per chi è stufo della solita minestra riscaldata e ricerca un ambiente crudo e distante in cui comunque riesca a ritrovarsi. Per gli ascoltatori, non preoccupatevi se tutto viene inghiottito, perché «Noi torneremo con le luci della sera».

Credits

Materiale gentilmente fornito da Costello’s

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