Mario Sironi: sintesi e grandiosità del pittore al Museo del Novecento

Fino al 27 marzo 2022 il Museo del Novecento ospita Mario Sironi. Sintesi e grandiosità, l’importante mostra monografica dedicata all’attività artistica di uno dei protagonisti dell’arte figurativa italiana del primo ‘900. 

A occuparsi dell’esposizione figurano i nomi di Elena Pontiggia, storica dell’arte e autrice della prima biografia organica su Mario Sironi e di Anna Maria Montaldo, attuale direttrice del Museo del Novecento. Il percorso, secondo una scelta cronologicamente coerente, traccia l’itinerario biografico e artistico del pittore italiano, con una selezione di 110 opere. Queste comprendono oli su tele, composizioni a collage, manifesti pubblicitari, alcuni disegni e perfino gli imponenti cartoni con alcuni studi per cicli di pitture murali degli anni ’30 del secolo scorso. 

Il percorso espositivo 

Il percorso espositivo intende ripercorrere i decenni decisivi dell’attività artistica di Mario Sironi, rilevando tutta la complessità e la contraddittorietà del mondo figurativo di un pittore peculiare. Sironi, infatti, dalla prima all’ultima opera, non ha mai smesso di sperimentare stili e orientamenti artistici differenti, seppur affini e coerenti. A partire dal periodo divisionista e simbolista giovanile, in cui avverte l’influenza di Giovanni Segantini e dove dominano composizioni paesaggistiche, autoritratti e ritratti dei famigliari.

Mario Sironi, ritratto di Margherita Sarfatti

Si passa poi alla grande stagione del futurismo, sotto l’influsso degli amici Umberto Boccioni, Gino Severini e Giacomo Balla. Questa incorpora qualche esperimento cubista, per poi approdare alla metafisica su eredità di Giorgio De Chirico. Arriva poi l’adesione, negli anni ’20, al movimento Novecento, promosso dalla celebre critica Margherita Sarfatti, tra le prime sostenitrici della produzione di Sironi (anzi, forse proprio la prima), fino a chiudere con le catastrofiche e astratte visioni apocalittiche delle ultime opere. 

La quantità e varietà delle opere esposte valorizza dunque una panoramica ricca e completa dell’evoluzione artistica di Mario Sironi. Sembra davvero di poter ripercorrere, attraverso le opere di un unico tormentato pittore, le tappe cruciali dell’itinerario della pittura italiana del primo ‘900.

Il periodo giovanile e l’adesione al futurismo

Seguendo quindi un’impostazione cronologica, l’esposizione si apre con una selezione di opere della gioventù del pittore, nato a Sassari nel 1885. La sua adolescenza la vive però a Roma, dove si trasferisce nel 1898, e dove il padre, di lì a poco, muore. Proprio a Roma Sironi si iscrive alla facoltà di ingegneria, abbandonando ben presto gli studi a causa della comparsa di una serie di gravi crisi nevrotico-depressive che lo avrebbero poi accompagnato per tutta la vita. 

Mario Sironi, ritratto del fratello

L’artista sceglie dunque la Scuola Libera del Nudo di Roma (una delle principali e storiche accademie d’arte della capitale). Qui ha realmente  la possibilità di affinare e perfezionare le sue competenze figurative. Ecco quindi che tra le prime opere giovanili spiccano diversi autoritratti, realizzati con varie tecniche, ma anche prime composizioni nelle quali, sia dal punto di vista iconografico (come ne Il pascolo, del 1903), sia dal punto di vista stilistico, emergono evidenti riferimenti alla pittura tardo-impressionista e soprattutto al linguaggio pittorico di Segantini.

Questi primi tentavi pittorici di Mario Sironi non costituiscono certo il periodo più originale della sua pittura. Tuttavia rivestono una certa importanza per capire il punto di partenza dell’itinerario artistico del pittore e osservare poi come questo si sviluppa quasi radicalmente negli anni successivi. Soprattutto a partire dal trasferimento a Milano nel 1915, all’indomani del quale il pittore dà inizio a un repertorio di composizioni figurative tra le più caratteristiche e inconfondibili del suo lavoro, ossia i celebri paesaggi urbani.

Mario Sironi, tre composizioni futuriste-astrattiste, 1915

La fase futurista

Prima però di addentrarsi tra le rappresentazioni urbane, che non avrebbero mai abbandonato la sua pittura, Sironi si affaccia all’inevitabile fase futurista. Grazie agli influssi della pittura di Umberto Boccioni e Giacomo Balla, conosciuti a Roma già agli inizi del ‘900, il pittore abbraccia la corrente d’avanguardia in maniera significativa.

Nel 1916, anno della morte dell’amico Boccioni (deceduto in guerra), il pittore aderisce ufficialmente al movimento del futurismo italiano; ma risalgono alla prima metà degli anni ’10 del ‘900 alcune interessanti composizioni futuriste, tra le quali, una delle primissime è la serie di composizioni futuriste-astrattiste realizzata a tempera su cartoncino. In queste si nota una certa versatilità da parte di Sironi, che lo spinge a sperimentare nuovi linguaggi figurativi, senza il timore di abbandonare quelli precedenti. Appare inoltre piuttosto evidente come l’artista sembri quasi essere alla ricerca di una sintassi stilistica che si addica ai tempi correnti. 

Mario Sironi, il ciclista, 1915

Spiragli di cubismo nella poetica futurista

Le composizioni futuriste, tra le più significative della produzione pittorica italiana di primo ‘900, sono in prevalenza dominate dalla rappresentazione di soggetti tratti dall’osservazione della realtà quotidiana. Questi vengono però riprodotti sulla superficie mediante quella disarticolazione formale tipica del linguaggio futurista e attenta agli aspetti della nuova modernità, come il movimento, la dinamicità, la velocità. In tal senso, paradigmatiche nella produzione sironiana e visibili in mostra, sono opere come il Ciclista, il Viandante, la Ballerina.

In questi lavori, peraltro, Sironi mostra di voler pienamente aderire alla rivoluzione delle avanguardie storiche, unendo allo stile futurista l’impiego delle nuove tecniche di montaggio Dada, come il collage. O addirittura sperimentando composizioni che riprendono lo stile del cosiddetto “cubismo analitico” di Georges Braque, come ad esempio nell’Autoritratto futurista del 1913.

Mario Sironi, Autoritratto cubista, 1913

I paesaggi urbani: solitudine e grandiosità della metropoli

Nel corso delle successive sale, l’esposizione permette di osservare accuratamente quanto e come l’evoluzione della pittura di Sironi sia dipesa in larga misura, se non quasi totalmente, dalla sua permanenza nella città di Milano. Non solo la culla del Futurismo italiano, ma anche una delle città più urbanizzate e industrializzate d’Italia, nonché il luogo in cui era attiva la grande critica e storica dell’arte Margherita Sarfatti.

Proprio a cavallo tra la seconda metà degli anni ’10 e l’inizio degli anni ’20 si colloca l’inizio di quella che, a ragion veduta, può essere considerata la fase più originale della produzione artistica di Sironi, caratterizzata dai celebri paesaggi urbani. 

Lo stimolo alla rappresentazione pittorica della dimensione urbana, come era stato anche per i futuristi, sopraggiunge in Sironi proprio grazie alla sua permanenza a Milano. Il nuovo paesaggio pesantemente industrializzato della città lombarda diviene infatti ben presto il soggetto cardine della poetica del pittore. Con grande lungimiranza artistica recepisce gli stimoli offertigli dall’atmosfera alienante, ma al tempo stesso grandiosa e frenetica, della vita nella metropoli e della nuova società di massa, divenendone uno dei più originali interpreti artistici. 

Mario Sironi, paesaggio urbano con tram giallo e gru

I paesaggi urbani tra poetica futurista…

Ecco che allora, nella seconda metà degli anni ’10, appaiono le prime straordinarie composizioni a tema urbano. Tuttavia, anche in questo filone della produzione sironiana si riscontra una certa versatilità e malleabilità stilistica del pittore. L’aspetto molto interessante è come Sironi interpreta in pittura la condizione urbana, oscillando tra l’ultima fase della poetica futurista e l’incontro con la pittura metafisica di Giorgio De Chirico.

I primi paesaggi urbani, infatti, risentono ancora della prima fase stilistica e di quella futurista, attraverso le quali Sironi sembra essere interessato principalmente ad indagare in pittura i temi della frenesia, delle velocità e della modernità della vita nella metropoli. Non infonde ancora ai suoi scenari urbani quell’essenzialità grandiosa e al tempo stesso alienante che si riscontra invece nei capolavori dei primi anni ’20.

Mario Sironi, La venere dei porti, 1919

…e la metafisica di De Chirico

Dopo la fine del primo conflitto mondiale e l’incontro con la metafisica di Giorgio De Chirico, si nota  quindi un netto cambiamento nel registro stilistico della pittura urbana di Sironi. Sono questi gli anni di capolavori come La Venere dei porti, Il molo, Paesaggio urbano con ferroviere, La cattedrale, Paesaggio urbano con camion, nei quali l’impronta artistica di Sironi diventa inconfondibile.

Unendo l’interesse per l’osservazione della città urbana a una poetica che risente della pittura di De Chirico, ora Sironi non è più interessato all’indagine del dinamismo urbano, quanto piuttosto a una più intima rappresentazione di vedute. Qui la grandiosità degli edifici si fonde con un senso di alienazione, anonimia, severità della condizione moderna, trasfigurata in pittura all’interno di scenari che acquistano un senso di immutabilità e di eternità. Complice è anche la presenza costante di un orizzonte azzurrino sullo sfondo, che infonde una connotazione crepuscolare al paesaggio urbano rappresentato. 

Mario Sironi, Paesaggio urbano con ferroviere, 1923

Gli anni ’20 e ‘30 e l’adesione al movimento Novecento

Per Mario Sironi, gli anni ’20 del Novecento corrispondono anche al momento della fondazione e adesione a Novecento, il movimento artistico peculiarmente italiano fondato a Milano nel 1922 da Margherita Sarfatti. Sironi compare tra i primi ad aderirvi, accanto ad Achille Funi, Pietro Marussi e Ubaldo Oppi.

In sintesi, il movimento artistico (sostenuto dalla Galleria Pesaro di Milano) si pone come fine il superamento degli sconvolgimenti artistici determinati dalla rivoluzione delle avanguardie storiche a favore invece di un “ritorno all’ordine”. Per tale scopo i rappresentanti del movimento Novecento si mettono al recupero della tradizione figurativa italiana, a partire da Piero della Francesca, rimanendo comunque, e anzi proprio per questo, di una modernità straordinaria.

Sironi è uno dei principali interpreti del movimento promosso dalla Sarfatti, tanto da produrre lui stesso il manifesto per una mostra del 1926 tenutasi a Milano presso il Palazzo della Permanente. Ed è proprio alla luce dell’adesione al movimento Novecento che si comprendono meglio gli straordinari dipinti degli anni ’20. Questi sono caratterizzati da composizioni nelle quali soggetti iconografici tradizionali, come la Sacra famiglia o la Venere, vengono ripresi secondo nuovi codici figurativi intrisi di primitivismo e severità.

L’adesione al Fascismo, i cicli murali e il Manifesto della pittura murale (1933)

Gli anni ’20 e ’30 del ‘900 sono però anche gli anni in cui Mario Sironi, lasciatosi affascinare dai nuovi ideali, aderisce con convinzione al Fascismo e anzi ne diventa uno degli artisti di punta. Occorre in tal caso sospendere per un momento il giudizio critico sulle scelte politiche del pittore, che del resto devono essere contestualizzate adeguatamente. Piuttosto è utile analizzare criticamente in che modo la convinta e sofferta adesione agli ideali fascisti influisce sulla sua pittura.

Studio preparatorio per la Giustizia tra la Legge e la Forza

Proprio alla mostra infatti sono esposti – nell’ala accanto al Bookshop – gli studi preparatori di alcuni cicli murali realizzati alla metà degli anni ’30. Tra questi emerge lo straordinario mosaico con l’allegoria della Giustizia tra la Legge e la Forza, situato a Palazzo della Giustizia di Milano e il cui cartone preparatorio si trova esposto proprio in mostra. Nell’aspetto severo, programmaticamente rigoroso e arcaicizzante delle figure rappresentate, si scorge tutta l’ideologia figurativa fascista. In questo senso, Sironi ne diede anche un enorme contributo ideologico attraverso il Manifesto della pittura murale (1933), firmato, tra gli altri, anche da artisti del calibro di Massimo Campigli, Carlo Carrà e Achille Funi. 

Mario Sironi, “pennello del fascismo”?

L’adesione all’ideologia fascista – e di conseguenza anche alle sue esigenze comunicative – da parte di Sironi è attestata del resto anche dai numerosi manifesti e volantini propagandistici firmati dal pittore. Tra i più curiosi che si possono osservare in mostra ve n’è uno a penna su carta dal titolo Le locuste d’Italia (politicantismo gesuitico, rivoluzionarismo elettorale, disertori).

Le locuste d’Italia

Proprio questa profonda compromissione con la dittatura, al punto da essere addirittura considerato il “pennello del fascismo”, relega Sironi, nell’immediato dopoguerra, a un parziale oblio. Solo in seguito il pittore venne giustamente rivalutato nella sua compagnie artistica. Tuttavia, la sua collusione con il fascismo e dunque l’immagine politica altamente scomoda, spiega perché la maggior parte dei suoi dipinti proviene da collezioni private.

Quando poi il 25 aprile del 1945 giunse la resa dei conti con la fucilazione e le esecuzioni degli aderenti al fascismo catturarti dai partigiani, Mario Sironi riuscì a salvarsi solo per il rotto della cuffia. Grazie alla sua amicizia con lo scrittore Gianni Rodari riuscì all’ultimo a scampare alla sua fucilazione. Negli ultimi giorni di aprile infatti, a Milano, Sironi venne fermato a un posto di blocco da una brigata partigiana e sarebbe stato ucciso se Rodari, suo amico che faceva parte della brigata e l’aveva riconosciuto, non gli avesse firmato un lasciapassare. 

Gli ultimi anni del secondo dopoguerra

Arriviamo dunque agli ultimi lustri di vita di Sironi, caratterizzati da anni di profonda sofferenza. Crollano gli utopistici e pericolosi ideali fascisti, terminano le tragedie della seconda guerra mondiale e sopraggiunge un terribile evento personale. La figlia del pittore, Rossana, muore suicida a 18 anni nel 1948. Inizia quindi per il pittore l’ultima e la più buia fase della sua vita. 

Mario Sironi. composizione, 1957, fondazione Cariplo

Tutta la drammaticità e la tragica sofferenza interiore si riscontrano anche nella sua ultima produzione pittorica. Forse è quella meno brillante ma, in modo molto interessante, si nota come il linguaggio pittorico sironiano si sfaldi sempre di più. La severa monumentalità e rigorosità della pittura degli anni ’30 cede quindi il passo a lavori caratterizzati da un sempre più marcato espressionismo, in cui le figure si liquefano in composizioni confuse, caotiche ed evanescenti. 

Altrettanto singolare è che in questa fase, come si può ben osservare nell’ultima sala espositiva del Museo del Novecento, i dipinti di Sironi si concentrano su soggetti pittorici catastrofici e tragici. Per esempio, le ultime opere riportano come costanti protagoniste scene singolarmente tratte dall’Apocalisse, come nell’ultimo dipinto del 1960.

Durata e orari della mostra 

La mostra Mario Sironi. Sintesi e grandiosità è visitabile fino al 27 Marzo 2022 al piano terra del Museo del Novecento (sezione principale). Prosegue con alcune opere esposte al 4° piano e in alcune sale a lui dedicate nella Casa Museo Boschi Di Stefano, tutte comunque incluse nel medesimo biglietto.

Le sale del Museo del Novecento (dove si trova la maggior parte delle opere in mostra) sono accessibili da martedì a domenica (lunedì chiuso) dalle 10:00 alle 19:30.


FONTI

Visita autoptica del redattore

Museo Del Novecento

CREDITS

Tutte le immagini nell’articolo sono state scattate in situ dall’autore

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