Più “umano” nelle risorse umane

Lavoro a distanza, home office, riunioni digitali e virtuali: questi sono solo alcuni esempi di come la pandemia ha stravolto il mondo del lavoro. Quali sono le conseguenze e che cosa è necessario fare adesso per relazionarsi con questo nuovo mondo-ambiente? Se l’ambiente intorno a noi è cambiato – dal faccia a faccia al virtuale – anche noi, come parte di esso, siamo inevitabilmente cambiati. Ciò significa che il nostro approccio al lavoro e alle persone è mutato, è diverso da come era nella situazione pre-pademia. La domanda quindi è questa: qual è il modo migliore per gestire questi stravolgimenti?

La nuova sfida delle risorse umane

Il mondo del lavoro è un campo enorme e comprende diversi ambiti, e mentre noi ne stiamo parlando, esso si sta sviluppando ancora e ancora stanno nascendo nuovi impieghi. È per questo motivo che ci focalizzeremo su un particolare campo lavorativo, ovverosia quello delle risorse umane.

Ciò vuol dire che non solo il concetto di lavoro, ma anche e soprattutto il concetto di umano vengono presi in esame. Se gli antropologi e i sociologi stanno ancora studiando le nuove relazioni e le nuove connessioni che questo nuovo tipo di essere umano, nato dalla pandemia, ha instaurato o sta instaurando, e se la pandemia con i suoi numerosi lockdown ha cambiato il nostro modo di lavorare, si provi a immaginare lo sforzo che gli impiegati nel settore delle risorse umane hanno dovuto e stanno ancora affrontando.

Come si fa ad approcciare il mistero chiamato umano? L’obiettivo principale qui non è quello di dare una risposta a una domanda così grande, ma di mostrare cosa è cambiato, in particolare per i reclutatori e i responsabili delle risorse umane in generale, e di sollevare riflessioni su tali cambiamenti.

Un nuovo modo di essere recruiter

Il primo e più evidente cambiamento è legato alla mobilità: significa che i colloqui di lavoro non erano e non sono più faccia a faccia, ma tramite videochiamata. Questo modello cambia il modo in cui un candidato si avvicina all’intervistatore. È un nuovo modello da imparare e da gestire: i contatti virtuali e digitali stanno diventando più importanti, a scapito del valore delle relazioni. Prima c’era il “campanello” da suonare per un incontro, ora ci sono i social media. L’estetica della presenza è cambiata, c’è una nuova ontologia da studiare e da capire.

Colloqui online: soft skills

Per i reclutatori, ora è più difficile cogliere le soft skills di un potenziale dipendente perché i colloqui di lavoro sono online e non faccia a faccia. Problematico risulta anche lo scouting, infatti un lavoratore che potrebbe essere un ottimo candidato, potrebbe non avere accesso ai media digitali o non essere pienamente in grado di utilizzare la piattaforma di colloquio, o non essere particolarmente convincente nell’immagine di sé offerta sui social network impiegati per il reclutamento.

Colloqui online: comunicazione non verbale

Inoltre, come possono i selezionatori analizzare la comunicazione non verbale e para-verbale se non possono vedere il candidato “dal vivo”?

Un promemoria: per comunicazione verbale si intende il linguaggio governato da regole e convenzioni, cioè il contenuto dei messaggi, quindi il significante (le parole nella loro dimensione fonica) con il suo significato; la comunicazione para-verbale rappresenta gli elementi espressivi della voce come le pause e la punteggiatura. Questo diventa un supporto per il contenuto, esprimendo le intenzioni.

La comunicazione non verbale invecec consiste in tutto ciò che riguarda la corporeità: postura, gesti, sguardo, espressioni facciali, prossemica (distanza). È la componente più soggettiva, è specifica di ogni persona, è ciò che più ci caratterizza.

Dov’è la comunicazione non verbale in un colloquio di lavoro online? Come possono i selezionatori cogliere le soft skills personali? Qui entriamo nel campo più generale dell’HR.

Pre-pandemia

Passiamo ai responsabili delle risorse umane veri e propri, ovvero l’HR in generale, che non si concentra solo sul reclutamento ma si occupa della crescita e della formazione del personale, della sua eventuale ricollocazione in altre aree del processo produttivo e gestisce reclami, procedure disciplinari, controversie di lavoro, maternità e quant’altro possa essere utile a valorizzare ogni professionista per ottimizzare l’organizzazione aziendale complessiva. Il presupposto? Conoscere ogni persona non solo in base alle sue competenze, ma anche conoscere il dipendente come essere umano.

Post-pandemia

Le risorse umane hanno operato in modalità di crisi durante la pandemia e i conseguenti lockdown, cercando di fornire un supporto extra per la salute mentale e fisica dei dipendenti che lavoravano da casa. Una delle principali lezioni che la pandemia ha offerto all’ufficio HR è forse la necessità di mettere più “umano” nelle risorse umane.

Questo non significa che prima non ci fosse, ma che ora i dipendenti ne hanno bisogno più di prima. Il supporto HR deve andare oltre i limiti del campo di lavoro e raggiungere la vita dei dipendenti. Questa è la nuova sfida da affrontare per l’HR in questo periodo particolare: capire con cosa i dipendenti stanno lottando non solo all’interno, ma anche al di fuori dell’orario d’ufficio. Se i dipendenti percepiscono un tale supporto, sicuramente ciò avrà un impatto positivo sul loro benessere.

In parole povere, questo significa concentrarsi in maniera olistica sui dipendenti, considerandoli da un punto di vista multidimensionale. Fare ciò richiede che le risorse umane dimostrino più intelligenza emotiva.

Conclusione

Le risorse umane giocano un ruolo chiave per capire come le persone possano funzionare al meglio nel loro nuovo ambiente post-pandemico, sia esso on-site, ibrido o remoto al 100%. Abbiamo visto alcuni dei nuovi cambiamenti e delle sfide che le risorse umane devono affrontare. Tutto questo richiede flessibilità, adattabilità e creatività, sia per i professionisti delle risorse umane che per i dipendenti, richiede un ritorno al vero umano nell’ambito delle risorse umane.

 

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