Tre racconti di Dino Buzzati: quando la realtà e la fantasia perdono i loro confini, nascono cose grandiose

Premessa su Buzzati

Tra gli scrittori che contraddistinguono la nostra inesauribile letteratura, ce ne sono alcuni che si collocano su una linea parallela rispetto a coloro che comunemente vengono definiti “più famosi”. Uno dei motivi di questa invisibile suddivisione potrebbe attribuirsi alla cultura scolastica, che molto spesso tende a selezionare gli autori per così dire “classici”, sfavorendone di fatto altri che comunque hanno pesato tantissimo – e pesano ancora – sulla nostra tradizione letteraria. Da questa parte della barriera figurano tantissimi scrittori, per noi più o meno familiari, e tra loro c’è anche il protagonista delle prossime righe, cioè Dino Buzzati.

Detta così sembrerebbe una contraddizione, visto che il suo nome è tutt’altro che nuovo. Ma in ogni caso la sua fama è per la maggior parte legata a pochi romanzi, seppur grandiosi, che sono soltanto una piccola porzione rispetto all’intera realtà narrativa che lo vede protagonista. In effetti, Buzzati ci ha lasciato moltissimi racconti brevi; pagine riempite dalle storie più assurde e fantastiche che la mente umana possa immaginare. Tra tutti questi testi, oggi cercheremo di rileggerne tre, per esplorare un altro affascinante aspetto di un grandissimo autore.

Dino Buzzati

Il borghese stregato

Come forse è già noto a molti, Dino Buzzati, oltre ad essere uno scrittore, è stato anche un importante giornalista, nonché inviato speciale per Il Corriere della Sera. Di conseguenza, la capacità narrativa puntuale e l’attitudine espositiva sintetica sono doti da lui acquisite e percorse sin dai primissimi anni della sua formazione. È per questo che i suoi racconti si possono definire grandi romanzi in potenza; poiché si caratterizzano per descrizioni particolari, dettagli minimi e storie assai avvincenti, tipiche di una struttura narrativa più corposa.

Un primo esempio lo abbiamo già con un testo datato 1942, pubblicato quindi due anni dopo rispetto a Il deserto dei tartari, considerato senza dubbio il più grande successo di Buzzati. Si tratta di un breve racconto che porta il titolo – fra l’altro già eloquente – di Il borghese stregato, e che narra una storia solo in apparenza come tante. Giuseppe Gaspari è un commerciante di 44 anni, che viene fotografato dallo scrittore in un momento di assoluta normalità, durante una giornata estiva in cui è in villeggiatura in montagna, insieme alla famiglia.

Ma in un attimo tutto cambia: quando il Gaspari inizia a dialogare con un gruppo di ragazzini, il racconto si capovolge, mutando nei suoi aspetti più profondi. I giovani, infatti, sono impegnati in un gioco che simula una sorta di battaglia, e l’uomo ne è a tal punto incuriosito da voler partecipare. La strana situazione immaginata da Buzzati, d’improvviso, si veste di un genere completamente diverso, e diventa a tutti gli effetti la trama di un racconto fantastico. Il gioco si trasforma in realtà, e la sorte che tocca al Gaspari è la più tragica che si possa immaginare.

Spaventosa vendetta di un animale domestico

Di fatto, si può dire che la logica narrativa dell’autore bellunese sia quantomeno unica nel suo genere. Lo spazio-tempo del racconto, che in un primo momento è dentro la realtà, in un attimo la oltrepassa per approdare nel fantastico e perfino nell’assurdo. Non a caso Buzzati è stato definito dai critici il “Kafka italiano”, e in effetti garantisce un evidente senso di straniamento al lettore, che, ignaro, si ritrova ad essere catapultato in un universo totalmente altro da ciò che si sarebbe aspettato all’inizio. Questa sensazione di stupore accompagna tanti altri suoi testi brevi, come per esempio il prossimo ci cui parleremo, intitolato Spaventosa vendetta di un animale domestico.

Il racconto viene pubblicato nel 1946, e anche stavolta ci troviamo a fronteggiare un contesto iniziale che è totalmente dentro la realtà, ma che aspetta di capovolgersi completamente. Innanzitutto, il narratore che subito apre il testo non è lo stesso che poi lo conduce in maniera definitiva. La parola passa infatti poco dopo ad una ragazza. Con dettagli assai precisi, lei ci descrive una normale visita a casa di sua zia, avvenuta qualche giorno prima. Ma nella stanza dell’appartamento in cui viene accolta, oltre ad altri ospiti, c’è un animaletto molto strano ad aspettarla.

Si tratta di una sorta di pipistrello, innocuo ma ripugnante secondo la descrizione, che piano piano diventa il vero protagonista del racconto. Infatti, l’invito a prendere qualcosa da bere da parte della zia, e il conseguente rifiuto della ragazza innescano un’azione di ribellione nella bestiola, che provoca lo scoppio di bombardamenti in città.

Il crollo della Baliverna

Anche da queste concise sinossi, dovrebbe essere già chiara l’entità della materia narrativa di Dino Buzzati; soprattutto in relazione alla spiccata capacità di combinare generi letterari opposti all’interno di poche pagine. E una tale tendenza con il passare degli anni non fa che aumentare, confermandosi  – se possibile – in maniera ancora più marcata. Così accade nel racconto del 1951 intitolato Il crollo della Baliverna.

Si apre la storia, e capiamo subito che il narratore è un imputato in attesa di essere processato per un fatto (in apparenza) totalmente dentro la realtà: il crollo di un edificio chiamato Baliverna. L’uomo quindi prende a raccontare per filo e per segno l’accaduto che gli ha causato la condanna, e il lettore non può che rimanerne spiazzato. In effetti, spiega che mentre era insieme ad alcune persone nei dintorni della strana costruzione, ha provato a salire al suo interno, arrampicandosi per circa un paio di metri. Tuttavia, una piccola trave si spezza e l’uomo si ritrova in un attimo a terra.

Il fatto però innesca un meccanismo di reazione a catena, che vede man mano staccarsi parti della Baliverna sempre più grandi. In pochi minuti, o forse addirittura in pochi secondi, l’intera struttura cede in un boato spaventoso. L’unico responsabile non può che essere lui: il suo breve tentativo di salire sull’edificio ne avrebbe infatti causato la totale distruzione.

Ancora una volta, dunque, Buzzati inserisce nella sua storia un cortocircuito di realtà e irrealtà che ci sovrasta, portandoci in un tunnel senza via d’uscita. Ancora una volta si conferma uno scrittore dalle doti formidabili, capace di ipnotizzare letteralmente i lettori, con qualità narrative semplicemente uniche.


FONTI

Treccani

 

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