Francesco De Gregori e le 5 (o 6) canzoni che hanno segnato la storia del cantautorato italiano

Il nostro Paese pullula di arte e di storia, di bellezze naturali e di città mozzafiato, ma anche di una folta generazione di cantautori che hanno contribuito e, per fortuna, contribuiscono tuttora a rendere la musica italiana – è proprio il caso di dire – degna di nota. Tra questi, un posto assai rilevante è occupato da Francesco De Gregori, che all’età di settant’anni ancora riesce ad incantare il pubblico attraverso la magia delle sue melodie e delle sue parole. Tantissimi sono i successi del cantante romano: tanti album e altrettanti singoli che continuano ad essere un punto di riferimento per molti.

Ma ci sono alcune canzoni che oltrepassano il semplice confine del successo, ponendosi al di là dei canoni che si utilizzano solitamente per giudicarle. Il testo, la musica, le emozioni che esprimono e la poeticità di cui si caricano, rendono certi brani indimenticabili e senza tempo; in una sola parola, unici. Qui ne abbiamo selezionati alcuni che riscopriremo uno per volta e che corrispondono nei dettagli a quanto detto finora. Siete pronti a sognare?

Alice

Nel 1972 un De Gregori appena ventunenne pubblica il suo secondo album, dal titolo Alice non lo sa. Il disco contiene 12 tracce, tutte – eccetto una – scritte e composte dal cantautore. La prima, destinata a rimanere nella storia, è proprio Alice. All’inizio non ebbe il successo sperato, anzi arrivò ultima tra altri 54 singoli, nella trasmissione Un disco per l’estate 1973. Poi però, con il passare del tempo, è diventata una tra le canzoni più conosciute e rappresentative di De Gregori.

Nei tre minuti e 45, una melodia semplice ma raffinata avvolge parole intrise di riferimenti colti, che probabilmente a un primo ascolto non vengono colti nella loro totalità. La mente di Alice è un mondo fatto di tante storie che però si susseguono come attraverso dei filtri, per cui la ragazza non riesce a vederle nitidamente. Lili Marleen, su una locandina, «è bella più che mai», nonostante la sua età. Un ragazzo deve sposare la ragazza che ha appena scoperto di aspettare un bambino. Cesare – Pavese – aspetta il suo amore ballerina, e infine il mendicante arabo nasconde qualcosa di spaventoso nel suo cappello. Insomma, vite quotidiane che negli occhi di Alice passano, ma sembrano non lasciare alcuna traccia.

Rimmel

Solo qualche anno dopo, nel 1975, De Gregori compone un album che cambierà per sempre le sue sorti di cantautore. Se con i primi dischi, infatti, aveva fatto fatica a vendere e ad affermarsi nel panorama musicale italiano, con Rimmel – titolo che porta il medesimo nome del singolo – entra irreversibilmente nel cuore degli italiani. Un successo straordinario, ma d’altronde come avrebbe potuto essere altrimenti con brani del calibro di Pezzi di vetro o Buonanotte fiorellino.

E se pensiamo un istante al brano intitolato Rimmel, con le parole e la musica, con una triste storia d’amore che finisce, capiamo perché è uno di quei pezzi che dopo averli ascoltati ci cambiano. Le immagini che emergono dal testo sono a tal punto inzuppate di sentimenti che sembra quasi di poterle vedere, come fossero all’interno di un quadro. L’amore si proietta attraverso diapositive che raccontano una relazione ormai al capolinea. Le foto, i tarocchi, il vento che soffia e spazza via tutto: ogni cosa parla di una fine e De Gregori lo fa con un’eleganza e una raffinatezza uniche.

Generale

Ma le storie d’amore non sono le uniche che meritano di essere raccontate, e questo il cantautore romano lo sa molto bene. Nel 1978, infatti, pubblica un album intitolato De Gregori e contenente Generale, una delle ballate più conosciute in assoluto, anche per via del numero di cover che le sono state dedicate. A differenza degli altri singoli che abbiamo preso in esame fino ad ora, Generale non parla di un amore, o per lo meno di un amore tra due persone. Perché sì, questo sentimento è sempre presente in De Gregori, ma a volte muta il suo fine diventando in questo caso amore per la libertà, contrapposto alla guerra e alla sue brutture.

Il protagonista non ha un vero nome, ma è semplicemente un generale, uno come tanti. Un ragazzo qualunque costretto a partire e a lasciare i propri affetti. L’idea del ritorno è l’unica spinta ad andare avanti, che solo per pochissimi si trasforma in realtà. Il treno, infatti, è mezzo vuoto ma arriva veloce verso casa: «tra due minuti è quasi amore».

Viva L’Italia

Un anno dopo, Francesco De Gregori è ormai inarrestabile. Collabora prima con Lucio Dalla, maturando un album dal titolo Banana Republic, e poi ritorna a comporre da solista, con Viva l’Italia. Il disco contiene un singolo che porta il suo stesso nome: una canzone di sicuro tra le più conosciute, un vero e proprio inno al nostro Paese, con i suoi pregi e i suoi difetti.

Se da un lato, infatti, abbiamo Mameli che ha scritto un pezzo tuttora in voga (cit.), dall’altro De Gregori ci ha regalato la sua versione ufficiosa ma forse ancora più calzante, che descrive l’Italia in ogni sua sfaccettatura. «Viva l’Italia che lavora, l’Italia che si dispera e l’Italia che s’innamora». Leggenda e realtà, verità e fantasia, De Gregori riesce a raccontare alla perfezione l’essenza del nostro bel Paese.

La leva calcistica della classe ‘68

A chiudere questa cinquina, c’è un pezzo fra i migliori di tutta la canzone italiana. Per la semplicità della musica, per la verità del testo e la profondità del significato, La leva calcistica della classe ’68 segna una tappa – un’altra – fondamentale per De Gregori, ma anche per noi. Il brano è contenuto nell’album Titanic, pubblicato nel 1982 e racconta la storia di un giovane calciatore.

Chi è che non ha provato tenerezza per Nino, al suo primo calcio di rigore, tanta paura nel cuore e nelle scarpette di gomma dura. Il cantautore ci insegna che non si può giudicare un giocatore da un solo rigore, ma bisogna saggiarne il coraggio, l’altruismo e la fantasia.  Una metafora della vita, è ovvio, spiegata attraverso l’ingenuità e l’innocenza di un ragazzino, che a volte però si rivelano le giuste chiavi di lettura dell’esistenza.

A questo punto, vi starete sicuramente chiedendo dov’è finita la canzone delle canzoni di De Gregori, quella più conosciuta e quella più cantata. Il brano obbligatorio in ogni suo concerto, senza il quale il pubblico non potrebbe mai lasciare la platea. Beh, La donna cannone non ha bisogno di presentazioni né tantomeno di descrizioni. Sono note e parole fatte per sognare, una descrizione dell’amore senza precedenti. Per cui non resta che augurarvi buon ascolto!

 


CREDITI

Copertina

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.