La Spigolatrice di Sapri non è sessista, ma ha evidenti limiti storico-valoriali

Eran trecento, eran giovani e forti,

e sono morti!

Me ne andava al mattino a spigolare

quando ho visto una barca in mezzo al mare:

era una barca che andava a vapore,

e alzava una bandiera tricolore.

[…]

Sceser con l’armi e a noi non fecer guerra,

ma s’inchinaron per baciar la terra.

Ad uno ad uno li guardai nel viso:

tutti aveano una lagrima e un sorriso.

[…]

e li sentii mandare un solo grido:

“Siam venuti a morir pel nostro lido”.

[…]

Con gli occhi azzurri e coi capelli d’oro

un giovin camminava innanzi a loro.

Mi feci ardita, e, presol per la mano,

gli chiesi: “Dove vai, bel capitano?”

Guardommi, e mi rispose: “O mia sorella,

Vado a morir per la mia patria bella”.

Io mi sentii tremare tutto il core,

né potei dirgli: “V’aiuti il Signore!”

[…]

Eran trecento e non voller fuggire,

parean tre mila e vollero morire;

ma vollero morir col ferro in mano,

e avanti a loro correa sangue il piano:

fin che pugnar vid’io per lor pregai,

ma a un tratto venni men, né più guardai:

io non vedea più fra mezzo a loro

quegli occhi azzurri e quei capelli d’oro.

Eran trecento, eran giovani e forti,

e sono morti!

La Spigolatrice di Sapri: il contesto storico e letterario

Queste strofe frammentarie, con versi in prevalenza endecasillabi, appartengono alla famosissima poesia La spigolatrice di Sapri, scritta del poeta palermitano Luigi Mercantini (1821-1872). Il componimento, certo non un capolavoro, è divenuto però celebre nel corso della storia dell’Italia unita per i suoi riferimenti patriottico-risorgimentali. Tanto che il distico/ritornello «Eran trecento, eran giovani e forti, / e sono morti!» è entrato a far parte dei codici proverbiali italiani già dalla fine dell’800. 

Carlo Pisacane in un disegno del sec. XIX

La poesia fu ispirata ad un noto evento della storia risorgimentale italiana, ossia la spedizione di Sapri, guidata dal rivoluzionario e patriota anti-borbonico Carlo Pisacane. Pisacane infatti, il 25 giugno del 1857 si imbarcò verso Salerno con l’obiettivo di dirigere, insieme ad altri ventiquattro rivoluzionari, un’incursione finalizzata a far insorgere rivolte popolari per sovvertire il Regno delle Due Sicilie. 

Una volta sbarcati a Vibonati e acquisiti nuovi rinforzi (quei trecento di cui parla la poesia), con direzione Sapri, la spedizione si concluse tuttavia in un fallimento, anzi una vera e propria disfatta. Carlo Pisacane e i compagni persero la vita a Sanza, repressi e uccisi dall’esercito della monarchia borbonica. 

Nella poesia, Mercantini immagina l’evento dello sbarco raccontandolo però dal punto di vista di una giovane spigolatrice salernitana che, mentre sta compiendo il suo faticoso lavoro nei campi, ad un certo punto si sente sfiorare le guance dalla brezza marina. Voltandosi verso il porto, nota avvicinarsi in lontananza l’imbarcazione del gruppo di Pisacane. Sbarcato l’equipaggio, la donna si innamora del “bel capitano” (Carlo Pisacane) e decide di seguirlo nella spedizione, salvo poi dover assistere all’uccisione del gruppo perpetrata dalle truppe borboniche.

La polemica sulla statua di Emanuele Stifano  

Che cosa ci azzecca però una poesia patriottica, ormai divenuta proverbiale, con l’arte?

Lo scorso 26 settembre, proprio sul lungomare della città di Sapri è stata installata e inaugurata alla presenza del sindaco e del leader del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte (lì per una tappa della sua campagna elettorale), una statua bronzea ad opera dello scultore Emanuele Stifano, raffigurante proprio la Spigolatrice protagonista della poesia di Mercantini. Questa si volta verso il mare, reggendo nel braccio destro una fascetta di grano appena raccolta,  e una folata di brezza marina le fa aderire vistosamente il vestito al corpo, accentuandone le forme. 

La Spigolatrice di Sapri, Emanuele Stifano

In realtà esiste già una statua raffigurante la medesima spigolatrice sdraiata su uno scoglio di Sapri, dunque forse non era così strettamente necessario installarne una nuova. Resta però il fatto che la statua appena posata ha fatto fin da subito parlare di sé, scatenando un’inutile polemica. 

Il motivo? La scultura (e con sé lo scultore e l’amministrazione comunale di Sapri) è stata accusata da più parti di sessismo, a causa di una presunta eccessiva carica erotica che sarebbe stata assegnata alla figura femminile rappresentata, soprattutto nella resa delle natiche. Queste, secondo i detrattori/detrattrici della statua, sarebbero state oltremisura accentuate dall’eccessiva aderenza dell’abito, trasparente, che ne accentuerebbe così la prominente forma.

La statua già presente su uno scoglio di Sapri

Le accuse

Tra le prime a scatenare la levata di scudi accusatori non si è fatta attendere la deputata Laura Boldrini, che ha dichiarato su Twitter: «È un’offesa alle donne e alla storia che dovrebbe celebrare», ignara forse del fatto che la statua in sé non ha nulla a che vedere con la storia delle donne e che la figura femminile della spigolatrice non è altro che un’invenzione poetica creata dal Mercantini. A farle eco la collega e senatrice Monica Cirinnà, che ha descritto il presunto affronto come uno «uno schiaffo alla storia e alle donne, che ancora sono solo corpi sessualizzati»; mentre l’ex senatrice FI Manuela Repetti ha parlato di uno «schiaffo sessista». 

C’è stato invece chi, a difesa della statua, ha giustificato le fattezze pronunciate dei glutei della spigolatrice, risolvendo la questione sul piano della morfologia e dell’anatomia della “tipica donna meridionale”. Come il senatore M5s Francesco Castiello che, replicando alle accuse della Repetti, ha dichiarato «Alla ex senatrice […] sfugge quali siano le fattezze fisiche delle donne meridionali». 

Insomma, anche questo mese la politica italiana non è certo rimasta con le mani in mano.

La risposta dello scultore

Lo scultore, attaccato da più parti, ha del resto difeso il suo lavoro con un post su Facebook, nel quale ha dichiarato:

Mi sono state rivolte accuse di ogni genere che nulla hanno a che vedere con la mia persona e la mia storia. Quando realizzo una scultura tendo sempre a coprire il meno possibile il corpo umano, a prescindere dal sesso. Nel caso della Spigolatrice, poiché andava posizionata sul lungomare, ho approfittato della brezza marina che la investe per dare movimento alla lunga gonna, e mettere così in evidenza il corpo.

Ora, che la statua non sia certo un capolavoro è inconfutabile e mostra peraltro diverse imprecisioni stilistiche, tecniche e formali. In particolare nella resa del panneggio della veste, troppo meccanico e poco virtuoso, e soprattutto nelle proporzioni della testa della donna, troppo grande rispetto all’esile corpo femminile. 

Spigolatrice di Sapri
La Spigolatrice di Sapri

Il Manifesto di Rivolta Femminile

Fatta questa premessa, che ha a che fare con aspetti oggettivamente tecnici della scultura, è però altrettanto evidente la sterilità di una pseudo-polemica sollevata dalle politiche, che in realtà farebbero impallidire chi il femminismo in Italia lo ha creato dal nulla. Come la grandissima storica dell’arte Carla Lonzi, o la pittrice Carla Accardi, autrici nel 1970 del Manifesto di Rivolta Femminile, che diede letteralmente vita al movimento femminista italiano. 

È del resto assai curioso e significativo che ad aver dato il via ai primissimi movimenti femministi italiani siano state proprio una storica dell’arte (anzi, una grandissima storica dell’arte), appunto Carla Lonzi, e una pittrice (altrettanto grande), come Carla Accardi, entrambe assai attive nella città di Milano. Indubbiante, tanto Lonzi quanto Accardi non avrebbero certo perso tempo a inveire contro una scultura innocua, ma al contrario (in quanto donne intelligenti e conoscitrici dei linguaggi figurativi) l’avrebbero oggettivamente riconosciuta come frutto della ricerca estetica di un artista (sebbene, come detto, di dubbia qualità) e niente più.

Leggendo i punti del Manifesto di Rivolta Femminile ci si rende infatti conto che la battaglia femminista, allora, si combatteva su versanti ben più significativi all’interno della società e della politica italiane, quali il riconoscimento del diritto all’aborto, l’abolizione del delitto d’onore, il riconoscimento della parità sessuale a partire anzitutto dalla messa in discussione dei dogmi del pensiero filosofico occidentale, delle istituzioni sociali e dei cosiddetti “ruoli di genere”, senza per questo demolire la tradizionale rappresentazione della bellezza femminile.

L’eccessività di una politica priva di cultura figurativa

Non solo. Gli autori della polemica, e tutti coloro che l’hanno sostenuta a gran voce, dimostrano altresì una scarsa conoscenza della tradizione figurativa italiana e un moralismo infondato, ma soprattutto dimostrano una scarsa sensibilità artistica, poetica e un’incapacità di lettura dei linguaggi figurativi.

Spigolatrice di Sapri
La Spigolatrice di Sapri

Per quanto riguarda quest’ultimo punto infatti, basterebbe osservare la statua confrontandola con un’attenta lettura della pur semplice poesia del Mercantini, per capire che lo scultore ha semplicemente trasposto nella sua Spigolatrice ciò che è scritto nel componimento. E allora ecco che, leggendo attentamente la poesia, ci si accorge che l’accentuata sensualità della statua (per questo dichiarata “sessista”) non ha altro scopo che rievocare il senso della passione amorosa che coglie la giovane spigolatrice alla vista del bel capitano appena sbarcato («Con gli occhi azzurri e coi capelli d’oro / un giovin camminava innanzi a loro. / Mi feci ardita, e, presol per la mano, / gli chiesi: “Dove vai, bel capitano?».). 

La scultura, quindi, non può di certo dirsi eccezionale, con una lettura di quelle natiche ridondanti che appaiono anche un po’ grottesche, ma il suo intento non è quello di veicolare sessismo.

Tra idealizzazione e anacronismo

C’è stato però anche chi, con cognizione di causa, ha giustamente cercato di storicizzare la figura della spigolatrice, sottolineando la necessità di una contestualizzazione storica, che poco avrebbe a che fare con la scultura in questione. 

In breve, il punto è: siamo sicuri che una raccoglitrice di grano salernitana apparisse tanto sensuale e seducente come la figura femminile della statua di Sapri? Non sarebbe forse apparsa come una donna piuttosto abbattuta e piegata dalla fatica del lavoro nei campi, come appare  nel capolavoro di Jean-François Millet?

Spigolatrice di Sapri
Jean François Millet, Le spigolatrici

Simili interrogativi sono assolutamente legittimi e aiutano nella comprensione della vituperata opera dello scultore. Ma a far chiarezza su simili questioni è stato sempre lo stesso autore nel post di Facebook, sottolineando:

Non doveva essere un’istantanea fedele di una contadina dell’800, voleva bensì rappresentare un’idea di donna, evocarne la fierezza, il risveglio di una coscienza…

A questo punto però, la questione è la seguente. La scultura – come sostiene il suo autore – è in grado evocare quel senso di fierezza e di risveglio della coscienza? Sembrerebbe di no, qualora questi fossero gli intenti originali dell’autore. Non si può quindi parlare dell’intenzionalità di veicolare un messaggio sessista, ma La Spigolatrice di Sapri mostra evidenti limiti che incontrano l’idealizzazione, l’anacronismo e probabilmente anche una sbagliata contestualizzazione spaziale dell’opera. 

Ecco che allora, se si dovesse affrontare la questione da una prospettiva semiologica, la scultura mostra tanto dei limiti tecnico-stilistici, per cui limiti di segno figurativo, quanto dei limiti semantico-simbolici, ossia di contenuto figurativo, che sembrerebbero contraddire le intenzioni originali dell’opera. 


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