Mondrian e la natura: una musa da lasciarsi alle spalle

Piet Mondrian impersona, nella complessa vicenda dell’arte di questo secolo, uno di quei punti fermi che, comunque si guardino, sono destinati a restare sempre un passaggio obbligato per intenderne l’evoluzione. La sua figura si impone sia per la qualità intrinseca delle opere, sia per ciò che il suo esempio rappresenta nella cultura moderna. Il pittore olandese è infatti uno dei massimi esponenti di quell’arte non rappresentativa che, iniziata negli anni dieci, si è sviluppata fino a pervadere la sensibilità dell’epoca. Quest’espressività, figlia del primo Novecento, rivela una sempre maggior riduzione delle parvenze della realtà sensibile per affermare l’autonomia espressiva delle forme pure.

Si tratta di un brevissimo, ma fondamentale periodo che ha condotto Mondrian a sperimentare una pittura semplificata, atta a portare la sua arte verso l’autentico Astrattismo. Quest’ultima rappresenta la fase della maturità di Mondrian, in cui la sua pittura si fa più severa ed essenziale, caratterizzata da divisioni armoniche. La sua carriera inizia però all’Accademia di Amsterdam, dove si dedica a una pittura di paesaggio dal gusto simbolista, sviluppando nel frattempo un profondo interesse per le dottrine teosofiche, che avranno peso nella sua vita e nell’evoluzione del suo pensiero artistico.

Gli esordi devoti al paesaggio

Il determinante contributo di Mondrian allo sviluppo di una pittura compiutamente astratta avviene per mezzo dell’insistente studio di paesaggi, inizialmente ripresi dal vero. Questo suo atteggiamento manifesta profonde affinità con l’approfondimento seriale del motivo naturale, che era stato tipico – su fronti opposti – di Claude Monet e Paul Cézanne. E già dai disegni preparatori si coglie la grande padronanza tecnica di Mondrian, mediante l’uso quasi pittorico del carboncino.

Il disegno del delicatissimo Crisantemo, per esempio, lo rende degno di poter gareggiare con un disegno rinascimentale, ma compare un qualcosa di più. Il tema del fiore con i petali disposti a raggiera rientra infatti all’interno della teosofia, letteralmente “conoscenza che concerne Dio e le cose divine”. Si tratta della dottrina secondo la quale le verità più profonde possono essere raggiunte non per mezzo della sola ragione, ma tramite la meditazione, le esperienze mistiche ed un apposito stile di vita. La contemplazione del fiore, quindi, rappresenta un momento di passaggio verso la conquista della verità. La sua esecuzione strettamente oggettiva, però, mostra un Mondrian ancora molto legato all’idea dell’arte come imitazione della natura.

Mondrian
Albero Rosso (1908-1910)

La nascita e l’evoluzione simbolica dell’albero

A partire dal 1908, Mondrian approfondisce gli aspetti simbolici e la forza espressiva della propria pittura di veduta, isolando dal contesto singoli elementi. Questi si caricano, così, di un marcato valore psicologico ed emblematico. Il suggestivo profilo di un albero, talvolta fiorito, talvolta scheletrico e spoglio, è forse il più noto di questi soggetti. Ed è peculiare osservare come un semplice e ordinario elemento naturale come un albero diventa, da questo periodo in poi, un aspetto che contraddistingue la produzione di Mondrian.

Il tema dell’albero mostra proprio il grande cammino di Mondrian verso l’Astrattismo e la progressiva dissoluzione della forma passando per l’esperienza di Van Gogh e del Cubismo. Nella Fattoria presso Duivendrecht, per esempio, gli alberi sono l’ingrediente essenziale della tela. In particolare i ramoscelli, tracciati sia in successione di archetti che in filamenti protesi verso l’alto, paiono linguette di fuoco che si dipartono tra i tronchi ondulati e costruiscono una rete che si protende verso il cielo.

Dall’Albero Rosso all’Albero Blu

Nell’Albero rosso (1908-1911) il tronco nodoso e ruvido è chiazzato da striature rosse che, sui rami nudi, paiono fiammelle guizzanti. L’albero sembra prima adagiarsi dolcemente a destra, assecondando linee a onde correnti e poi protendere le punte di nuovo verso l’alto. A sinistra, invece, i rami sembrano accelerare la loro caduta, quasi come se fossero pronti ad immergersi nella terra. Il primo albero di Mondrian mostra così una certosina cura dei particolari. Ma in breve, alla forma naturale il pittore inizia a sostituire un oggetto ridotto sempre più all’essenziale. Il successivo Albero Blu, quindi, protende i suoi rami come fruste, in un linearismo ancora affine all’Art Noveau, che si serve però di lingue azzurre.

Queste, in parte, seguono la direzione dei rami, raggiate secondo una tecnica tipica dei disegni di Van Gogh. Lentamente, l’albero si adatta a un sempre più fitto reticolo di decisi tratti verticali e orizzontali, con all’interno dei colori sfumati, senza che questo determini variazioni di forma. La sua struttura, infatti, non viene toccata dalla scomposizione e ricomposizione cubista dei volumi e i lunghi rami flessi ne inscrivono la forma in uno schema geometrico perfettamente ovale.

Mondrian
Albero Grigio (1911)

La scomparsa progressiva della natura

Mondrian rinnova quindi la rigorosa indagine di Cézanne sulla struttura geometrica, sottostante a tutti gli elementi del creato. Un’indagine condotta sul piano della tela, rinunciando alle distinzioni chiaroscurali, attraverso l’uso del colore puro o del “non colore” dato da grigi o toni bruni quasi monocromi. In questo modo, la sua evoluzione astrattista arriva all’Albero grigio (1911), caratterizzato da un tronco inarcato e i rami privi di foglie, che paiono fendere – come i contorni piombati di una vetrata – la superficie argentea del cielo.

Questa si amalgama quasi completamente con il terreno innevato e qui il reticolo cubista scompare, mentre i piani, visualizzati dagli spazi originati dall’incrocio dai rami, nascono dalla modellazione del colore pastoso. È quindi l’atmosfera stessa, cioè l’aria interposta tra ramo e ramo, a subire un processo di concretizzazione che elimina ogni possibilità di profondità. L’albero, però, resta ancora integro, sebbene i suoi rami invadano, ormai, la tela intera con le loro estreme propaggini.

L’ultimo stadio della trasformazione stilistica lo si riscontra nel Melo In Fiore (1912), dove l’albero è definitivamente scomparso. Di sé ha lasciato solo le linee scure e curve dai rami non più uniti al tronco, con i colori – verde, azzurro e ocra – al centro della composizione, che assumono la funzione di stabilizzare l’immagine. È così che, focalizzandosi su questo umile e al contempo imperscrutabile soggetto naturale, nel giro di pochi anni, Mondrian ha stravolto il suo stile pittorico, svincolandosi sempre di più dalla natura come musa.


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