Patagonia: storia del brand devoto al pianeta

C’è molto spazio per l’innovazione in questo settore. Non dobbiamo necessariamente reinventare tutta la catena produttiva, ma quei marchi che non affronteranno la realtà del vero costo del produrre abbigliamento oggi e del fast fashion, finiranno per essere messi da parte.

È ormai riconosciuto che l’industria tessile sia altamente inquinante, responsabile circa dell’8-10% delle emissioni di gas serra mondiale. La moda sembra essersi svegliata dal suo sonno catalettico e sta polarizzando la discussione verso un modo più etico e sostenibile di produrre abiti. Ci sono però brand che non hanno bisogno di cavalcare l’onda del momento, marchi che da sempre hanno abbracciato la sostenibilità come valore assoluto. Tra questi si distingue Patagonia, marchio made in USA che ha costruito la sua identità sui pilastri dell’innovazione e dell’amore per il Pianeta Terra. La storia di Patagonia e del suo fondatore, Yvonne Chouinard, hanno un sentore così temerario da sembrare cinematografico. Una storia che vale la pena di essere raccontata.

Yvonne Chouinard nasce nel 1938 a Lewiston, nel Maine, da genitori canadesi. Si trasferisce in California all’età di sette anni.  La sua adolescenza è ricca di avventure e le sue giornate sono scandite all’insegna dello sport. Tra una battuta di caccia con arco e frecce e una di pesca di gamberi, la sua diventa una giovinezza trascorsa all’aria aperta. Con gli ultimi anni di liceo arriva la scoperta della sua grande passione: l’arrampicata in montagna, disciplina esplosa in America nei primi anni ’70, il cui centro risiede nella Yosemite Valley. Scontento delle prestazioni dei chiodi europei, fonda a diciannove anni la Choinaurd Equipment, in prima linea per la realizzazione di attrezzature sportive di alto livello.

Non ci volle molto tempo perché il brand si espandesse anche nel settore dell’abbigliamento. Ispirato dal maglione a strati utilizzato dai pescatori del Nord Atlantico, nel 1977 Chouinard lancia sul mercato la leggendaria Pile Fleece Jacket. Il capo, nonostante piccoli difetti nella sua composizione iniziale, ha connotazioni decisamente rivoluzionarie: fornisce calore e assorbe umidità. Segue l’invenzione della biancheria al polipropilene, altamente isolante, che riscuote un grande successo negli sportivi outdoor.

Gli anni Ottanta consacrano Patagonia a un successo internazionale. Il brand si distingue per l’utilizzo di colori vivaci e frizzanti, in totale contrapposizione all’abbigliamento sportivo utilizzato in quegli anni, austero e anonimo. Patagonia diventa uno statement tra gli sportivi, simbolo di ribellione e attivismo, un brand capace di creare un seguito di fedeli adepti che si riconosco nei valori di chi idea i loro capi. Chouinard diventa il manager più atipico della storia dell’abbigliamento. La sua filosofia, mai cambiata, è quella del “Manager by Absence“: non impone orari fissi ai suoi dipendenti, li sprona a fare sport all’aria aperta, in particolare il surf; i suoi credo aziendali sono narrati nel libro autobiografico “Let my people go surfing”: la filosofia di un imprenditore ribelle.

La preservazione del Pianeta diventa un mantra in casa Patagonia. Dalla fine degli anni Ottanta, l’1% delle vendite e il 10% dei profitti non tassati è devoluto a piccoli gruppi che lavorano per salvare l’ambiente. Le campagne di Patagonia incentrate sulla salvaguardia del pianeta fanno fatica a contarsi, dalla Black Hole Collection, collezione di borse realizzata con il riciclo di più di dieci milioni di bottiglie di plastica, al caso emblematico del Black Friday 2011, dove Patagonia pubblica sul «New York Times» un’esortazione a non comprare la Pile Fleece Jacket, indicandone l’impatto ambientale e i costi per produrla. La strategia promozionale paradossalmente funziona, tanto che le vendite online di Patagonia raddoppiano nel giro di tre anni.

Il brand si distingue anche per il forte attivismo politico. Di recente hanno creato clamore le etichette poste su alcuni dei capi della collezione, che recitano “vote the asshole out“, con chiaro riferimento alle elezioni presidenziali americane di novembre e a una presa di posizione contro Donald Trump, negazionista del cambiamento climatico. Durante i giorni di votazioni i negozi Patagonia non hanno seguito il loro usuale orario di apertura, per garantire a tutti i dipendenti il tempo necessario per andare a votare consapevolmente.

Il prodotto è importante tanto quanto la dichiarazione di intenti portata avanti dall’azienda, costruita su un modello che guarda al futuro. Una dichiarazione che investe nella ricerca, nella produzione del brand e nella tutela dei suoi lavoratori. Da sempre l’obiettivo è stato quello di produrre indumenti con il minore impatto ambientale possibile, grazie a un progetto di economia circolare. I capi di Patagonia, i quali si prestano al riciclo e alla riparazione, sono fatti per garantire una grande longevità al cliente.

Creare il miglior prodotto. Non causare danni non necessari. Usare gli affari per ispirare e accrescere le soluzioni alla questione ambientale.


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