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La questione letteraria nell’antica Roma

Recenti stime ipotizzano che nel I secolo – negli anni, in particolare, del principato di Augusto – la popolazione in grado di leggere e scrivere dovesse ammontare a meno del 15% in Italia, e forse neanche al 10% nel resto dell’impero. Queste cifre inducono oggi molti studiosi a ritenere che la letteratura latina fosse destinata a un pubblico di intellettuali, specialisti e colti appassionati particolarmente ristretto. Tanto esiguo, anzi, da ridursi spesso al solo circolo di amicizie private dell’autore. Ma era davvero così? E soprattutto, che cosa si intendeva, all’epoca, per “letteratura”?

La letteratura latina in età arcaica: ricezione orale

L’età arcaica è quel periodo che va dalla leggendaria fondazione di Roma nel 753 a.C., al 509 a.C., anno dello spodestamento di Tarquinio il Superbo – ultimo dei celebri sette re – e della nascita della Repubblica. Durante questa epoca, la capacità di leggere era ancora un privilegio riservato soltanto a ristrette élite. Non è un caso, dunque, che la forma di cultura letteraria più fiorente fosse quella teatrale. Non solo la comunicazione orale rendeva i testi accessibili anche a coloro che non erano in grado di leggere, ma infondeva a chiunque ne fruisse valori ideologici, culturali e morali, e abituava l’udito a un linguaggio letterario molto più elaborato del parlar quotidiano. In un simile scenario, è naturale che le rappresentazioni teatrali contassero di una vivacissima partecipazione da parte del pubblico, che poteva accedervi gratuitamente e senza alcun vincolo legato al ceto sociale. A teatro si riunivano magistrati, senatori e politici, ma anche schiavi e donne di qualsiasi grado ed estrazione. Il sentimento di appartenenza a una tradizione, quella della mitica Urbe, superava addirittura le disparità di status o di genere.

Nonostante la forte adesione alla teatralità, ai testi teatrali non veniva riconosciuta dignità di “opera letteraria”: essi venivano utilizzati per l’esecuzione scenica, ma non erano letti come “libri”, privatamente. Gli unici testi scritti a circolare, con gran fatica, in età arcaica erano opere epiche e storiografiche. Era l’istruzione scolastica, quella su base domestica e riservata all’élite sociale, a insediare nella coscienza dei cittadini romani questo genere di testi, che venivano così letti e studiati anche da chi, un giorno, avrebbe fatto parte della classe egemone dello stato.

La letteratura latina in età augustea e imperiale: il codex

Se nell’età arcaica prevale la comunicazione orale dei testi, nella tarda repubblica e nelle successive età augustea e imperiale il libro diventa progressivamente un oggetto popolare nella vita di molti cittadini romani. Ma come erano composti i libri?

Quasi per tutto il I secolo d.C. il libro romano è il rotolo di papiro di derivazione greca. Per appunti e annotazioni veloci venivano adoperate invece tavolette di legno ricoperte di cera. Soltanto in età imperiale, sul finire del I secolo, il libro assume fattezze simili a quelle moderne: si tratta del codex, composto di pagine di pergamena relegate e scritte su entrambi i lati del foglio.

La circolazione dei libri

Procurarsi un libro tra I e II secolo a.C. non è operazione semplice. L’oggetto libro è ancora un bene di lusso, a cui soltanto personalità abbienti possono accedere. Una delle poche modalità attraverso cui entrarne “facilmente” in possesso è dunque quella del prestito: ci si faceva prestare un testo da un amico e lo si faceva copiare da uno schiavo o da un artigiano. Inevitabilmente, la rete di libri che viene così intessuta è un fenomeno che riguarda soltanto i rapporti di amicizia vigenti nell’élite politica e sociale.

Contemporaneamente, tuttavia, a Roma cominciano a sorgere anche le prime librerie. Verso la metà del II secolo a.C. si diffonde un vero e proprio “collezionismo privato“: personaggi illustri conservano, nelle proprie ville, libri e volumi di ogni genere -spesso bottino delle conquiste delle province orientali – che impinguano grandi biblioteche private messe a disposizione degli amici. Il caso forse più noto è quello della biblioteca di Perseo, re di Macedonia, che viene importata a Roma da Lucio Emilio Paolo in seguito alla battaglia di Pidna del 168 a.C. Le librerie diventano così una realtà assai vivace nel mondo romano: la cultura letteraria comincia a essere praticata come nobile piacere dell’animo, come esperienza intellettuale privata e individuale. Il numero degli autori di testi letterari aumenta esponenzialmente: gli scrittori vedono davanti a sé un pubblico molto consistente di lettori interessati e raffinati. Ora, pubblicare un’opera letteraria non è più una questione di “produzione domestica” di copie destinate agli amici, ma diviene progressivamente un processo affidato a un editore, che si cura di immetterle sul mercato e di distribuirle a un pubblico anonimo.

La condizione del letterato

Estremamente soddisfacente la gloria poetica, non c’è dubbio, ma – come si suol dire – i nuovi autori avevano anche bisogno di mangiare. Essi, in effetti, non ricavavano alcun guadagno dalla vendita delle loro opere nelle librerie, ma anzi essa comportava spesso costi esosi per lo stesso autore. Era necessario, per il suo sostentamento economico, trovare l’appoggio di membri prestigiosi dell’élite. È così che prende piede il fenomeno noto come mecenatismo: il letterato si pone sotto la protezione di un potente signore, in cambio della quale offre la celebrazione scritta dei suoi meriti e, perché no, l’eventuale immortalità.

Attraverso questo lungo processo avvenuto nell’antichità, la semplice parola scritta si è trasformata nella sublime letteratura che conosciamo oggi, dando vita a un immenso spettro di opere culturali. Le nostre conoscenze derivano in gran parte dal bagaglio letterario che le civiltà greche e romane hanno donato ai loro posteri, che siamo anche noi. Noi abbiamo dunque il dovere, oltre che il piacere, di tramandarle e tenerne vivo, palpabile e sempre attuale il ricordo.


FONTI

M. Citroni, M. Labate, E. Narducci, Disegno storico della letteratura latina, Laterza, 1997.

Corso di letteratura latina, Università degli Studi di Milano, anno accademico 2019/2020.

CREDIT

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