La prima volta di Cuba: proteste anti-governative come non si erano mai viste

Migliaia di persone negli ultimi giorni, a partire da domenica 11 luglio, sono scese in piazza a Cuba, da San Antonio de los Baños fino ad arrivare alla capitale, per protestare contro la gestione da parte del governo sia dell’emergenza coronavirus che dell’economia. Probabilmente è la prima volta in assoluto che si assiste a proteste così diffuse da quando ha preso il potere Fidel Castro: coloro che parlano rischiano di essere arrestati, è per questo insolito vedere persone manifestare apertamente nell’isola sempre strettamente controllata dai comunisti.

“Non c’è cibo, né medicine, non c’è libertà. Non ci lasciano vivere”, ha riferito alla «BBC Mundo» uno dei manifestanti. Cuba si trova, infatti, nel mezzo di una crisi economica ed è stata duramente colpita dalle sanzioni statunitensi e dal Covid. I cubani subiscono le conseguenze del crollo dell’economia, della carenza di cibo e medicine, così come dell’aumento dei prezzi e della gestione della pandemia da parte del governo. I manifestanti sono scesi nelle piazze al grido di “libertà” e “abbasso la dittatura” nelle manifestazioni in tutta Cuba.

Secondo gli analisti, il significato di migliaia di cubani che scendono in piazza in tutto il paese difficilmente può essere sopravvalutato. Il fatto che le persone osino farlo nelle piccole città, dove possono essere facilmente identificate dalle autorità comuniste, mostra i livelli di rabbia e di frustrazione profonda che alimentano queste proteste. Le manifestazioni, perciò, le più grandi da decenni, sono state una rara dimostrazione di dissenso in un paese dove gli assembramenti pubblici non autorizzati sono illegali.

Cosa c’è dietro le proteste?

Il presidente Miguel Díaz-Canel ha definito i manifestanti “controrivoluzionari”. Il suo governo ha incolpato gli Stati Uniti e le sue sanzioni economiche sia per le proteste che per i problemi più ampi di Cuba. Le sanzioni statunitensi hanno limitato il commercio con Cuba dal 1962 e sono state poi inasprite sotto l’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump, che ha anche imposto sanzioni al Venezuela, il principale fornitore di petrolio di Cuba.

Il ministro degli Esteri cubano l’ha definita una “politica di soffocamento economico per provocare disordini sociali nel paese”, ma la Casa Bianca ha subito affermato che i cubani hanno subito “decenni di repressione”. In questo contesto, il presidente Joe Biden ha affermato che gli Stati Uniti “stavano fermamente con il popolo di Cuba mentre affermano i loro diritti universali”.

La peggiore crisi economica degli ultimi trent’anni, la carenza di generi alimentari e la cattiva gestione della pandemia da coronavirus a causa della carenza di medicine e di infrastrutture sanitarie inadeguate, sono fenomeni strettamente legati l’uno all’altro e le motivazioni immediate della protesta, citate anche negli slogan dei manifestanti. La carenza di cibo rappresenta uno dei fenomeni più preoccupanti, dimostrato dalla difficile reperibilità anche degli ingredienti basilari come la farina. Lunghe file di cubani in coda per acquistare beni come olio, saponi o pollo sono diventate all’ordine del giorno durante la pandemia.

Cuba: mesi di buio ed elemosina

Durante le proteste di questi giorni molti manifestanti hanno denunciato di essere senza cibo, acqua e corrente elettrica nelle case. “Signore, senza acqua, elettricità o cibo, è così che siamo tutti”, ha scritto una lettrice alla testata «BBC». La carenza di cibo ha costretto la maggior parte delle persone a trascorrere lunghi periodi fuori casa, in code affollate, solo per ottenere beni di prima necessità, ed è stata quindi esposta a maggiori rischi di contagio. “Questa non è solo indisciplina, è fuori controllo, dobbiamo uscire in strada per poter mangiare, facendo la fila per tre o quattro ore”, ha scritto un’altra lettrice.

La crisi è drammaticamente peggiorata con la pandemia, in un paese che vive fondamentalmente di turismo. Il governo cubano non è riuscito a tenere sotto controllo la pandemia, né a garantire le cure ai cubani malati, nonostante sostenga da decenni di avere uno dei sistemi sanitari migliori delle Americhe.

Lo zucchero, che viene principalmente esportato, è un altro introito chiave per Cuba, ma il raccolto di quest’anno si è rivelato peggiore del previsto. Di conseguenza, le riserve di valuta estera del governo sono esaurite, impedendo l’acquisto di beni importati per integrare le carenze, come succederebbe normalmente.

Per cercare di far fronte a questo problema, il governo ha imposto che in diversi negozi di generi alimentari autorizzati dallo stato i pagamenti possano essere fatti soltanto in dollari, cosa che ha fatto infuriare ancora di più la popolazione. Durante le proteste molti di questi negozi sono stati vandalizzati e saccheggiati.

La risposta ai disordini di Cuba

In risposta ai rari disordini, il presidente Díaz-Canel ha identificato i manifestanti come mercenari assunti dagli Stati Uniti per destabilizzare il paese. Ha chiesto ai suoi sostenitori di difendere la rivoluzione, la rivolta del 1959 che ha inaugurato il regime comunista: “L’ordine di combattere è stato dato: in strada, rivoluzionari!” ha così annunciato. Pochi giorni dopo, Diubis Laurencio Tejeda, un uomo di 36 anni, è morto in un sobborgo dell’Avana durante uno scontro tra manifestanti e polizia, durante cui più di 140 manifestanti sono stati arrestati o denunciati come dispersi.

Subito dopo, mentre i  media statali hanno riferito che lunedì Tejeda era stato coinvolto in “disturbi” nel quartiere La Güinera dell’Avana, dove si sarebbe verificato un attacco a una struttura governativa, altri testimoni hanno al contrario riferito di aver visto le forze di sicurezza attaccare i manifestanti pacifici che si sono uniti a una manifestazione spontanea nel quartiere. Gli assembramenti pubblici non autorizzati, infatti, sono illegali a Cuba e le forze di sicurezza sono intervenute rapidamente. “Ci sono poliziotti ad ogni angolo e praticamente tutto quello che vedi passare sono pattuglie della polizia”, riferiscono i cittadini.

Il ruolo dei media

I manifestanti cubani, in questo contesto, si sono anche rivolti ai social media, dove oltre a condividere il loro malcontento, hanno cercato di infiammare gli animi dei sostenitori. Non esisteva infatti un’organizzazione formale delle manifestazioni e gli interessati hanno scoperto online il luogo degli incontri. La trasmissione in diretta su Facebook di un raduno a San Antonio de los Baños, vicino alla capitale L’Avana, è stata vista come il punto di partenza delle proteste che si sono poi rapidamente diffuse.

Si deve tenere presente che a Cuba Internet è qualcosa di relativamente recente. L’accesso a Internet mobile è stato introdotto soltanto nel dicembre 2018, permettendo solo allora di acquisire la capacità di consumare e condividere notizie indipendenti in un paese in cui quasi tutti i media tradizionali sono gestiti dallo Stato. Da allora però il governo limita spesso l’accesso ai social media: in quanto la rete di telecomunicazioni è controllata dalla società statale Etecsa.

Questa tattica impedisce alle persone di condividere informazioni sugli assembramenti e le denunce di abusi contro autorità note per le loro tattiche repressive per mettere a tacere le critiche. Ma questa volta nonostante Facebook, la piattaforma social più popolare a Cuba, così come WhatsApp, Instagram e Telegram, sia rimasta limitata dai server di Etecsa, i servizi VPN, che possono aggirare la censura di Internet, sono stati efficaci per molti utenti.


FONTI

www.bbc.com

www.wsj.com

www.ilpost.it

CREDITI

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