Michaela Stark

Michaela Stark e la sovversione dei canoni di bellezza

Il nostro corpo non è altro che il vostro pensiero, una forma del vostro pensiero, visibile, concreta. Spezzate le catene che imprigionano il pensiero, e anche il vostro corpo sarà libero.

Cresciamo con un’idea di bellezza alquanto distorta, ci inducono a credere che il bello sia qualcosa di ben definito e consolidato. Fin da quando siamo bambine assumiamo come un mantra, come legge indiscussa, la perfezione. Cosa significa “bello”? Se proiettiamo la questione da un punto di vista filosofico, parliamo di bellezza quando qualcosa ci induce piacere per come si presenta, indipendentemente dal nostro possesso.

Il bello è una percezione: vedere un bel quadro di Delacroix, Picasso, Kandinskij, ascoltare bella musica riconduce a un’esperienza che viene denominata con il termine “estetica”, ovvero “percezione. Non esiste una regola: tale sensazione matura in maniera spontanea, ci porta a un sentimento positivo.  Questo succede perché effettuiamo un paragone con un canone di riferimento che abbiamo interiorizzato. Il bello vive fuori dal nostro Io, ma allo stesso tempo alberga all’interno di noi poiché, contrariamente, non sapremmo identificarlo. A tal proposito sorge spontanea una domanda: chi distingue cosa è bello da cosa non lo è?

La bellezza è un sentimento del soggetto che vede, ascolta, ‘sente’ le cose, e dunque riguarda il sentimento dell’Io.

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Sin dai tempi antichi la bellezza femminile è stata considerata in relazione a un modello estetico ben preciso, riconosciuto dalla società in uno specifico contesto storico e culturale. In tal senso, più una donna somiglia o rientra nei canoni definiti, più è considerata bella. Nonostante ciò, l’ideale estetico non è un criterio universale, eterno, ma cambia nel tempo, poiché si produce e si trasforma all’interno della società e cultura entro cui si orienta.

È dunque il contesto in cui nasciamo e cresciamo che condiziona la nostra percezione del bello. Come in tutti i parametri dichiarati esistono però – e per fortuna! – delle incantevoli eccezioni: una di queste è rappresentata dal lavoro dalla designer australiana Michaela Stark. Il suo scopo è quello di abbattere gli ideali tradizionali estetici e di beltà legati al corpo femminile, che da secoli si sono condensati all’interno della nostra comunità, occultando il senso critico dei membri che ne fanno parte e gettandoli in una profonda oscurità e superficialità.

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Esperienze e progetti lavorativi di Michaela Stark

L’infanzia della designer non è stato il periodo più roseo e felice da richiamare alla memoria; fu piuttosto un momento molto difficile, segnato dalla frase “quella carne con troppi peli è sempre fuori posto”. Parole inadatte e maligne, provenienti dalla voce di una società ottusa e limitata che urla, da molto tempo, a perdifiato “questo è come devi essere”.

Nel 2017 Michaela ottiene, grazie a sacrifici, una grande rivincita: si laurea in fashion design e si trasferisce a Londra per poter accrescere le sue competenze. Dopo pochi anni, la sua preparazione e capacità riscuotono e ottengono la meritata attenzione da parte dell’industria della moda. In questo modo riesce a trovare il suo posto in un contesto molto competitivo.

Dopo i suoi riconoscimenti, la stilista prende una coraggiosa decisione e sceglie di condividere e fronteggiare i traumi che hanno segnato il suo passato, utilizzando l’inventiva e la sua creatività. Dà vita così alla sua linea di lingerie, con lo scopo di celebrare le insicurezze femminili, adoperando capi tesi a sovvertire tutti quei preconcetti legati al corpo della donna.

Sono stata bullizzata per il mio aspetto fisico fin dalla scuola elementare, eppure quando sono arrivata all’università ho iniziato a disegnare abiti e lingerie per le taglie standard, scegliendo design estremamente femminili creati con le sete più delicate […] Siccome non ho mai trovato lingerie che mi andasse davvero di indossare, sempre in quegli anni ho iniziato a cucirmi da sola i capi di intimo, ben diversi da quelli che realizzavo all’università. È così cha ha preso vita il mio progetto.

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Michaela Stark e Parigi

Seppur incisivi e originali, il mondo dell’abbigliamento intimo è solo uno degli aspetti del lavoro suggestivo e straordinario di Michaela Stark. Di fatto la designer, dopo il suo trasferimento a Londra, ha iniziato a lavorare come sarta per alcuni nuovi e freschi brand inglesi, per poi espandere il suo talento in tutto il mondo. Da poco tempo ha cominciato a lavorare a Parigi, dove ha iniziato il suo sodalizio con Marine Serre, un connubio che ci riserverà grandi sorprese!

Quella bambina dall’infanzia difficile adesso è diventata un’artista di grande calibro: i suoi lavori sono rivolti nientemeno a personaggi come Beyoncé, che ha portato una sua creazione in Black is King. Stark ha iniziato a lavorare con l’équipe della nota cantante per farsi strada come sua sarta personale; da quel momento il successo non ha tardato a irrompere nella carriera della giovane designer.

Arrivati a questo punto, possiamo dedurre che il sogno di Michaela Stark sia sempre stato quello di diventare una grande stilista riconosciuta a livello internazionale, ma nulla è dato per scontato. In un’intervista ha infatti affermato che il suo desiderio, sin da bambina, era quello di diventare un’attrice di fama mondiale.

Mi agitava molto il pensiero di diventare grande, perché significava avere un anno in meno per diventare un’attrice bambina, ed ero ossessionata da tutto ciò che era il cinema e teatro […] poi la scuola ha offerto un corso di moda per i maturandi e ho deciso di seguirlo, senza sapere dove mi avrebbe portata. Dopo più di 16 anni a sognare di diventare un’attrice, ho dimenticato tutto quanto.

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Il metodo di lavoro 

Stark inizia con il drappeggio del tessuto sulla sua figura di fronte a uno specchio, fino a quando non ottiene l’effetto atteso. I pezzi hanno una loro logica, sono strutturati in maniera perfetta. Vengono immortalati attraverso degli scatti che sottolineano le forme che i corpi possono assumere in tutte le loro sfaccettature, lontanissimi dalla divinizzazione della forma magra o a clessidra che è associata – in alcune culture – al corpo femminile. Prima di mostrare le sue insicurezze e con esse i traumi del passato, la designer dev’essere realmente convinta; questo processo di convincimento prevede un ampio numero di modelli. La fase successiva comporta che i capi vengano trasferiti dal suo corpo al letto, per passare in seguito al manichino. Questo lavoro perdura per tutto un mese, circa.

L’impresa di Michaela Stark è quella dell’aver accettato sé stessa e il suo vissuto, creato qualcosa che vada oltre alle solite idee, ai medesimi prototipi di bellezza che ci intrappolano in una limitatezza sfrontata; un mondo per dire: “La bellezza non è sinonimo magrezza, ma è una percezione che si vuole liberare dalla prigionia che perdura ormai da secoli”.

FACEBOOK: Michaela Stark è una designer che attraverso le sue creazioni cerca di sovvertire i canoni di bellezza tradizionali.


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