Etiopia, crisi in Tigray: “C’è fame in questo momento”

Da mesi la regione del Tigray, nell’Etiopia settentrionale, si è trasformata in un campo di battaglia a cielo aperto sotto gli occhi dei bambini e degli operatori umanitari. Lo stato di tensione che incombe sul Tigray è segnato dallo scontro tra i leader del Fronte popolare di liberazione del Tigray (TPLF) e l’esercito federale etiope, incaricato dal primo ministro Abiy Ahmed di reprimere ogni tentativo di ribellione nei confronti dell’autorità sovrana.

Quella che doveva essere una guerra lampo, condotta dal Premier etiope, il dittatore eritreo e la dirigenza nazionalista Amhara, con l’invasione in Tigray per distruggere il TPLF e l’imposizione di un dominio assolutista tramite un governo centrale autoritario, si è trasformata in una guerra di lunga durata che prosegue da novembre 2020. I combattimenti hanno provocato così sfollamenti, distruzione diffusa dei mezzi di sussistenza e infrastrutture, causando la perdita di posti di lavoro e spingendo 400.000 persone innocenti sull’orlo della carestia e della perdita della vita.

In una nota sulla situazione nella regione settentrionale dell’Etiopia firmata da Stati Uniti e Unione Europea il 13 giugno 2021, si legge “le atrocità dei diritti umani e la crisi umanitaria sono allarmanti, l’emergenza deve essere affrontata immediatamente”. E ancora che “dei 6 milioni nel Tigray, 5,2 milioni di persone soffrono la fame e necessitano di assistenza alimentare di emergenza. Con il 90% della popolazione che ha estremo bisogno di aiuti umanitari, la posta in gioco non potrebbe essere più alta”.

Un contesto ampio

Proprio a causa della guerra locale e del rischio di contagio dell’emergenza sanitaria, dallo scorso novembre, le popolazioni sono state duramente colpite dalla crescente carenza di cibo, acqua e cure mediche. I fattori scatenanti dell’emergenza alimentare sono rintracciabili nelle motivazioni che hanno spinto il capo del governo a impegnare l’esercito in un’operazione militare di questa portata.

Il Tigray è stato governato per 17 anni dal Tplf, che dopo la morte di Meles Zenawi, il leader del partito, si è scontrato più volte con il governo etiope con l’obiettivo di ottenere autonomia politica, fino a entrare nel mirino di Abiy, ex militare e politico etiope, eletto nel 2008 come Primo Ministro dell’Etiopia. Quest’ultimo, una volta salito al potere, ha intrapreso una campagna di annientamento delle forze centrifughe dello stato, con l’accusa di minacciare la stabilità dell’esecutivo.

I militari avrebbero così lanciato un ultimatum a Makallé, la capitale del Tigray, chiedendo la destituzione dei membri del Tplf. In questo contesto, il trasporto dei rifornimenti da una zona all’altra della regione, ostacolato già per natura dalla conformazione montuosa del territorio, risulta impraticabile a causa degli assalti dei soldati, portando i civili alla fame e all’estenuazione più totale.

La carestia in Etiopia

Dopo quasi otto mesi dall’inizio degli scontri l’Onu ha fatto sapere che  almeno 4,5 milioni di abitanti del Tigray hanno un urgente bisogno di aiuti umanitari. La denuncia della situazione è partita anche dalla Croce Rossa, che ha dichiarato la mancanza di farmaci e cure mediche, in quanto l’80% degli ospedali è stato distrutto o saccheggiato. Nella regione separatista è così in corso la peggiore carestia degli anni Duemila, dopo quella che aveva travolto la Somalia nel 2011.

Secondo quanto riportato dalla classifica stilata dall’indice globale dell’Integrated Food Security Phase Classification (Ipc), circa 350.000 persone nel Tigray stanno soffrendo la fame, e più di 5,5 milioni di persone, circa il 60% della popolazione, stanno affrontando uno stato di insicurezza alimentare acuta. “La brutale realtà per il nostro personale in Tigray è che per ogni famiglia raggiunta con cibo salvavita, ce ne sono moltissime altre, specialmente nelle aree rurali, che non riusciamo a raggiungere”. Il direttore esecutivo del Wfp, David Beasley, ha dipinto così un quadro drammatico, per cui anche i tentativi di aiuto non sembrano sufficienti.

In questo contesto, la direttrice generale dell’Unicef, Henrietta Fore, ha aggiunto che

L’Unicef è profondamente preoccupato per la situazione nel Tigray, mentre vediamo sempre più bambini avvicinarsi pericolosamente alla malattia e alla morte potenziale a causa della malnutrizione. Stiamo lavorando con i nostri partner per fornire nutrizione, cure mediche e acqua pulita. Senza l’accesso umanitario per aumentare la nostra risposta, si stima che 33.000 bambini gravemente malnutriti nelle aree attualmente inaccessibili del Tigray sono ad alto rischio di morte. Il mondo non può permettere che questo accada.

Etiopia: gli aiuti umanitari e il cessate il fuoco

Le tre agenzie Onu, Fao, World food programme (Wfp) e Unicef, si sono unite per chiedere congiuntamente “azioni urgenti per rispondere alla grave insicurezza alimentare nel nord dell’Etiopia”.
L’esecutivo, infatti, ha sempre osteggiato gli aiuti esterni. Negli ultimi mesi però le organizzazioni umanitarie sono riuscite a prestare soccorso agli abitanti stremati dal conflitto e dalla carestia.

L’esportazione di cibo rappresenta un aiuto imprescindibile in un contesto in cui le fattorie abbandonate e i campi danneggiati in piena fase di mietitura dagli scontri armati hanno messo in ginocchio la capacità produttiva del territorio. Anche la Croce Rossa Etiope, insieme alla Mezzaluna Rossa, ha lanciato un appello per consentire ai volontari e al personale medico di assistere gli sfollati interni o coloro che sono costretti alla fuga in altri territori, come in Sudan e Gibuti.

A rappresentare una svolta è stata l’uccisione di tre membri dello staff di Medici senza frontiere il 24 giugno, in seguito alla quale si è levato a livello internazionale un coro di indignazione. Il 29 giugno l’esecutivo dell’Etiopia ha annunciato un cessate il fuoco unilaterale nel Tigray, annunciando la fine degli scontri almeno durante la stagione agricola, che dura fino a settembre. Non si tratta, però, della prima dichiarazione di tregua da parte delle forze governative. Agegnehu Teshager, il presidente dello stato regionale di Amhara, in una dichiarazione sul suo account Twitter riferendosi allo scontro in Tigray ha affermato che “l’operazione è ancora in corso”.

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