The Sound of Silence: perché è ancora estremamente attuale

Abbiamo tutti presente l’attacco di The Sound of Silence, capolavoro del duo folk Simon & Garfunkel?

Hello darkness, my old friend
I’ve come to talk with you again
Because a vision softly creeping
Left its seeds while I was sleeping

Ebbene, nonostante la canzone sia stata pubblicata più di cinquantacinque anni fa, si tratta di uno dei pezzi più celebri nella storia della musica folk con un significato che è tutt’altro che passato di moda.

Come nacque The Sound of Silence

La canzone fu scritta nel 1964 da Paul Simon come pezzo acustico del primo album del duo inciso con la Columbia Records, Wednesday Morning at 3 am che si rivelò però un clamoroso flop. Inizialmente il titolo era declinato al plurale The Sounds of Silence e visto l’insuccesso commerciale, Simon inserì il pezzo nel suo primo album da solista. I due infatti, poco dopo l’uscita del disco, si separarono: Simon cercò fortuna continuando a fare musica indipendentemente mentre Art Garfunkel proseguì con gli studi universitari.

Qualche tempo dopo accadde forse l’improbabile: il produttore discografico Tom Wilson venne a conoscenza del successo che il pezzo stava ottenendo negli States. Decise dunque di modificare la canzone – che nel frattempo aveva perso la “s” plurale del titolo – in una sorta di re-mixaggio aggiungendo delle parti di basso, chitarra elettrica e batteria. La conseguenza fu il riavvicinamento dei due artisti e la consacrazione definitiva della canzone che uscì definitivamente nel 1966 con il secondo lavoro Sounds of Silence.

L’album

Tutto il disco è un agglomerato di nostalgia e vibrazioni malinconiche che consentirono a Simon e Garfunkel di dare voce all’inquieta gioventù dell’epoca in un connubio perfetto tra un folk alla Bob Dylan e un rock leggero. Non a caso The Sound of Silence, e in generale tutto l’album, è diventato un vero e proprio disco simbolo di un’intera generazione che contiene altri pezzi indimenticabili come April Come She Will, I Am a Rock, Blues Run The Game.

Inizialmente si diffuse la convinzione che il singolo fosse stato scritto e musicato da Paul Simon in seguito all’assassinio del Presidente degli Stati Uniti Kennedy nel novembre del 1963. Tuttavia, possiamo solamente ipotizzare che l’avvenimento abbia in qualche modo ispirato la canzone che venne scritta l’anno successivo. Qualche anno più tardi, lo stesso Paul Simon affermò come, durante il periodo in cui uscì il pezzo, trovava utile comporre al buio chiuso nella sua abitazione.

Si sapeva, in ogni caso, di una certa passione che Simon nutriva nei confronti degli ossimori – figure retoriche che accostano concetti contrari. Tale tendenza si può ben vedere nel titolo emblematico che ha dato origine ad un espressione completamente sensata: anche il silenzio ha una voce ben delineata che è quella della solitudine.

Nel 1967 esce un film cult per eccellenza, inserito nella lista dei cento film statunitensi miglior di tutti i tempi: Il Laureato (The Graduate) con protagonista un giovane Dustin Hoffman. The Sound of Silence e altri pezzi del duo, tra cui Mrs. Robinson, scritto appositamente per la pellicola, diventeranno la colonna sonora dell’intero film, contribuendo ulteriormente ad aumentare il successo della coppia.

Il significato

Quasi si evincono tra le righe del testo – semplice ma estremamente evocativo – alcune immagini profetiche che lasciano lo spazio a molteplici interpretazioni, una musica toccante e profonda – la versione acustica lo evidenzia maggiormente – e sempre attuale. Una lunga alternanza di figure retoriche, metafore che indicano ora l’oscurità ora la luce che trasportano l’ascoltatore in una sorta di mondo parallelo. Il suono del silenzio infatti è un esempio eclatante che ci consente di chiarire il significato primo dell’intera canzone: l’incomunicabilità. E se il duo inglese scrisse queste parole negli anni Sessanta, noi possiamo testimoniare come la tematica sia fortemente sentita e presente ancora oggi. L’ascolto dunque ci avvolge in un’atmosfera e in un’esperienza strana e terribilmente veritiera.

“Ciao oscurità, mia vecchia amica”

Così si apre The Sound of Silence, quasi a chiamare per nome una solitudine voluta, alla quale si è abituati, una compagna di vita. L’io vaga all’interno di strade strette e viottoli di acciottolato dove la luce pare essere fievole e fredda, finché un bagliore non riesce a squarciare  l’atmosfera cupa e tetra. Poi ancora folle di individui che:

…talking without speaking
…hearing without listening                                                                                                                                                …writing songs that voices never share

Cos’è tutto questo, se non un evidente bisogno che l’uomo ha di dare senso alle proprie parole, ma dove inevitabilmente cade in un vuoto incolmabile dove non riesce a comunicare con sé stessoe con gli altri? Tale visione appare un viaggio onirico, un sogno che Paul Simon compie nella scrittura della canzone. L’inquietudine, l’isolamento e la solitudine sono accentuate e rese possibili da tutta una serie di sensazioni particolari e surreali che fanno del silenzio la componente principale di questo sogno che lentamente si tramuta in incubo.

La relazione con il mondo odierno

In una modernità così spesso superficiale, dove regnano tecnologie alienanti, l’incomunicabilità pare essere diventata la cifra esistenziale dell’uomo contemporaneo. Quando nella seconda parte della canzone appare la voce del profeta, sembra quasi che indistintamente si stia rivolgendo a noi, che più di tutti viviamo nell’epoca della contraddizione e della non-comunicazione. C’è chi vive la solitudine come un momento di estrema difficoltà nel corso della propria esistenza e chi, invece, ne trae profitto.

“Il silenzio cresce come il cancro” cantano i due, in un’immagine essenziale quanto suggestiva che meglio esprime il rapporto controverso che l’uomo ha nei confronti del suo stesso essere: ciascuno indaffarato nelle proprie attività all’interno di una società consumista e unidirezionale dove gli stessi individui sono completamente assorti dal proprio ego.

Non si vuole certamente fare una critica alla società moderna. Non era questo il nostro intento, né tantomeno quello di Simon & Garfunkel. Possiamo però affermare che la canzone, nel suo essere terribilmente bella e veritiera, ci conduce all’interno di un’esperienza quasi mistica dalla quale è difficile uscirne intatti, senza qualche consapevolezza in più.


CREDITS

copertina

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