Il Canada deve affrontare il suo passato violento

Il Canada deve fare i conti con il passato e con la propria identità multiculturale. Nelle ultime settimane, infatti, sono state scoperte in diverse aree del Paese delle fosse comuni contenenti i resti di centinaia di bambini indigeni nei pressi di istituti, perlopiù gestiti da religiosi, la cui funzione era civilizzare ed educare i figli dei popoli indigeni canadesi e che non sono più in funzione da alcuni decenni.

La scoperta della violenza passata ha costretto la società canadese, il governo e la Chiesa cattolica a interrogarsi circa le proprie colpe, ma sembra che le scoperte fino ad ora effettuate siano solo la punta di un iceberg di orrori.

La terribile scoperta

Nella British Columbia, nei pressi di Kamloops, sono stati portati alla luce i resti di 215 bambini indigeni, mentre a Cranbrook, nella medesima regione, il gruppo indigeno dei Lower Kootenay ha scoperto le salme di 182 persone sepolte vicino a un ex collegio per bambini indigeni. Nel Saskatchewan, invece, sono state individuate circa 700 tombe anonime, sempre nelle vicinanze di un ex istituto rieducativo.

Il sistema delle scuole residenziali, cui scopo era l’assimilazione forzata degli indigeni all’interno della società canadese, era già stato denunciato nel rapporto della Commissione per la verità e la riconciliazione del 2015, che aveva parlato di un vero e proprio genocidio culturale ai danni delle First Nations, cioè dei Popoli Indigeni del Canada.

Anche nei romanzi di scrittori come Richard Wagamese, e in particolare nel suo capolavoro Cavallo indiano, gli orrori di questa politica retrograda e oppressiva erano stati messi in evidenza, portando una riflessione entro l’opinione pubblica, ma oggi queste scoperte recenti hanno letteralmente tolto il fiato. D’altronde, un racconto può essere emotivamente forte, ma non quanto una fossa comune ricolma di centinaia di cadaveri di bambini.

Una brutale pratica durata per più di due secoli

Si è stimato che, dal Diciannovesimo secolo sino agli anni Settanta del secolo scorso, siano stati centinaia di migliaia i bambini costretti a entrare in queste strutture, a volte anche rapiti dalle proprie famiglie di appartenenza, dove, oltre a seguire lezioni e subire programmi di assimilazione culturale preposti dal governo e dagli stessi enti religiosi, i bambini venivano sottoposti a vessazioni, stupri e altre orribili violenze.

I dati non sono precisi ma si presume, e le tristi scoperte sembrano confermarlo, che le vittime furono migliaia, a causa della malnutrizione, dei suicidi o delle punizioni corporali troppo cruente. Oggi, in risposta a questa violenza, sono giunte le scuse a posteriori di Trudeau e di papa Francesco che, pure necessarie e inevitabili, non possono essere un rimedio al dolore.

E ora?

La condizione dei Popoli Indigeni in Canada resta, come d’altronde in quasi tutti i Paesi del mondo in cui si trovano le popolazioni native, molto precaria.

I dati mostrano uno squilibrio sociale, economico ed educativo allarmante, tanto che si è calcolato che un canadese non indigeno guadagna annualmente il doppio del suo pari indigeno: un solo indicatore preso tra i molti che testimoniano il problema indigeno.

Inoltre, la completa assenza di riconoscimenti del ruolo degli indigeni nella costruzione della Nazione e della società in Canada, come pure nei vicini Stati Uniti, porta gli appartenenti alle First Nation a faticare a inserirsi nel tessuto sociale nazionale mantenendo al contempo le proprie tradizioni e le proprie radici storiche, famigliari e sociali. Pur aderendo a trattati internazionali in materia di tutela dei diritti dei Popoli Indigeni, come la Convenzione n°169 del 1989 nata in seno alla OIT e all’ONU, infatti, la tutela dei diritti degli indigeni canadesi è sommaria e poco efficiente.

Un problema che nessuno sta affrontando

Mentre i discendenti dei Popoli Indigeni stanno cercando con ogni mezzo di raccontare la propria triste vicenda a quante più persone possibili, scoprendo fosse comuni e studiando i documenti dell’epoca, la politica non riesce a superare la mera retorica.

La visione assimilazionista di politici poco accorti e molto egoisti rischia di allontanare sempre più le posizioni dei soggetti in relazione. La Rete televisiva dei Popoli Indigeni canadesi ha raccontato che il dipartimento della giustizia ha speso decine di milioni di dollari dal 2013 in spese legali contro i sopravvissuti delle residenze indiane e anche con il progressista Trudeau le azioni del governo non sono cambiate.

Le scoperte delle fosse comuni stanno riaccendendo la fiamma mai del tutto spenta, quella della lotta per la difesa dei propri diritti, in primo luogo quello di esistere e di seguire le proprie regole di vita, le tradizioni e la cultura ancestrale che le First Nations hanno ricevuto in eredità dai propri antenati.

La società civile e progressista deve, finalmente, abbracciare un nuovo approccio alla questione  indigena, perché quelle morti e quegli individui sono le fondamenta dello stato canadese al pari delle vicende dei conquistatori europei.

 FONTI

Richard Wagamese, Cavallo indiano, Bompiani, 2019

internazionale.it

agensir.it

ilpost.it

agi.it

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