L’iconografia dell’aureola tra Oriente e Occidente

Nell’arte cristiana occidentale, ma anche in quella orientale, l’elemento dell’aureola costituisce sicuramente uno degli attributi iconografici più riconoscibili.  La sua immagine identifica subito la rappresentazione di un Santo, di Cristo stesso, ma anche della Madonna. Può essere crocesegnata (ossia dotata di croce), per esempio nelle rappresentazioni di Cristo, oppure semplice, come nei santi. Come elemento figurativo, la sua origine è stata codificata iconograficamente fin dagli albori della figuratività cristiana, ovvero nel IV secolo. 

Gli esempi del Mausoleo di Sant’Elena a Roma e della Chiesa di San Vitale a Ravenna (IV e VI sec.)

Testimonianza preziosa e paradigmatica sono, ad esempio, i due mosaici delle calotte absidali del Mausoleo di Santa Costanza a Roma. Si tratta di un cimelio architettonico costruito attorno alla metà del IV secolo per la sepoltura della figlia di Costantino. Nei due mosaici, parzialmente restaurati e tra i pochi ad essersi conservati delle volte, si trovano due rappresentazioni di Cristo. La prima lo vede seduto sul Globo, mentre consegna le chiavi del Regno dei Cieli a Pietro (traditio clavium).

La seconda, invece, lo identifica giovane e apollineo mentre si erge sul monte da cui sgorgano i quattro fiumi dell’Eden, consegnando a Paolo la parola/legge della Nuova Alleanza (traditio legis). In entrambe le rappresentazioni musive, che costituiscono alcuni dei primi esempi di iconografia cristiana a Roma, il volto di Cristo è circonfuso da un’aureola blu-azzurra. Quest’ultima conferisce e immediatamente attribuisce alla figura un alone di divinità, disancorandolo dalla contingenza terrena e proiettandolo nella dimensione del trascendente.

Traditio clavium (a dx) e traditio legis (a sx) in due calotte del deambulatorio del Mausoleo di Santa Costanza a Roma (IV secolo)

L’aureola è anche regale

Talvolta, poi, sono i sovrani-imperatori stessi ad auto-rappresentarsi col capo circonfuso da aureola, come negli straordinari mosaici che arricchiscono il presbiterio della chiesa di San Vitale a Ravenna. Quest’ultimo, databile al secondo quarto del VI secolo, raffigura, tra gli altri, anche i ritratti degli imperatori Giustiniano e della moglie Teodora, entrambi corredati da aureola dorata. 

L’imperatrice Teodora (a sx), moglie dell’imperatore Giustiniano (a dx), in due mosaici del presbiterio della Chiesa di San Vitale a Ravenna (VI secolo)

Entrambi gli esempi, sebbene distanziati da ben due secoli, testimoniano alle origini del Cristianesimo ufficiale (ossia istituzionalizzato in una ecclesiae) un’iconografia dell’aureola già compiutamente codificata diffusa. 

I primi esempi figurativi di aureole

Sebbene, come detto, l’aureola costituisca un inconfondibile attributo iconografico cristiano, non è però nel Cristianesimo (che del resto si istituzionalizza nei primi secoli d.C.) che affondano le radici della sua nascita. Queste infatti, come del resto molti altri aspetti della liturgia e religione cristiana, devono essere rintracciate ben prima della nascita del Cristianesimo stesso. 

Tale scelta figurativa risale a diversi secoli, se non millenni prima di Cristo.  Consiste nel rappresentare divinità (qualora queste potessero essere rappresentate) inscritte, totalmente o parzialmente, in aloni di luce funzionali a proiettare le figure in dimensioni ultraterrene ed evocarne la natura divina.

Per esempio, nella pittura parietale egizia, il dio Ra è quasi sempre rappresentato con un disco solare situato sopra il suo capo e inglobato da un cobra. In questo caso dunque, nelle rappresentazioni di Ra, il disco solare  ha soprattutto la funzione di rappresentare l’attributo del sole, di cui Ra, secondo la cosmologia egizia, era il dio referente. 

Rappresentazione di Ra e Imentet (a sx.) sulle pareti della tomba di Nefertari nella Valle delle Regine a Luxor (Egitto)

Quando l’aureola era ancora una corona raggiante

Tuttavia, per poter conoscere i primi veri esempi di aureole, occorre risalire alle prime rappresentazioni della divinità di Mitra. Questa è nata in origine dallo Zoroastrismo (dal profeta Zarathustra, o Zoroastro) e successivamente, soprattutto presso l’Impero Romano, si è costituita come divinità indipendente e inscritta in uno specifico culto (quasi monoteista), detto appunto Mitraismo.

Nella fase imperiale soprattutto, il Mitraismo divenne la religione dominante dell’ecumene (sebbene non la sola) e poi concorrente al Cristianesimo delle origini. Quello che interessa rilevare però è che, in quanto dio solare e dunque simbolo di vita, anche nelle rappresentazioni di Mitra, la divinità venne ben presto corredata con attributi iconografici quali, per esempio, una “corona” raggiante. 

Rappresentazione di Mitra come Sol Invictus su un disco argenteo romano

Un simbolo trasversale della divinità tra Occidente e Oriente 

Possono forse essere questi i primi significativi antecedenti dell’iconografia dell’aureola? Ben presto questa divenne un vero e proprio simbolo trasversale adottato in molte altre religioni di origine orientale. Forse la sua adozione è legata all’efficacia visiva con cui riesce a restituire allo sguardo un immediato riferimento alla dimensione trascendente e/o spirituale. Dapprima adottato nel Cristianesimo, questo riferimento venne poi, attraverso scambi culturali, trasmesso anche ad altre religioni orientali, tra le quali il Buddismo. 

Sotto questo profilo appare infatti singolare che proprio negli stessi secoli in cui l’iconografia cristiana si codifica (tra il IV e il VI secolo), l’adozione dell’aureola come attributo iconografico si manifesta anche in diverse rappresentazioni buddiste in area cinese. Come si spiega questo utilizzo pressoché contemporaneo dell’aureola come attributo figurativo del divino, in due religioni così distanti e appartenenti a mondi diversi?

La chiave di volta è costituita ancora dal Mitraismo. 

Reliquiario di Bimaran, I sec. d.C. circa

Il Mitraismo è la chiave di lettura

Per comprendere infatti la trasmissione di tali scelte figurative tra la cultura latina e quella asiatica, occorre risalire al primo secolo d.C. Per precisione quando gli Indo-sciti (popolazioni nomadi originarie dell’attuale Iran, dove lo zoroastrismo e con lui il Dio Mitra ebbero origine) e alcune popolazioni dell’Impero Kusana (originario dell’attuale Afghanistan), invasero e conquistarono alcuni territori degli attuali Pakistan e India. Portarono dunque  con sé e trasferirono alle popolazioni conquistate alcuni tratti della loro cultura e della loro religione, tra cui anche il Mitraismo con i rispettivi attributi iconografico-rappresentativi.

Nella latinità mediterranea, dunque, l’iconografia di Mitra avrebbe influenzato parzialmente quella cristiana. Parallelamente, attraverso un processo di osmosi culturale, la medesima iconografia veniva trasmessa anche alle culture e alle religioni orientali (Pakistan, India meridionale e, attraverso questa, la Cina), tra le quali anche il Buddismo. Questo processo pare avvenne precocemente, come testimonia il celebre reliquiario di Bimaran (città al confine con il Pakistan), databile al primo secolo d.C.

Dipinto cinese raffigurante Buddha (al centro)

Ci sono poi altre importanti manifestazioni figurative del Buddismo, quali ad esempio alcune statue di Buddha risalenti al II sec. d.C. e oggi conservate al Tokyo National Museum. Oppure ancora diverse pitture cinesi raffiguranti Buddha sempre con il capo circonfuso da aureola.

Insomma, dalla pur brevissima disamina effettuata, ci si rende conto di quanto la cultura occidentale e quella orientale, dopo tutto, non siano poi così distanti. In questo senso, le testimonianze figurative nate dalle rispettive pratiche cultuali e religiose ne costituiscono un memorandum preziosissimo. 


FONTI

BBC

Pescio C. (a cura di), Dossier Arte vol. 1 – Dalla Preistoria al GoticoGiunti

CREDITS

Copertina

Mosaici del Mausoleo di Santa Costanza: traditio clavium & traditio legis

Teodora e Giustiniano nei mosaici di San Vitale a Ravenna

Pittura egizia Ra 

Disco argenteo romano

Reliquiario di Bimaran 

Pittura cinese di Buddha

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