“Si vive una volta sola”, Verdone ci prova ancora

In un periodo turbolento per il cinema, traumatizzato a livello artistico ed economico dalla crisi causata dalla pandemia mondiale di Covid-19, torna sui grandi schermi, anche se in realtà solo figurativamente, Carlo Verdone con Si vive una volta sola.

Il film, che tenta di riportare il sorriso agli spettatori della penisola, è stato distribuito in sole tre sale a Roma e successivamente ha fatto capolino su Prime Video. Nonostante un trailer accattivante, però, la commedia non ha riscosso particolare successo tra critica e pubblico. Come mai? Siamo difronte all’ennesimo spento strascico del regista romano o il pubblico è stato eccessivamente severo?

Dalla sala operatoria alle spiagge della Puglia

Si vive una volta sola ci proietta nelle vite professionali e non di un gruppo di medici e amici, il cui cuore pulsante è proprio Verdone nei panni del rinomato chirurgo di fama mondiale Ubaldo Gastaldi. Questi è tanto protagonista in sala operatoria, quanto attore di contorno nella vita della figlia soubrette che incarna lo stereotipo della ragazza pronta a tutto per fare carriera, tra vesti succinte e appuntamenti con Onorevoli.

Al fianco del professor Gastaldi troviamo il suo fedele assistente Pezzella, interpretato da un Max Tortora un po’ opaco rispetto alle ultime prestazioni brillanti che abbiamo potuto ammirare ne Il Regno e Tutta colpa di Freud – La serie. La vita di quest’ultimo è quella del donnaiolo dedito al tradimento, un personaggio in antitesi con quello di Lucia, la strumentista interpretata da Anna Foglietta, che invece è costantemente vittima di relazioni sbagliate. Per finire troviamo Rocco Papaleo nei panni dell’anestetista Lasalandra.

Proprio Lasalandra sarà al centro dell’intreccio narrativo del film. Questi è vessato in continuazione dagli scherzi degli altri tre amici, che con il tempo hanno sempre più perso la misura del contegno. Tra portafogli nascosti, improvvisate casalinghe volte a rovinare i suoi appuntamenti amorosi e auto consegnate nelle mani dei vigili urbani, l’anestetista raggiunge il limite della sopportazione.

Come se non bastasse, durante un controllo di routine dell’intera equipe gli viene diagnosticato un cancro incurabile. Questo evento spinge Gastaldi, Pezzella e Lucia a riconsiderare le proprie azioni e ad organizzare una vacanza con Lasalandra per comunicargli la notizia e regalargli un ultima grande avventura. La Puglia sarà il teatro di questo viaggio on the road e tra le sue bellezze ognuno dei protagonisti dovrà affrontare la dura realtà della propria vita lontana dalla sala operatoria.

Dramma, comicità e tanta polvere

Si vive una volta sola inizia in maniera discretamente frizzante, con un gruppo di amici, interpretati da attori di un certo nome in possesso di grande versatilità, potenzialmente in grado di regalare delle interessanti dinamiche comiche. Eppure la verve che contraddistingue i primi minuti, caratterizzati dagli spietati scherzi ai danni di Lasalandra, si perde rapidamente. Proprio nel momento in cui Gastaldi e co. abbandonano l’ambiente ospedaliero, il film inizia a perdere di mordente.

La nuova chiave di lettura delle dinamiche tra i dottori, non più scanzonate ma volte a una riflessione più profonda sul tempo e sulla vita, potrebbe anche funzionare. Senonché tali riflessioni risultino spesso eccessivamente banali. L’incentivo costante è quello a cogliere l’attimo, ma le situazioni che ci vengono poste davanti agli occhi non riescono ad essere abbastanza complesse da portarci a pensare al senso della vita, né sono abbastanza comiche o controverse da suscitare la giusta dose di ilarità.

La pellicola di Verdone si inserisce purtroppo nel filone sbiadito degli ultimi film del regista e attore romano, che purtroppo da Io, loro e Lara del 2010, vive di pochi alti e molti bassi, non riuscendo a raggiungere i picchi di originalità ed estro dei suoi primi lavori.

In Si vive una volta sola il ricercato tentativo di commistione tra commedia e dramma, tipico della commedia italiana degli anni Settanta e Ottanta, risulta polveroso e controproducente, poiché non rende chiara l’identità e le intenzioni della pellicola. Persino il colpo di scena finale, su cui ruota l’intero intreccio della storia, appare “telefonato”. Lo spettatore, capita la natura del rapporto tra il trio capitanato da Verdone ed il povero Lasalandra, non può non dedurre che la storia della malattia terminale sia in realtà una vendetta dell’anestetista. Da qui ogni gesto di quest’ultimo viene visto con sospetto e in attesa della scontata rivelazione.

Non mollare Verdone

Da Si vive una volta sola ci si aspettava decisamente di più. Con Verdone, Tortora, Papaleo e la Foglietta come protagonisti era lecito avere determinate aspettative. Invece purtroppo nemmeno il carisma attoriale, che spesso aiuta questo genere di film ad ottenere quantomeno la sufficienza ai voti, è riuscito a tenere testa a una trama troppo banale. Il colpo di grazia lo assesta poi un product placement decisamente sfacciato e fastidioso. A Carlo Verdone gli si vorrà sempre bene e ogni volta gli si concederà un’altra occasione, tuttavia questa volta la bocciatura appare purtroppo inevitabile.


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