Tattilismo: Marinetti e il bisogno di una nuova sensibilità

Il 14 gennaio 1921 Filippo Tommaso Marinetti presenta al pubblico del Theatre de l’Oeuvre di Parigi la sua ultima scoperta: il tattilismo. Oggi, a cento anni dalla sua presentazione al pubblico, il manifesto di questo nuovo campo di ricerca del futurismo viene ripubblicato dalla casa editrice Fve editori in un volume che contiene non solo la sua prima versione, ma anche la quarta edizione pubblicata su «L’Ambrosiano» nel 1924 e un manifesto della prima fase del futurismo, Lo splendore geometrico e meccanico e la sensibilità numerica (1914) con illustrazioni di Francesca Bianchessi.

Il manifesto del 1914 appartiene al periodo delle parole in libertà, quello stile letterario inventato proprio da Marinetti che distruggendo la sintassi, eliminando la punteggiatura e più in generale non tenendo in conto nessuna regola tradizionale, vuole ottenere una sintesi immediata della realtà. Esplorare le pagine che descrivono questa “nuova bellezza”, lo splendore geometrico e meccanico appunto, è importante per capire come il tattilismo rappresenti sì un cambiamento nella sensibilità futurista, ma un mutamento in un certo senso annunciato.

Tattilismo: definizioni, classificazioni, esperimenti

Cos’è quindi il tattilismo? Potremmo definirlo come una particolare sensibilità percettiva, un diverso modo di intendere la realtà che potrebbe persino diventare una cura per la “malattia del dopoguerra. Marinetti espone le sue riflessioni: dopo il periodo bellico la maggioranza “più rozza e più elementare” degli uomini ha il solo scopo di conquistare un maggiore benessere commerciale, mentre la minoranza “di artisti e pensatori” manifesta i sintomi di un male profondo derivato dallo sforzo tragico del conflitto. Di conseguenza, la maggioranza si affida al sogno del paradiso comunista, mentre la minoranza disprezzando quell’ideologia e non potendo più rifugiarsi nelle “gioie antiche della Religione, dell’Arte e dell’Amore […] intenta un processo alla Vita, di cui non sa più godere, e si abbandona ai pessimismi rari, alle inversioni sessuali e ai paradisi artificiali“.

Davanti a ciò Marinetti vuole gridare: La Vita ha sempre ragione! e invita la minoranza di artisti a guarire dalla loro malattia distruggendo “le distanze e le barriere che li separano nell’amore e nell’amicizia“, manifestazioni essenziali della vita. Resta un problema: “gli esseri umani si parlano con la bocca e con gli occhi, ma non giungono ad una vera sincerità, data l’insensibilità della pelle, che è tutt’ora una mediocre conduttrice del pensiero.[…] Da ciò la necessità di trasformare la stretta di mano, il bacio e l’accoppiamento in trasmissioni continue del pensiero”, da ciò quindi la necessità del tattilismo.

Marinetti stabilisce una “scala di valori tattili pel Tattilismo, o Arte del tatto“, divisa in sei categorie, le prime quattro caratterizzate da “tatti diversi”, le ultime due dai volumi. La prima per esempio è quella del “tatto sicurissimo, astratto, freddo” e comprende materiali come la carta vetrata e la carta argentata, la seconda è quella del “tatto senza calore, persuasivo, ragionante” che comprende la seta liscia e il crespo di seta. È come se Marinetti cercasse di creare una classificazione scientifica o una regola grammaticale in grado di costruire il punto di partenza per la comunicazione attraverso il tatto.

Da queste regole nascono le tavole tattili in cui i valori tattili si alternano in combinazioni armoniche o antitetiche. Le mani devono essere lasciate libere di vagare su di esse realizzando “uno svolgersi di sensazioni suggestive“. Marinetti porta come esempio una sua creazione, la tavola tattile Sudan-Parigi: la tavola presenta valori tattili rozzi, untuosi, ruvidi, pungenti e brucianti nella parte del Sudan, valori sdrucciolevoli, metallici e freschi per il mare e valori morbidi, delicatissimi, carezzevoli per rappresentare Parigi. Ci sono poi tavole tattili “per sessi diversi su cui le mani di un uomo e una donna possono vagare contemporaneamente per valutare insieme il loro viaggio tattile. Ma la ricerca del tattilismo non si ferma alle tavole, l’aspirazione tipicamente futurista a un’arte totale prevede infatti che il fenomeno si allarghi: cuscini tattili, divani tattili, camicie e vestiti tattili, stanze tattili, vie tattili e teatri tattili.

La nascita del tattilismo

L’esperienza della Prima guerra mondiale è fondamentale per questa scoperta che viene fatta proprio in una trincea: “Una notte dell’inverno 1917 scendevo tastoni nel sotterraneo buio di una batteria di bombarde per raggiungere senza candela il mio giaciglio. Mi preoccupavo di non urtare ma urtavo baionette, gavette e teste di soldati dormienti. Mi coricai, ma non dormii, ossessionato dalle sensazioni tattili che avevo provate e catalogate. Quella notte per la prima volta pensai a un’arte tattile“.

Così, a guerra finita, Marinetti crea la sua prima tavola tattile. È il 1920 e siamo ad Antignano, “dove la via Amerigo Vespucci scopritore d’Americhe s’incurva costeggiando il mare” e mentre “sulle officine occupate dagli operai garrivano bandiere rosse“, Marinetti è nudo “nell’acqua di seta“, “nel mare flessibile d’acciaio” e lo scalda il sole “con le sue lunghe fiamme torrefacenti“. Una ragazza del popolo osservando la tavola tattile dice: “Si diverte a fare delle barchette!“, Marinetti, forse un po’ pomposamente, risponde: “Sì, costruisco un’imbarcazione che porterà lo spirito umano verso paraggi sconosciuti“.

Nella sua ricerca di una sensibilità tattile Marinetti conosce però alcune difficoltà pratiche, occorre infatti educare il proprio tatto e per questo Marinetti propone tre metodi: tenere inguantate le mani per molti giorni così che il cervello si sforzi di condensare in esse i desideri di sensazioni tattili diverse, nuotare sott’acqua del mare cercando di distinguere le diverse correnti, enumerare ogni sera tutti gli oggetti presenti in una camera da letto completamente buia.

Influenze femminili

L’idea di una sensibilità tattile, tuttavia, non nasce da Marinetti. Come spiegato da Valentina Ferri nella preziosa prefazione dell’edizione di Fve editori, probabilmente fu sua moglie a influenzarlo. Benedetta Cappa, infatti, aveva lavorato in una scuola di San Lorenzo e per questo conosceva il metodo Montessori che includeva giochi per lo sviluppo infantile attraverso l’educazione polisensoriale. Marinetti stesso nella quarta edizione del manifesto attribuisce la scoperta del tattilismo a Rachilde, pseudonimo di Marguerite Eymery, scrittrice francese i cui romanzi facevano scandalo per tematiche considerate scabrose come il rovesciamento di genere e il sadomasochismo.

Valentina Ferri ricorda inoltre che furono in particolare due donne futuriste ad adoperarsi nell’applicazione del tattilismo: Růžena Zátková e Eva Kuhn che si dedicò in particolare al teatro tattile, è a lei che Marinetti si riferisce come “il futurista Maga”. A questo proposito Claudia Salaris ha notato come l’influenza delle donne sull’invenzione del tattilismo oltre che materiale sia anche ideale: il recupero della tangibilità del corpo, del contatto umano e della condivisione contro la logica e l’astrazione del pensiero precedente sembrano prerogative tipicamente femminili.

Perché il tatto?

Il tatto, tra tutti i sensi, non viene scelto a caso da Marinetti, secondo Umberto Artioli infatti il tatto è la metafora di una sensibilità più complessa. Quello che Marinetti sta cercando di fare con il tattilismo è uscire da quella dimensione artistica dominata dall’intelligenza analitica per arrivare a una integrazione di tutti i sensi, l’intelligenza analitica infatti non è in grado di offrirci una consapevolezza sensoria del tutto come può fare invece una modalità sinestetica quale la tattilità. Come spiega Artioli: “Contrapporre il tatto alla vista significa contrapporre la forza alla forma, la totalità al segmento, la continuità al discontinuo, la globalità dinamica del gesto alla divisibilità della sequenza“.

In questo senso il tattilismo può essere visto come il punto di arrivo e di compimento di una serie di idee che avevano già radici profonde nel movimento, Marinetti stesso ammette che “nella letteratura e nella plastica esiste da molto tempo una sensibilità tattile“. Il merito di Marinetti è piuttosto quello di aver riferito questa sensibilità in modo trasversale a tutto il pensiero futurista e quindi alla realtà, più che a una singola arte.

Già nel 1911 Boccioni aveva creato una scultura, Fusione di una testa e di una finestra, che ispirò poi Marinetti nella sua ricerca tattilista; il poeta infatti ricorda una conversazione con il collega: “questo complesso plastico, mi diceva, è fatto per essere non soltanto visto, ma anche palpato“. L’abolizione di una linearità logica e la simultaneità sono anch’esse già presenti nella ricerca del movimento: nel 1912 Boccioni, Carrà, Russo, Balla e Severini nel Catalogo delle Esposizioni di Parigi, Londra, Berlino, Bruxelles, Monaco, Amburgo, Vienna, ecc. dichiaravano “La simultaneità degli stati d’animo nell’opera d’arte: ecco la meta inebriante della nostra arte“.

Il tattilismo e Bruno Munari

Marinetti bruno munaridunque non è stato il primo, ma nemmeno l’ultimo a sperimentare con le potenzialità del tatto. Bruno Munari infatti è forse ancora più famoso di Marinetti per la creazione di tavole tattili e più in generale di oggetti di cui si doveva fare esperienza attraverso questo senso. La ricerca di Munari in particolare è legata ai bambini, come lo era già quella di Maria Montessori.

Secondo Munari “tutti gli umani al momento della nascita, sono forniti di un apparato plurisensoriale, per natura. Col passare degli anni, gran parte di questo apparto viene atrofizzato perché l’individuo, per lo sviluppo della conoscenza, dà la prevalenza alla logica e alla letteratura. Occorre attivare di nuovo questo apparato che ci fa conoscere scale di valore tattili, sonori, termici, materici, di durezza e di morbidezza, di ruvidità e di levigatezza, di impenetrabilità, di equilibrio e di staticità, di leggerezza e di pesantezza, di fragilità e solidità… tutti valori che spiegati a parole diventano argomenti complicatissimi e quasi incomprensibili”.

La conoscenza di questi valori è importante nella formazione del bambino perché questo diventi un adulto creativo, in grado di interfacciarsi con le difficoltà della realtà in modo sempre nuovo.

Questo ci fa comprendere la grande importanza che il tattilismo può avere ancora oggi: non solo perché, come dice Valentina Ferri, “la Grande Guerra ha rivelato un’umanità non dissimile da quella di oggi“, tra la semplice preoccupazione per il proprio benessere materiale e un pessimismo senza speranza, ma anche perché la nostra realtà è sempre più complessa e necessità di mezzi sempre nuovi e sempre diversi per conoscerla e il tattilismo può essere uno di questi mezzi, un’imbarcazione in grado di traghettarci mentre ci aggiriamo per paraggi sconosciuti.


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