“Spring Tide”, le ferite di un caustico rapporto madre-figlia

Immaginate di essere, a tarda sera, sulle coste di un lago dell’entroterra cinese. Vi siete tolti le scarpe e avete iniziato a camminare nei primi centimetri d’acqua. La sensazione è quella di un tiepido conforto che sembra rilassare la mente. Nonostante questo non riuscite a trovare una piena serenità. Sentite in lontananza il caos della grande metropoli e mille voci che non vi lasciano mai soli. Mai liberi. Vi sentite allora trascinati verso il centro del lago e quello che poteva essere un conforto, diviene un peso sulle caviglie che vi trascina dove non volete andare. Questo incredibile vortice di emozioni contrastanti è ciò che genera Spring Tide, film di Tian Yi Yang.

Le ferite di tre donne

Guo Jinbiao è una giornalista affermata, dedita a inchieste scomode e d’impatto, incapace tuttavia di dare una svolta decisa alla propria vita. Quest’ultima oscilla, senza continuità, tra lavoro, relazioni segrete e il difficile ruolo di madre single per la piccola Wanting.

La maternità è, infatti, un tasto dolente per la donna che non riesce a esprimere al meglio il proprio affetto: ciò è dovuto al complicato rapporto che ha avuto in passato con i propri genitori. La figlia di Jinbiao è una ragazzina brillante ed irriverente, del tutto conscia della difficile situazione in cui è costretta a crescere. Economicamente la sua vita risente degli alti e bassi economici della madre ed emotivamente accusa le sue troppe assenze. Fin da bambina è stata sempre accudita dalla nonna Ji Minglan, madre di Jinbiao, con la quale questa possiede un  rapporto freddo e privo di emotività.

Minglan è una donna di altri tempi. Sono evidenti le sue manie di protagonismo all’interno della piccola comunità in cui vive e il legame fanatico alle tradizioni di una Cina vista come sacra e indiscutibile. Il fattore politico è un argomento delicato e il suo cieco fervore per la Repubblica Cinese è un altro punto di collisione con Jinbiao. Minglan ha sempre imposto con forza il potere del suo ruolo materno. A farne le spese è stata prima la figlia, poi la nipote. Da qualche tempo ha intrapreso una nuova relazione con un uomo e tramite questa veniamo a conoscenza delle presunte nefandezze del padre di Jinbiao, che lei ha allontanato quando questa era ancora una bambina. La verità però sembra essere diversa quando la storia verrà raccontata dalla stessa Jinbiao.

Affetti al vetriolo

Il conflitto è la base del rapporto tra le tre figure femminili, che convivono a fatica sotto lo stesso tetto. La costruzione del film da parte del regista pone lo spettatore all’interno delle contorte dinamiche familiari e fa sì che questi possa assaporare al meglio l’amarezza di affetti logori che, principalmente per volere di Minglan, si celano dietro un’apparenza di serenità e quieto vivere.

La casa in cui nonna, madre e figlia vivono altro non è che una polveriera, che puntualmente esplode in occasione dell’ennesimo litigio tra le parti. Tutto ciò porterà Jinbiao e Wanting a lasciare più volte la dispotica anziana, dalla quale però saranno spesso costrette a fare mestamente ritorno.

Qui vengono messe in mostra tutte le lacune di Jinbiao nel ricoprire il ruolo di madre. Un “lavoro” che ama ma a cui non riesce a dedicare il giusto tempo, rischiando di recidere inesorabilmente il legame con Wanting, ormai quasi più legata alla nonna che a lei. Il rancore è ciò che anima questa storia e la sua profondità la comprendiamo appieno solo in occasione di un malore che porta Minglan in ospedale, in condizioni comatose. Una notte Jinbiao si reca a trovarla e, guardando attraverso una finestra, inizia un monologo in cui porta alla luce tutte le falsità e le menzogne della madre riguardo lei e suo padre. Riaffiorano poi dolci ricordi e vediamo il riconoscimento della sua figura come unica e vera famiglia per la donna.

Un dramma da capire

La storia che ci viene raccontata da Tian Yi Yang è un complesso dramma familiare che parla tanto del fattore umano, quanto di quello storico e politico. Le sfumature sono ben celate ma evidenti nei passaggi chiave della pellicola. Spring Tide non parla solo di tre donne, ma racconta tre visioni diverse della stessa Cina. Da quella più dogmatica, richiamata dalle canzoni di Mao Tse-tung intonate da Minglan, a quella più controversa e mutevole, che risiede nell’animo ferito di Jinbiao. Da questo scenario risulta avulsa la figura maschile, che vive ai margini della vicenda ed è una mera comparsa, quasi dimenticata. Persino il padre di Jinbiao, persona cruciale nel suo passato, vive sotto forma di ricordo all’interno di poche frasi e non è diviene mai il protagonista assoluto degli alterchi tra lei e Minglan.

La prolissità nell’incedere delle vicende è tuttavia un aspetto da non sottovalutare nell’approcciarsi a questa pellicola. A un occhio poco “allenato”, Spring Tide può risultare di difficile fruibilità proprio a causa della sua estesa durata e della sua profonda ricerca del realismo dell’elemento umano.

Il film presenta svariati momenti “morti” in cui lo sviluppo narrativo si prende delle pause, dilatando i tempi della storia. A tenere banco sono senza dubbio le prestazioni attoriali delle attrici protagoniste, che colmano questi vuoti con la propria forte presenza scenica. Lo spettatore è proiettato attraverso una finestra, dentro la vita di una famiglia comune, che soffre e non comunica, finge ma non si ama. Un intreccio di affetti caustici reale, violento e delicato.

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