“The Imitation Game”: un solo genio, un genio solo

Uscito nelle sale cinematografiche nel 2014 e diretto da Morten Tyldum, The Imitation Game racconta la vita del grande Alan Turing, matematico e crittoanalista britannico, da sempre considerato tra i padri dell’informatica. Guadagnatosi il plauso di pubblico e critica internazionali la pellicola ha trionfato al festival internazionale di Toronto come miglior film, per poi essere candidato a 9 BAFTA, 5 Golden Globe e addirittura 8 premi Oscar, aggiudicandosi quello alla migliore sceneggiatura non originale.

Un quadro che nel complesso ben fotografa la brillantezza di un ottimo prodotto cinematografico e sottolinea il pregio di molte sue componenti.

Alan Turing: il genio a servizio del mondo

File:The Imitation Game.jpg - Wikipedia

Attraverso la tecnica del flashback Morten Tyldum rievoca alcuni anni della vita di Alan Turing, soffermandosi in particolare sulla parentesi temporale che lo vide al servizio del paese durante la seconda Guerra Mondiale. Nel bel mezzo del conflitto il celebre matematico viene infatti incaricato di decrittare i messaggi segreti dei nazisti, codificati quotidianamente con l’aiuto di una macchina chiamata Enigma. Una mission impossible in piena regola per tentare di vincere la guerra; una sfida che Alan raccoglie con grande entusiasmo e voglia di mettersi alla prova.

Alan Turing è però un genio scontroso, ben poco disposto alla socialità e al lavoro di squadra. Caratteristiche che lo mettono in seria difficoltà quando scopre di dover collaborare all’operazione insieme ad altri brillanti colleghi matematici.

Il film registra la trasformazione del genio, evidenziando una parabola di vita che lo vede affrancarsi per un momento dalla solitudine e diventare parte di un gruppo vincente, capace, secondo le stime, di permettere alla Gran Bretagna di vincere la guerra e salvare circa 14 milioni di vite.

Sono le persone che nessuno immagina che possano fare certe cose quelle che fanno cose che nessuno può immaginare

Genio e solitudine

La storia di Alan Turing, creatore del primo computer e mente rivoluzionaria, è però una storia di estrema solitudine.
La breve parentesi al servizio della Gran Bretagna, fatta di iniziali difficoltà ma anche amicizie, nuovi rapporti e lavoro di squadra, non serve e non riesce a celare un’inquietudine intrinseca in Alan fin dall’adolescenza. Costretto a nascondere la sua omosessualità, il suo vero io, Alan vive una vita miserabile, in perenne e carente equilibrio tra la sregolatezza del suo ingegno e il disprezzo per se stesso impostogli dalla società. Una solitudine che pervade un animo già tormentato e instabile, mitigata in parte da alcuni fondamentali incontri, ma pronta a ricoprire con il suo manto di oscurità la vita di un uomo abbandonato a se stesso, alle sue “perversioni”, alla castrazione chimica, a un destino ingiusto e freddamente ingrato.

Un immenso Benedict Cumberbatch

Ad elevare una già ottima ed accurata pellicola, vanno registrate le ottime interpretazioni di protagonisti e comprimari.  Charles Dance è un ottimo comandante Denniston, arcigno, cinico quanto basta e decisamente pragmatico, nel rispetto di un ruolo decisivo nell’organizzazione militare del paese. Buona anche la prova di Matthew Goode nei panni del geniale Hugh Alexander, campione nazionale e maestro di scacchi a capo dell’operazione segreta. Un personaggio controverso che alterna atteggiamenti di pura spavalderia a una grande professionalità, figura di spicco all’interno della squadra e uomo leale.

A prendersi l’intero palcoscenico è però la coppia di protagonisti, giustamente sotto le luci della ribalta e candidati a molteplici premi. Una straordinaria Keira Knightley presta il volto alla brillante Joan Clarke, compagna instancabile di Alan; unica persona davvero vicina al matematico, sua confidente, donna sensibile e altruista.
Al suo fianco troneggia un immenso Benedict Cumberbatch, autore dell’ennesima magistrale interpretazione. L’attore riesce in una formidabile prova attoriale, consegnando al pubblico un Alan Turing perfetto, senza sbavature, colmo di incertezze e immerso in una lacerante solitudine interna.

The Imitation Game | Ann Giles | Flickr

Desplat e Tyldum

Ad arricchire e completare al meglio il progetto di Tyldum è la colonna sonora composta da Alexandre Desplat. Una musica che parla al cuore dello spettatore, sottolineando la tensione di alcune sequenze e la profonda dimensione intima di altre. Melodie azzeccate al servizio di una regia pulita e convincente, ennesime conferme di una pellicola riuscita sotto ogni punto di vista.

Una pellicola accurata, dal grande potenziale espressivo, in grado di scavare all’interno  dell’inquietudine umana e consegnarci una fotografia di trionfo e insieme riflessione amara; una fotografia di un uomo che ha cambiato il mondo, di un genio salvatore sfruttato e poi abbandonato all’oblio di una tragica fine.

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