La voce di Amanda Gorman, una tradizione poetica e politica che continua

Mercoledì 20 gennaio 2021 la giovane poetessa Amanda Gorman ha emozionato la platea dell’inaugurazione della Presidenza Biden declamando la sua The Hill We Climb, composta per l’occasione. Non è la prima volta nella storia degli USA che l’incarico di un presidente inizia sospinto dai versi di un poeta, tanto che questa particolare quanto affascinante tradizione ha accompagnato ben sei cerimonie presidenziali. Un evento molto particolare e unico che porta a interrogarsi circa il rapporto tra letteratura e politica, e su quanto le due arti si sappiano legare tra loro.

Nella storia contemporanea

Nel 1961 il poeta di fama mondiale Robert Frost salì sul palco pronto a recitare un suo componimento per celebrare un’elezione destinata a restare nella storia: quella di John Fitzgerald Kennedy.

Fu proprio il giovane presidente democratico a dare inizio a questa tradizione, invitando il suo autore preferito a declamare una poesia per l’occasione. Frost, ormai anziano, essendo nato nel 1874, recitò a memoria The Gift Outright, dato che non riusciva a leggere il testo scritto appositamente per l’occasione. Il vincitore di quattro premi Pulitzer per la poesia e autore, tra le decine di opere, dei famosi versi di The Road Not Taken, fu così il primo poeta in questa inedita veste, entrando nella storia della politica statunitense.

Per assistere nuovamente, però, alla presenza di un poeta alla celebrazione inaugurale presidenziale occorrerà attendere l’insediamento di Bill Clinton nel 1993: da questa data in poi tutti i presidenti democratici successivi seguiranno la tradizione lanciata da Kennedy e Frost, rendendo la poesia un elemento centrale della cerimonia.

Il 42° presidente degli Stati Uniti scelse i poeti Maya Angelou nel 1993 e Miller Williams nel 1997. Angelou, in particolare, che segnò il ritorno della poesia sul palco del Campidoglio, fu una portavoce della cultura afroamericana e un’importante attivista per i diritti civili, capace di portare avanti, oltre alla propria carriera di scrittrice e poetessa, le istanze di centinaia di migliaia di cittadini ignorati dalle istituzioni.

Dopo la parentesi della presidenza Bush, il successore democratico alla Casa Bianca riprese la tradizione: con Barack Obama prima Elizabeth Alexander e poi Richard Blanco declamarono i loro componimenti appositamente scritti per l’occasione. Quella che era iniziata come un’eccezione alla cerimonia consueta si è affermata negli anni, tanto che anche il neo presidente Joe Biden ha continuato la tradizione dei democratici.

E nell’attualità immediata

La più giovane poetessa inaugurale della storia degli Stati Uniti, nata nel 1998 a Los Angeles e cresciuta dalla sola madre, ha colpito il mondo intero con le sue parole e la sua performance.

Nel 2017 Gorman è stata nominata dal bibliotecario del Congresso poetessa laureata, una particolare denominazione che consiste nell’indicare i poeti ufficiali della nazione, che, ricevendo un piccolo salario, presenziano ad alcune cerimonie ufficiali. Scelta dalla first lady Jill Biden, che aveva assistito a una sua precedente lettura in pubblico, Amanda Gorman ha lasciato il segno non solo per la profondità del suo testo, ma anche per la sua incredibile capacità magnetica di attrarre l’attenzione di chiunque. Una performance ipnotica che, con gesti comunicativi, gestione perfetta del ritmo e dell’intensità della voce e un abbigliamento abbagliante e curato, velocemente reso iconico anche dalla condivisione sui social, ha saputo fermare il mondo attorno a sé ad ascoltare quanto stesse recitando.

Il peso delle parole

In 723 parole la giovane poetessa di Los Angeles è riuscita a descrivere gli Stati Uniti del 2021, un paese “not broken but simply unfinished“, che necessita, dopo gli anni turbolenti e divisivi della presidenza Trump, di riscoprirsi unito, speranzoso, aperto al futuro.

Il testo del componimento era già quasi completo quando gli eventi di Capitol Hill hanno portato l’autrice a rimaneggiare fortemente quanto scritto, creando l’opera odierna. Una mescolanza di esperienze personali, tanto da parlare di sé come “a skinny Black girl descended from slaves and raised by a single mother“, e di richiami alla grande cultura democratica statunitense, una tradizione che può essere messa in difficoltà ma mai cancellata o distrutta.

Un testo che esorta a credere in un domani migliore, nella possibilità di superare le divisioni non cancellandole ma comprendendole: una vera rappresentazione di ciò che la politica dovrebbe essere. La conclusione ricorda i versi di una famosa canzone di Bruce Springsteen del 2002, The Rising, che, composta in seguito alla tragedia degli attacchi dell’11 settembre 2001, invitava il paese a trovare la forza di rialzarsi, compatto contro le avversità. Ora come allora il canto di un artista indica agli Stati Uniti, la strada da percorrere in uno dei momenti più bui della sua storia, lacerato dagli scontri interni e messo a dura prova dalla pandemia di Covid.

Poesia e politica

Per molti critici, comunque, politica e poesia non dovrebbero andare d’accordo. Eppure storicamente gli esempi di questa mescolanza sono molteplici, e più o meno felici e condivisibili. Non possiamo pensare agli intellettuali e ai poeti come uomini scevri di qualsivoglia ideale politico, sociale o ideologico, e, proprio in quanto artisti, spesso la loro opera può celebrare le proprie convinzioni etiche.

Il passaggio dall’appoggio a un determinato uomo politico all’idolatria propagandistica è, spesso, labile, eppure riconoscibile. Amanda Gorman e i suoi predecessori non inneggiano ai loro rispettivi presidenti in quanto individui, bensì agli ideali che essi dovrebbero o vorrebbero testimoniare con la loro azione politica. Secondo Richard Blanco la poesia ha un ruolo essenziale perché è capace di “guardare dietro l’astratto linguaggio delle argomentazioni politiche e arrivare a comunicare grandi verità a chi ascolta“.

Proprio lo stesso Blanco vede in Amanda Gorman un modello positivo cui, spera, i giovani possano ispirarsi. Una fiamma gialla di poesia e democrazia, simbolo di un Paese, e di un mondo, ansiosi di uscire a riveder le stelle, lasciandosi alle spalle anni bui e violenti.

Ciò che lunghi e complessi discorsi tecnici non riescono a comunicare può essere, invece, raccontato tramite poche, giuste, scelte parole in grado di fare breccia in chi ascolta. The Hill We Climb, e cosa ci aspetta al di là questo arduo promontorio? Il futuro del nostro tempo.

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