Impeachment: perché Trump non è stato assolto

«Non è colpevole per aver incitato l’insurrezione del 6 gennaio»: questa è la formula che è stata ufficialmente utilizzata per decretare la fine del secondo processo di impeachment intentato a Donald Trump, 45° presidente degli Stati Uniti d’America. Eppure, non si può parlare di assoluzione, così come invece molti fanno, quanto piuttosto di non-condanna.

Impeachment: funzionamento e limiti

La procedura di impeachment, traducibile eventualmente in italiano come “messa in stato d’accusa”, permette che titolari di cariche pubbliche, se ritenuti responsabili di atti illeciti nell’esercizio delle loro funzioni, possano essere rinviati a giudizio ed eventualmente sanzionati. Concentrandosi sulla normativa americana, la Costituzione, nella sezione 4 dell’articolo II, afferma:

“The President, Vice President and all Civil Officers of the United States, shall be removed from Office on Impeachment for and Conviction of, Treason, Bribery, or other high Crimes and Misdemeanors.”

“Il Presidente, il Vicepresidente e tutti gli ufficiali civili degli Stati Uniti saranno rimossi dall’incarico su Impeachment a causa di, e su condanna per, tradimento , corruzione o altri crimini e misfatti.”

La definizione molto vaga e generica di “altri crimini e misfatti” ha portato nel corso degli anni a diverse controversie interne agli ambienti politico e giuridico. Si esprimono sostanzialmente due grandi posizioni: quella estensiva e quella restrittiva. Chi sostiene la posizione restrittiva, ritiene che l’accusato possa divenire tale solo qualora il fatto da lui compiuto o il comportamento da lui tenuto siano inquadrabili in un illecito previsto da qualche norma, eventualmente anche non scritta (dato che il diritto anglosassone si basaanche sulle consuetudini). Chi invece sostiene la posizione estensiva, ritene che i diversi comportamenti sanzionabili possano essere molteplici, tra i quali anche gli atteggiamenti per estensione legati all’abuso di potere, non esattamente definito da alcuna norma giuridica. Nella maggior parte dei casi di impeachment l’accusa si è basata sulla posizione estensiva, la difesa ha invece fatto leva sulla posizione restrittiva. Le sanzioni contemplate, legate a una finale condanna dell’accusato, sono la rimozione dalla carica rivestita e l’interdizione dai pubblici uffici. In alcuni casi sono possibili anche degli ulteriori procedimenti penali e civili a carico dell’accusato.

Il secondo impeachment a Donald Trump

Sono note a tutti ormai le vicende che hanno portato alla seconda messa in stato di accusa per l’ex presidente degli Stati Uniti, Donald Trump. La Camera dei Deputati, alla quale spetta il diritto di presentare le accuse, ha elencato tra le colpe dell’ex POTUS “incitamento all’insurrezione” contro il governo degli Stati Uniti e a un'”azione illegale al Campidoglio”. Un processo a Trump che parte dalle sconvolgenti immagini dellassalto a Capitol Hill con un intento chiaro: capire fino a dove il Presidente uscente può essere ritenuto coinvolto nelle vicende.

Alla Camera dei Deputati la proposta, presentata ovviamente dalla parte democratica, è stata sostenuta anche da dieci deputati repubblicani, il che ha permesso un’approvazione con 232 voti favorevoli e 197 voti contrari. La palla è quindi passata al Senato, la camera alta, nella quale i Democratici possono contare cinquanta esponenti, al pari dei Repubblicani. Sette sono i senatori che si sono aggiunti alla compagine democratica, sostenendo con forza l’accusa e portando a 57 i membri a favore, ma non è stato sufficiente. La votazione della procedura di impeachment richiede che al Senato vi sia un’approvazione di due terzi dei membri totali, ovvero 67 voti.

Assolto o non condannato?

Perché allora non si può parlare di assoluzione, come molti impropriamente fanno? Sostanzialmente non è corretto farlo per due motivi: la natura del voto e la quantità dei voti contrari. Per quanto riguarda il primo punto, ai votanti non è richiesto di scegliere tra condanna o assoluzione, ma solamente di approvare o respingere una mozione di condanna: sappiamo che tra gli estremi condanna-assoluzione, tra il bianco e il nero, esistono molte sfumature, le quali non sono tenute in considerazione nella lettura più essenziale. Relativamente alla “quantità” dei voti contrari, ce ne sono stati 43. La Costituzione americana, tuttavia, richiede una maggioranza di due terzi in ciascuna camera perché la procedura di impeachment sia approvata, non è stata quindi sufficiente la maggioranza assoluta del Senato per cogliere il successo.

Eppure molti, sopratutto tra le fila democratiche, ma anche nel partito Repubblicano, pensavano che alla fine sarebbe anche potuto succedere che, in qualche maniera, si giungesse all’approvazione da parte di quei pochi (relativamente) senatori mancanti. Il leader dei senatori repubblicani, Mitch McConnell, uno dei politici più influenti all’interno della camera alta, fino a pochi giorni prima del voto si era schierato dal lato dei favorevoli, ma era poi ritornato sulle sue posizioni, fatto che è risultato evidente nel momento in cui, a poche ore dal voto, sono trapelate alcune sue e-mail inviate ai colleghi di partito nelle quali annunciava di voler votare a sfavore.

Lo stesso leader Gop ha sostenuto, in chiusura di seduta, dopo aver votato contro le accuse provenienti dai democratici, che

“Non c’è alcun dubbio che Trump sia praticamente e moralmente responsabile per ciò che è successo. E non solo per ciò che ha detto il 6 gennaio. Per settimane ha alimentato una crescente e spregiudicata propaganda fondata su una grande bugia, cioè che le elezioni fossero state rubate. […] Trump ha continuato a lodare i criminali che hanno fatto irruzione, mentre i poliziotti invocavano aiuto tra i vetri distrutti del Campidoglio”

Al tempo stesso ha però aggiunto:

“Dopo un esame attento della Costituzione, ho maturato la convinzione che noi non abbiamo l’autorità per giudicare un ex presidente”

nuovamente sottolineando quello che era stato uno dei punti sui quali aveva fatto leva la difesa dell’ex Presidente. Diversi giuristi si erano espressi a favore della possibilità di esaminare una procedura di impeachment ai danni di un Presidente il cui mandato fosse ormai terminato, ma la questione non è stata univocamente risolta, come spesso capita nell’interpretazione dei testi legislativi. Alcuni sostengono, andando quindi in parte contro le parole di McConnell, che proprio il voto di entrambe le camere nel corso di questo processo abbia rappresentato il primo precedente, stabilendo che è costituzionalmente corretto sottoporre a procedura di impeachment un Presidente anche dopo la scadenza del suo mandato.

Le conseguenze sul GOP

Mitt Romney, Susan Collins, Lisa Murkowski, Ben Sasse, Patrick Toomey, Bill Cassidy e Richard Burr: sono questi i nomi dei sette senatori repubblicani che hanno supportato le accuse dei Democratici. La scelta di McConnell, e di conseguenza quella della restante parte dei senatori del Grand Old Party, li ha definitivamente condannati. La speaker della Camera, la democratica Nancy Pelosi, ha criticato McConell, chiamandolo “patetico” e ha inoltre stigmatizzato “il gruppo di repubblicani codardi che hanno avuto paura di fare il loro lavoro rispettando l’istituzione in cui servono”.

Alcuni parlano di “epurazione” per i sette senatori che hanno supportato la procedura di impeachment, ma non sembrano essere gli unici, all’interno della grande famiglia dei conservatori americani, a prendere le distanze da Trump. Secondo la maggior parte degli analisti (e dei politici) la scelta di McConnell, dei senatori Lindsey Graham e Marco Rubio, del capogruppo alla Camera Kevin McCarthy, è legata a una presa di coscienza importante: senza Trump sembra impossibile poter trionfare nelle midterm elections del 2022.

Non può essere considerata una scelta senza conseguenze, anzi ne è gravida: il GOP si mantiene orientato al sovranismo e alla destra populista, forse dimenticandosi che buona parte dei suoi elettori sono anche liberali, conservatori, “centristi”. In seconda battuta si continua a puntare su Trump, diventato il bersaglio perfetto per i Dem negli ultimi quattro anni, proprio quel bersaglio che sono riusciti a studiare al punto tale da colpirlo nelle sue mancanze e nei suoi errori, riconquistando dopo solo quattro anni il governo del Paese. Il rischio di portare alla frattura il partito Repubblicano è alto, soprattutto quando dal lato opposto si trova un democratico moderato, come Biden, che ha saputo attirare sin da subito il supporto anche di parte dell’elettorato repubblicano e talvolta anche il supporto di alcuni volti storici del partito.

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