“Mia sorella è una serial killer”: commedia, tragedia, thriller

Mia sorella è una serial killer di Oyinkan Braithwaite, pubblicato nel 2020 da La Nave di Teseo, è un libro particolare che nasce per puro divertimento da un blocco dello scrittore. L’ispirazione è data dalla vedova nera, una specie di ragno in cui la femmina, se è affamata, mangia il maschio dopo l’accoppiamento. Braithwaite dice di aver trovato questo fatto esilarante e di aver iniziato a pensare a una storia in cui una donna toglie incautamente la vita agli uomini. 

Scommetto che non sapevate che la candeggina nasconde l’odore del sangue.

Mia sorella è una serial killer è ambientato a Lagos, in Nigeria, dove vivono Korede e sua sorella Ayoola. Ayoola uccide tutti gli uomini che frequenta, ma sembra farlo in modo sconsiderato, quasi senza pensarci, per poi chiamare in soccorso Korede, che, scocciata più che arrabbiata, è costretta a pulire la scena del crimine e a liberarsi delle prove. I problemi nascono quando Ayoola inizia a uscire con Tame Otumu, un dottore che lavora con Korede. Segretamente, infatti, Korede è innamorata di lui e sa che con la sorella farà una brutta fine. 

Questo libro è un thriller, ma non solo, è una commedia nera in cui le risate coprono l’amarezza e il dolore, è una storia d’amore che sfrutta il classico triangolo amoroso, è un’analisi del rapporto tra sorelle e un’indagine su come sia difficile liberarsi di un’infanzia traumatica e infelice. 

Le due sorelle, infatti, condividono dei forti traumi legati alla figura del padre, un uomo violento che le picchiava, portava a casa le sue amanti nonostante la moglie fosse presente e cercava persino di svendere le proprie figlie ai colleghi per concludere affari nella sua attività illegale. 

Con caratteri così diversi, Ayoola e Korede reagiscono al loro passato comune in modi differenti, Ayoola usando la sua bellezza come un’arma contro gli uomini che cercano solo una faccia carina, ma non ne hanno rispetto – o almeno questo è il motivo che adduce per averli uccisi – e Korede rifugiandosi nell’ordine maniacale. Ma alla fine entrambe sono eredi del padre: anche Korede che inizia il libro pensando di essere guidata da una forte moralità alla fine si schiera dalla parte della sorella. Braithwaite sembra quasi rifarsi al principio di ereditarietà dei naturalisti secondo cui la corruzione e il vizio scorrono nel sangue, ma in realtà costruisce una meditazione più complessa sulla violenza e su come sia difficile riscattarsi una volta che ti si è impressa addosso. 

Anche per questo motivo questa è la storia di come Korede perda la sua visione ottimista e fiduciosa di sé stessa e del mondo per adottare la prospettiva della sorella che a un primo sguardo può sembrare distratta e svampita, ma in verità nasconde uno sguardo estremamente cinico che rivolge agli uomini che uccide e al mondo in generale. Scritto diversamente questo libro potrebbe diventare un’epica battaglia per l’anima di Korede, ma dalla penna di Oyinkan Braithwaite nasce un libro maliziosamente divertente in cui l’indagine delle implicazioni morali dei gesti della protagonista è solo suggerita.  Questa doppiezza la ritroviamo anche nelle sorelle, Ayoola e Korede, due personaggi ambigui: nonostante il libro si concentri su di loro rimangono delle zone d’ombra che il lettore deve esplorare da solo. Questo effetto è ottenuto anche grazie all’estrema brevità dei capitoli che scivolano velocemente lasciando però ampi spazi di riflessione.  La lettura si fa quindi leggera dove, visti i temi, ce la aspetteremmo pesantissima.

Non riesco a identificare il momento esatto in cui mi sono accorta che Ayoola era bella e io… no.

Braithwaite inizialmente pensava di scrivere di due amiche, ma la premessa del libro non sarebbe stata la stessa: gli amici si scelgono, la famiglia no. In particolare Ayoola e Korede sono due sorelle legate da un rapporto di amore, gelosia, ma soprattutto di lealtà. Ayoola vuole molto bene a Korede che si sente in dovere di proteggerla, le due sono unite e lo sono sempre state. Tuttavia, in ogni rapporto si instaurano dinamiche di potere complesse e quelle tra Korede e Ayoola sembrano centrarsi sulla bellezza. Ayoola infatti è bellissima al punto che tutti sembrano cadere ai suoi piedi, al confronto l’aspetto della sorella è insignificante. Come spesso accade, le due sono messe in competizione dalla famiglia e dalla società e anche per questo Korede si chiude completamente nel suo lavoro di capo infermiera, la sua vita funziona a compartimenti stagni: in uno c’è Ayoola e la sua famiglia, nell’altro il suo lavoro. Tutto finché Ayoola non scombina le carte in tavola.

Al riguardo la scrittrice ha dichiarato:

L’unica cosa che avevo in mente, quando ho iniziato a scrivere, era parlare del ‘come’ la società si relaziona con la bellezza, tutti gli altri temi si sono insinuati durante la scrittura: sono questioni su cui ho riflettuto in diversi momenti (e a diversi livelli) nel corso degli anni, credo sia naturale che si siano manifestate nel mio lavoro.

In un’altra intervista aggiunge: “Abbiamo sempre avuto una sorta di venerazione verso la bellezza. I poeti ne hanno scritto, i cantanti ne hanno cantato, i pittori l’hanno immortalata. Ma perché? Qual è la base della nostra ossessione?” Braithwaite stessa dice di non aver trovato risposta, ma con questo libro offre ai suoi lettori i propri stessi dubbi, invitandoci a riflettere sul modo in cui noi stessi ci relazioniamo alla bellezza. 

In Mia sorella è una serial killer tutti i personaggi e le trame secondarie servono la storia principale, ci possono dare informazioni sul mondo in cui vivono Ayoola e Korede o su chi sono, ma la trama procede inesorabilmente verso una conclusione che, in fondo, il lettore si aspetta. Il libro infatti è più un vero e proprio studio sulle sorelle, che della loro ambivalenza ricordano per molti aspetti i personaggi del celebre romanzo di Shirley Jackson Abbiamo sempre vissuto nel castello


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