L’educatore di Loris Cereda: l’intervista

L’educatore di Loris Cereda è una delle opere selezionate da MasterBook 2020, il Master di Specializzazione nei Mestieri dell’Editoria di IULM e ExCogita. L’autore ci racconta di sé, della creazione del romanzo, del percorso che l’ha condotto fino alla pubblicazione con ExCogita nel maggio 2020. Attraverso la figura di un educatore penitenziario, il protagonista del romanzo, Claudio Bassetti, scopriamo la realtà del carcere e impariamo che “al di là della vulnerabilità umana, c’è salvezza anche nella disperazione, c’è dignità anche nell’errore“.

educatoreRicordi personali e invenzione narrativa si incontrano: tra pagine, parole e vita reale, Loris Cereda ci trasmette la passione per la letteratura e per la scrittura, che ha un potere straordinario e salvifico e “può migliorare tutto ciò che tocca“.

Quando e da dove è nata l’idea di scrivere un romanzo?

A dire la verità il mio primo romanzo l’ho scritto alla fine degli anni Novanta, ma è rimasto inedito per fatti che è inutile spiegare. Mi è sempre piaciuto scrivere. Come tutti i debuttanti ho vissuto il “dramma” dei tanti rifiuti e, siccome per vivere facevo altro, mi sono rassegnato.

In che modo l’esperienza personale e il percorso svolto ti hanno guidato nella trama di quest’opera?

Le emozioni personali possono spesso tramutarsi in qualcosa di letterario, nel mio caso hanno fornito nuove idee alla voglia di scrivere. Avevo scritto un racconto che era piaciuto a Benedetta Centovalli, che mi ha incoraggiato a farlo diventare un romanzo. Dato che in carcere avevo tanto tempo mi ci sono buttato ed è venuto fuori L’educatore. Inizialmente volevo scrivere qualcosa direttamente sulla mia esperienza, ma mi faceva troppo male, così ho fatto nascere Bassetti, per sentirmi meno coinvolto nel personaggio.

Come è stato creato il protagonista, Claudio Bassetti, educatore penitenziario? E’ tratto dalla realtà?

L’educatore che ho conosciuto io non c’entra nulla con Bassetti, anche se credo condivida lo stesso scetticismo verso il funzionamento della giustizia penale in Italia. Io penso che Bassetti, nell’ipotetica vita che gli capiterà dopo la fine del romanzo, diventerà molto simile all’educatore che ho conosciuto io.

Che cosa ha rappresentato per te la letteratura e la scrittura negli anni che ti hanno cambiato la vita?

Io credo siano stati anni difficili ma non vorrei dare a chi li ha voluti la soddisfazione di avermi cambiato la vita: diciamo che me l’ha fermata per un po’ dandomi più tempo per leggere e scrivere. La letteratura può migliorare tutto ciò che tocca e mi pare che chi amministra la giustizia in Italia farebbe bene a leggere di più. Quando la tua vita resta sospesa. anche nel caso della quarantena, la letteratura ti offre altre vite che puoi fare tue come in una sospensione mentale, penso a Memorie di Adriano, alla Coscienza di Zeno a Vita e Destino.

L’educatore”, opera prima, è un punto di partenza o un punto di arrivo? Perché?

Il caso ha voluto che mentre preparavo il lancio de L’educatore arrivasse la quarantena. Così ho messo mano ad un’idea che avevo da tempo e sto scrivendo un romanzo che per ora si chiama 64, la storia di un ragazzo nato nel 1936 che filtra gli avvenimenti dell’Italia dal 1944 al 2000 attraverso la sua passione per gli scacchi.

Hai citato alcuni esempi letterari di “vite che puoi fare tue”: mi piacerebbe chiederti se questi hanno anche influenzato il tuo modo di scrivere e in caso contrario chi sono, se ci sono, gli autori che maggiormente hanno condizionato la tua scrittura?

In effetti il racconto del primo detenuto ha una parte di verità. Mi piaceva molto il modo di scrivere di Paolo Nori, cosi’ come quello di Aldo Nove, di Enrico Brizzi e di Pier Vittorio Tondelli. Poi anche Borroughs, Thomas Wolfe e Roberto Bolano, giusto per citare quelli che mi rimbalzano spesso in testa. Ho cercato, però, di liberarmene quanto piu’ possibile perché tendevo troppo a “prenderne l’accento”. Alla fine credo di essermi assestato su uno stile piuttosto eterogeneo che (almeno nelle intenzioni) vorrebbe dare alle fasi del ritmo narrativo delle connotazioni specifiche. Io credo che usare diversi registri nello stesso romanzo possa essere un valore aggiunto.

La tua voglia di scrivere è più legata alla voglia di raccontare agli altri o ad un bisogno personale di mettere su carta dei tuoi pensieri?

Penso che sia la voglia di raccontare agli altri. Sono tendenzialmente estroverso quindi chi mi conosce sa che se dicessi “scrivo per me stesso” fingerei un atteggiamento decadente/romantico che non mi si cuce addosso neanche volendo.

FONTI

Intervista a Loris Cereda

Loris Cereda, L’educatore, ExCogita, 2020

CREDITS

Copertina: Loris Cereda, L’educatore, ExCogita, 2020

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