Renato Zero

Renato Zero: il poeta dai mille volti

A chi non è capitato almeno una volta di intonare I migliori anni della nostra vita o di ballare a tempo di Triangolo? Chiunque, poi, conosce sicuramente il ritmo de Il carrozzone. Sentire in radio una voce riconoscibile e ricondurla immediatamente a Renato Zero, senza prestare (forse) abbastanza attenzione alle parole cantate, è sicuramente un’esperienza che può accadere spesso e volentieri. Si tratta di quei colossi musicali che è impossibile non conoscere, ma che in pochi si apprestano ad ascoltare veramente.

Da Fiacchini a Zero

Renato Fiacchini nasce a Roma il 30 settembre 1950 e per dedicarsi completamente alle sue passioni abbandona gli studi al terzo anno di superiori. Impara a cucire dalle sorelle maggiori e, armato di stivaletti, capelli lunghi e giacca con le frange, a soli 14 anni vaga per Roma alla ricerca del successo. Conosce giornalisti, modelle e, fra gli altri, Mimì Bertè, che diventerà sua cara amica e famosa sotto il nome d’arte di Mia Martini.

I suoi look stravaganti mettono a disagio il padre poliziotto. Per evitargli imbarazzo di fronte agli amici, quindi, spesso si cambia vestiti solo una volta uscito di casa. Così, la fame di indipendenza e libertà da regole e orari cresce. Ma Renato non ha una lira.

La svolta arriva nel 1965 con l’apertura del Piper, locale notturno in Via Tagliamento – futuro titolo di un album. Qui nessuno ha da ridire sul suo aspetto: ciò che conta è divertirsi. Soprattutto, però, è qui che conosce importanti nomi dello spettacolo che possono aiutarlo a sfondare. All’inizio degli anni Settanta consolida la costruzione del suo personaggio. Sempre all’insegna della provocazione, assume come pseudonimo uno degli insulti più frequenti: “non vali niente, sei uno Zero!”

Gli esordi musicali e Zerolandia

Difficili sono i rapporti tra la casa discografica e Renato, interessato a mantenere a tutti i costi l’ultima parola – pretesa assai ardua per un artista emergente. Nonostante ciò, nel 1973 esce No! Mamma, no!, le cui canzoni sono volutamente controtendenza rispetto ai canoni del periodo. Questo, unito con il suo aspetto, suscita sarcasmo e diffidenza, che però non bastano a fermare il giovane istrione: sa di essere nato per esibirsi.

Trovati i collaboratori adatti, continua il suo progetto: inizia a parlare della vita come se fosse un circo, ambiente che lo ha sempre affascinato. Nasce così Trapezio: se si riesce ad afferrare l’oggetto, si vince. Altrimenti, si perde e non si avrà una seconda occasione, esattamente come succede nella vita.

Il vero boom arriva però nel 1978 con Zerofobia e gli storici brani Mi vendo e Morire qui.

 

Zerofobia è l’ultimo tour nei teatri: segue lo Zerolandia tour, proposto in tutta Italia con un tendone da circo.

La svolta: Niente trucco stasera

Sulla cresta dell’onda del successo, negli anni Ottanta inizia una fase più sobria nella vita di Renato: il pubblico lo adora e anche i critici più dissidenti lo definiscono un artista. Si addolcisce così la sua voce, insieme alle sue tipiche risposte imprevedibili, i capelli sono più corti e veste più spesso completi bianchi o neri.

È in questi anni che passa da icona ambigua e scandalosa a personaggio amato dalle famiglie, quando i suoi successi Soldi e Viva la Rai vengono presentati come sigla di Fantastico 3.

Le difficoltà sono però dietro l’angolo: il tendone di Zerolandia viene posto sotto sequestro e Renato, costretto a tornare nei teatri, subisce anche perdite economiche. È un periodo arduo dal punto di vista psicologico – negli stessi anni perde infatti suo padre – e i detrattori lo danno per finito.

Impegno sociale e il progetto di “Fonopoli”

Nel periodo “nero”, in cui appare in giacca e cravatta e le vendite sono inferiori alle attese, Renato Zero inizia il suo impegno sociale. Fino ad allora aveva cantato di emarginazione e dolore, da questo momento in poi vuole aiutare chi soffre. La sua attenzione è rivolta soprattutto ai tossicodipendenti: la droga ha portato via molti suoi amici. Collabora quindi con comunità e appoggia inoltre la lotta contro l’HIV.

Nel 1993 avvia il progetto a lui più caro: Fonopoli. 

Il mio sogno è fare di Fonopoli uno spazio per i giovani, una cosa dove possano realizzare i loro sogni ed esprimere le loro idee.

Il logo dell’Associazione Culturale Fonopoli

Presenta così quello che era diventato ormai un chiodo fisso per lui, di cui si assume la presidenza dal primo giorno. Si è parlato spesso di una città della musica, ma in realtà si tratta di un progetto molto più ampio: la musica è il mezzo, non il fine. L’obiettivo è fare di Fonopoli una scuola, un conservatorio e un’accademia d’arte insieme, un punto di incontro dove far emergere personaggi di cultura e dello spettacolo, con i giovani in prima linea – allievi e al contempo protagonisti.

Renato aveva pensato ad un grande auditorium capace di ospitare spettacoli di vario tipo, attorno al quale ci sarebbe stato un teatro all’aperto, insieme a diversi laboratori, sale prova, camerini, bar e molti altri spazi. Un impegno non indifferente e assai dispendioso, per cui Zero dà tutto se stesso, aiutato dai suoi sorcini – i seguaci più fedeli. L’associazione conta già numerosi iscritti e i ricavati vanno alle comunità con cui il cantante ha collaborato in precedenza e ad altre in favore di bambini cardiopatici.

Primo album con etichetta Fonopoli è L’imperfetto, contenente il brano Nei giardini che nessuno sa, dedicato agli ospiti negli ospedali e nelle case di riposo.

Nel 1997 ormai Fonopoli è una realtà, ma persiste il problema dei finanziamenti: non bastano le sottoscrizioni dei soci, servono aiuti economici pubblici e privati. Chiede così sostegno al Comune di Roma e, in caso di risposta negativa, “minaccia” di presentare una lista politica. Renato ha però un’altra idea per finanziare l’associazione: una serie di concerti accompagnati da un’orchestra sinfonica.

Dopo sette anni, quindi, il progetto finalmente si concretizza: Renato Zero celebra il successo con il brano Si sta facendo notte, tratto da Amore dopo amore, tour dopo tour.

I mille volti di Renato

Con quasi cinquant’anni di carriera, elencare tutti i capolavori musicali di Renato Zero è un’impresa ardua. Ancora oggi, continua ad essere conosciuto per le sue mosse stravaganti e le uscite di scena con il classico saluto: “Non dimenticatemi, eh!”.

La provocatorietà e l’ambiguità del personaggio sono ammirevoli, ma ancora più lodevole è il fatto che tutto ciò che Renato ha, lo deve a se stesso. Il cantautore si è costruito totalmente da solo, facendosi largo a spalle tese e lingua aguzza fra insulti, offese e sfiducia generale.

Nonostante questo, eccolo cantare Sorridere sempre. Proprio come dovrebbe fare.

 

FONTI

Renato Zero, Alberto Rivaroli (Rizzoli), 1999

 

 

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