Il Cinema del Ventennio Fascista. Tra finzione e propaganda

Il cinema italiano è attivo sin dall’epoca dei fratelli Lumière. I primi filmati risalgono al 1896 e sono stati realizzati nelle principali città della nostra penisola, compresa Milano. Questi brevi esperimenti incontrarono subito la curiosità del ceto popolare, incoraggiando gli operatori a produrre nuove pellicole fino a porre le basi per la nascita di una vera industria cinematografica.

I primi esperimenti cinematografici rappresentarono delle vere e proprie fotografie in movimento. Queste pellicole mostrano gesti di vita quotidiana, eventi sportivi, realtà culturali e geografiche lontane e sconosciute. In poche parole, eventi senza storia. Questo rappresentava, per l’uomo di fine Ottocento come una sorta di magia la possibilità di viaggiare e scoprire attraverso gli occhi.

Già agli inizi del primo decennio del XX secolo vengono prodotti a Torino 569 film, a Roma 420 ed a Milano 120.

Non solo riguardanti il genere del documentario ma anche commedie o generi drammatici con durate sempre più lunghe.

La Prima guerra mondiale, cosa cambia nel cinema?

L’inizio della Prima guerra mondiale segnò una crisi per la cinematografia, gli unici mezzi di informazione usati in quei difficili anni saranno il giornalismo e la radio. La propaganda fascista influenzò notevolmente la popolazione diffondendo dati non reali circa le condizioni di vita della stessa e del reale numero di morti. L’elemento che caratterizzava il cinema come un passatempo, un modo momentaneo per liberare la mente prenderà da subito una piega diversa, quasi perfida.

Il Ventennio Fascista, Mussolini e la propaganda: A Noi

In questa situazione, Mussolini vide nella cinematografia un potentissimo mezzo di comunicazione e diffusione dei suoi pensieri. La caratteristica visiva e diretta del cinema viene subito sfruttata per controllare e gestire le masse.

Tutto ciò è ben visibile nel documentario fascista A Noi, datato 1923, nei primi anni del suo potere. A Noi rappresenta una sorta di manifesto di una serie numerosa di documentari fascisti caratterizzati da una distorta propaganda al regime, una fortissima esaltazione del potere dei fasci e a una visione sovrannaturale del ‘Duce’.

Il documentario fu realizzato dal PNF con riprese effettuate nei giorni della marcia su Roma, dall’adunata a Napoli, all’attesa alle porte di Roma, all’ingresso nella città, fino alla sfilata in parata, in piazza del Quirinale, il 30 ottobre 1922.

Il tutto mentre la cinepresa sottolinea la presenza tra le camicie nere di sacerdoti, profughi e garibaldini, facendo così prevalere elementi di patriottismo, solidarietà e unità nazionale senza chiaramente trattare né considerare la fortissima divisione e rottura sociale e politica presente in Italia in quel periodo. L’elemento di finzione, le idee rivoluzionarie, la visione positiva ed eroica del fascismo mediante il cinematografo, permetterà una profonda strumentalizzazione delle masse.

Il successo di questi tipi di documentari porterà alla nascita dell’Istituto Luce. L’Unione Cinematografica Educativa nascerà nel 1924 da un’idea del giornalista Giuliano de Feo, grande seguace dell’ideologia di Mussolini, con la volontà di sviluppare l’educazione della popolazione italiana analfabeta attraverso le immagini.

L’Istituto ebbe un fragore incredibile, fu accessibile a tutta la popolazione italiana e ancora oggi risulta un elemento contrastante nella nostra storia in quanto rappresenta da un lato un fondamentale strumento educativo per gli Italiani, ma da un altro lato uno degli aspetti più grotteschi e malvagi della propaganda.

Nel 1927 viene creato il Cinegiornale LUCE, destinato a venire proiettato obbligatoriamente in tutti i cinema d’Italia prima della proiezione di qualsiasi altro film. In Italia i Cinegiornali LUCE possono considerarsi antesignani del telegiornale, i quali mantennero una rilevanza fondamentale fino al crollo del fascismo con gli ultimi anni della Seconda guerra mondiale.

La fine del regime, Aeroporto, il cinema si Ritrasforma

Con il crollo del fascismo crollano anche i suoi ideali dell’uomo nuovo, “patriottico, nazionalista e fascista”, presenti nella sua cinematografia. Si sviluppa una nuova tipologia di cinema, non più caratterizzata da documentari, che si interessa più agli aspetti umani e quotidiani della vita. Il tema della guerra è sempre presente ma si colloca in secondo piano.

Ne è un esempio il film Aeroporto, regia di Piero Costa, datato 1944. Racconta le storie e le avventure di un gruppo di aviatori che si trovano in Nord Italia, nel territorio occupato dalla Repubblica di Salò, sullo sfondo di un fascismo morente.

Il bar degli Azzurri dove gli aviatori si ritrovano a parlare sembra più un bar di provincia che di un aeroporto, quello che ti ritrovi in fondo alla via di casa per intenderci. Così come gli argomenti trattati, tra una partita di briscola e una di poker, sono frivoli e banali.

La denuncia del tradimento di Badoglio, così come la defenestrazione di Mussolini, è trattata in maniera pacata e allusiva come se non suscitasse reazioni da parte dei protagonisti. L’elemento che ha legato negli ultimi vent’anni il cinema alla guerra e alla propaganda è abbandonato.

Così inizierà una nuova era cinematografica.

FONTI

Brunetta, Il cinema muto italiano, Laterza, 2008

De Luna, L’occhio e l’orecchio dello storico, La nuova Italia, 1993

CREDITS

Copertina

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.