Coronavirus e ambiente: il rovescio della medaglia

Ogni medaglia, come si suol dire, ha il suo rovescio. Questo detto sta a indicare il fatto che qualsiasi situazione, positiva o negativa che sia, può essere osservata anche da un punto di vista diverso. In questo modo, si può trovare il lato positivo (o negativo) in qualsiasi evento o circostanza. È questo il caso del Coronavirus, che si sta espandendo a vista d’occhio in tutto il mondo, partendo dalla Cina e seminando il terrore anche in numerose città italiane. Inizialmente visto come una terribile epidemia che ci avrebbe costretti a barricarci in casa per mesi, successivamente la situazione è stata ridimensionata. Per quanto surreale sia stata la condizione di metropoli frenetiche quali Milano e Wuhan, anche in questo caso è possibile evidenziare il “rovescio della medaglia”. Le conseguenze dell’espansione del virus, infatti, sono state positive per l’ambiente, che ha potuto letteralmente prendere una boccata d’aria.

È preoccupante il fatto che ogni anno, in Cina, secondo le statistiche dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, muoiano circa 1,1 milioni di persone a causa dell’inquinamento atmosferico. Infatti tra le città più inquinate al mondo, sedici sono cinesi. Inoltre la Cina è il Paese in cui si verificano più frequentemente disastri ambientali. Con lo scoppio dell’epidemia del Covid-19, però, il colosso economico asiatico ha dovuto rallentare, portando benefici all’ambiente.

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Molte fabbriche infatti hanno ridotto i ritmi di lavoro. Il traffico, inoltre, è sensibilmente calato, nonostante il periodo del Capodanno cinese sia causa di numerosi spostamenti. Solitamente, durante il periodo del Capodanno, il Paese si ferma per una settimana, con cantieri e negozi chiusi in moltissime città. La conseguenza è l’abbattimento temporaneo della domanda, che però dopo la fine dei festeggiamenti riprende a salire. Ma quest’anno non è andata così, perché il periodo di “pausa” si è prolungato ulteriormente. Il risultato è un netto miglioramento dell’aria, prima invasa da una quantità di polveri sottili cinquanta volte superiore del limite massimo consentito dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.

Due delle principali cause dell’inquinamento atmosferico in Cina sono l’industria del carbone e il settore dei trasporti. Il diffondersi del Coronavirus ha inevitabilmente portato a delle riduzioni di emissioni, andando a salvaguardare doppiamente la salute dei cittadini. Questi ultimi sono stati protetti quindi sia da un possibile contagio, ma anche dall’introduzione di aria inquinata nei polmoni. I tagli delle emissioni di anidride carbonica registrati dagli esperti sono stati significativi: circa 100 milioni di tonnellate metriche in meno. Questo equivale quasi alla quantità prodotta dal Cile in un anno. Il consumo quotidiano di carbone, inoltre, si è praticamente annullato. È un dato importante se si pensa che un anno fa, nello stesso periodo, la Cina emetteva circa 400 milioni di tonnellate di CO2.

Questa situazione però non durerà molto secondo gli ambientalisti. Infatti non appena gli effetti dell’epidemia rallenteranno, ci sarà certamente un aumento della produzione delle fabbriche per compensare le perdite di questo periodo di inattività. Così i volumi di produzione e le emissioni potrebbero recuperare rapidamente, se c’è domanda. Di fatto comunque i cittadini cinesi possono godere solo in piccola parte dell’aria meno inquinata, in quanto costretti in quarantena.

Gli effetti sull’inquinamento atmosferico si possono notare anche a Milano. Il capoluogo lombardo solo lo scorso mese era stato inserito nell’elenco di Legambiente delle città più inquinate. Milano infatti aveva superato per 35 volte i limiti consentiti di PM10 da gennaio 2020. Con le restrizioni messe in atto a causa del Coronavirus, sembrerebbe che la concentrazione di polveri sottili nell’aria sia diminuita. Grazie allo smart working, moltissimi lavoratori hanno sfruttato l’opportunità di lavorare comodamente da casa. Così si sono limitati gli spostamenti e l’uso di automobili e veicoli a motore.

Le vittime del Coronavirus per ora sono state circa 2800. Bisogna però considerare che le morti causate dall’inquinamento dell’aria e da fenomeni naturali aggravati dal cambiamento climatico sono molte di più. Perché allora temiamo così tanto questo virus, ma nessuno si preoccupa troppo della crisi climatica? È tutto legato alla questione della percezione del rischio.

L’epidemia si è sviluppata su una scala temporale breve e gli effetti del virus sono visibili in qualsiasi telegiornale, tra città, ospedali e navi in quarantena. Il cambiamento climatico invece si sviluppa su una scala temporale più lunga, e spesso viene sottovalutato dai media. Infine, le precauzioni che siamo chiamati ad avere per limitare l’espansione del virus sono sacrifici a breve termine. Invece contrastare il cambiamento climatico prevederebbe un cambiamento permanente di molti aspetti della nostra vita. È indubbio che il netto miglioramento della qualità dell’aria in un Paese quale la Cina sia un importante esempio di come i tagli di emissioni di carbone e CO2 possano giovare all’ambiente.

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