I sofisti ci avevano già pensato…

Il non essere non è e l’essere… nemmeno!

All’alba del 2020, la stragrande maggioranza delle persone (esclusi gli storici della filosofia… ma neanche tutti) continua ad utilizzare il termine sofista con un’accezione dispregiativa e fortemente negativa.

Sofista è chi parla senza sapere cosa dice, giusto per dare aria alla bocca, chi scrive in modo astruso e complicato, chi vuole “vendere l’aria” camuffata e riempita di belle parole. I Sofisti, nel corso della storia, hanno subito una pesantissima damnatio memoriae che è giunta fino a noi. È bene chiedersi perché ciò sia successo.

È proprio vero che quella dei sofisti non è considerabile filosofia?

Innanzitutto c’è da dire che i Sofisti sono senza dubbio stati dei terremoti (e anche piuttosto violenti) in quella che era la cultura e la tradizione della Grecia classica (intorno al V secolo). Una cultura in cui l’istruzione, l’educazione, la sapienza, non si apprendeva nelle scuole, ma veniva tramandata “di padre in figlio”, o comunque, in ambienti scelti e ristretti. Chi vive in una famiglia nobile e aristocratica può ricevere un’istruzione adeguata, può imparare a parlare, requisito fondamentale per intraprendere una carriera politica nell’Atene democratica. L’eu legein, ossia il ben parlare, è un’arte potentissima, strumento politico capace di persuadere e di guidare l’intera struttura democratica.

In questo sistema resta tagliato fuori chi, anche se avrebbe i mezzi per pagarsi un’istruzione, non fa parte di una famiglia aristocratica o facoltosa da cui poterla apprendere.

Questo è lo scandalo più grande apportato dalla sofistica: l’idea che la cultura possa essere messa alla portata di tutti coloro che abbiano i mezzi per comprarla. I sofisti sono i primi ad impartire lezioni e richiedere un compenso. I valori tradizionali sono ribaltati: Platone condannerà duramente i sofisti, e una delle accuse principali è proprio quella di aver reso la cultura una merce. È una merce che non solo viene venduta, ma viene venduta da pessimi maestri (i Sofisti) che vengono da fuori Atene, sono stranieri, e venendo da fuori si permettono di mettere in discussione i valori tradizionali. La sofistica è un sapere finto, che sembra tale, ma non lo è.

Basta pensare alla commedia Le Nuvole di Aristofane. Questa commedia avrebbe di mira la figura di Socrate, ma in realtà Aristofane fa confluire nel personaggio “Socrate” della tragedia tutti quei filosofi che, a suo avviso, non erano raccomandabili. Fra questi, al primo posto (al primo posto dopo Socrate… che in realtà Aristofane sembra prendere per un sofista) ci sono ovviamente i sofisti.

Socrate-sofista vive nel suo “pensatoio”, incurante dei problemi del mondo e, se ben pagato, insegna ai giovani a parlare bene. Non insegna contenuti. Insegna semplicemente a dare forma vincente al discorso, così che i suoi studenti possano rendere più forte il discorso più debole (cioè il peggiore, senza valori). Non a caso, la commedia termina con il culmine del sovvertimento della tradizione: l’immagine di un figlio che picchia il padre. Nessun ordine resta, nessuna regola, nessun valore a cui fare riferimento.

Ma è vero che i sofisti sono stati questo?

A ben guardare, sembrerebbe che nessuno abbia incarnato lo spirito democratico più dei sofisti: se la cultura e l’istruzione diventano alla portata di tutti, questo significa che davvero tutti possono partecipare alla vita politica.

Per quanto riguarda le dottrine, ricostruire il pensiero dei sofisti è molto complesso. Proprio a causa della damnatio memoriae che hanno subito possediamo solo alcuni frammenti indiretti, citati da fonti che per lo più ambivano a criticarli. Ad ogni modo, accennerò ad alcune fra le brillanti intuizioni dei sofisti che potrebbero servire a rivalutare la loro importanza.

Ad esempio è fondamentale l’affermazione di Protagora secondo cui l’uomo è misura di tutte le cose. Ogni uomo in quanto uomo deve essere giudice delle proprie esperienze e delle proprie sensazioni (una cosa può essere dolce per qualcuno, amara per un altro) perché la realtà non è una, ma molteplice, difficile, fatta di apparenze, di percezioni e di esperienze. La realtà non può essere conosciuta di per sé, come fosse un’entità, ma sarà sempre e solo conosciuta dai singoli uomini , dalle loro percezioni e sensazioni. È proprio per questo che anche la verità non sarà mai oggettiva, ma soggettiva (relativismo).

Affascinanti sono le tesi di Gorgia sostenute nel trattato Sul non essere o sulla natura (in chiara polemica rispetto allo scritto di Parmenide): niente esiste. Se qualcosa esistesse non sarebbe comprensibile all’uomo. Se anche fosse comprensibile, sarebbe incomunicabile agli altri. L’essere, semplicemente, non è! Non si vuole in alcun modo negare la realtà, quanto piuttosto renderne evidente la complessità e smascherare chi tende a generalizzarla.

A tal proposito sono meravigliose le riflessioni sul linguaggio, studiato e messo a punto proprio dai sofisti. Fu Protagora a distinguere i generi del nome, i tempi del verbo e le principali tipologie di discorso. La parola e il linguaggio mostrano la loro potenza persuasiva nell’inattaccabile Encomio di Elena di Gorgia, nel quale il filosofo difende, percorrendo ben quattro strade diverse, il personaggio più indifendibile dell’intera mitologia greca: la bella Elena, colpevole di aver causato la sanguinosa guerra di Troia.

La parola è un modo per interpretare la realtà, per farla nostra e per rapportarci con questa: come potremmo altrimenti, senza linguaggio, penetrarla e viverla?

Tante sarebbero le cose da aggiungere (se l’argomento risultasse interessante sarà mio interesse scrivere un altro articolo al riguardo), ma una basterà a convincere dell’originalità dei sofisti. Antifonte è ideatore di una lucidissima analisi sul rapporto tra la realtà e la legge. Per natura gli uomini sarebbero tutti uguali, ma se non ci fosse la legge tenderebbero inevitabilmente al conflitto. Vediamo qui teorizzata (se non proprio in Antifonte, in Crizia, Protagora o Licofrone) una prima versione del contratto sociale che, passando per Lucrezio, diventerà centrale nelle riflessioni del ‘600 e del ‘700, ispirando autori quali Grozio, Puffendorff, Thomasius, Hobbes, Locke, Rousseau e moltissimi altri.

La verità è che i Sofisti sono avversari filosofici temibili, e Platone lo sapeva bene! Altrimenti perché dedicare interi dialoghi e fiumi di inchiostro per criticarli?

L’uomo è un animale politico o conflittuale? È forse vero che la giustizia è nient’altro che l’interesse del più forte? Cos’è l’essere?

Prima di Platone, Prima di Aristotele, prima di Seneca e della filosofia moderna, i Sofisti ci avevano già pensato.


FONTI

Trabattoni e Bonazzi, I Sofisti, con testo greco a fronte

Aristofane, Le Nuvole

Platone, Il Sofista

Platone, Protagora


 

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