Ombrello: storia di design e praticità

La stagione più calda, colorata e allegra di tutte sta ormai per diventare, ancora una volta, solo un ricordo che scalderà le giornate durante tutto l’anno. L’autunno con le sue malinconiche piogge è alle porte. Il miglior modo per non farsi sorprendere è portare sempre dietro un ombrello da utilizzare in caso di necessità. Dietro a questo oggetto così comune vi è una storia molto antica.

L’originale funzione dell’ombrello era quella di proteggere dal sole. Veniva usato in vari luoghi della terra: soprattutto dove il sole è meno indulgente. Non si conosce con certezza il luogo di origine, ma si pensa che probabilmente fu inventato in Cina o in India o in Egitto. Nelle culture più antiche si trovano rappresentazioni di questo oggetto. L’ombrello è presente negli affreschi nelle tombe egiziane e negli antichi libri cinesi. Per queste popolazioni simboleggiava il potere e aveva anche un valore religioso. In particolare, in Egitto, la dea Nut era spesso rappresentata in forma di parasole, con il corpo arcuato a coprire la terra, in atto di protezione e di amore.

Nell’antica Grecia venne legato al culto di Dionisio e delle dee Pallade Atena e Persefone, venerati durante cerimonie che si tenevano all’aperto e in cui era necessaria qualcosa per proteggersi dal sole.

Dal XII secolo a.C. e per i trentadue secoli successivi, l’ombrello cerimoniale ha fatto parte delle insegne dell’Imperatore della Cina. Nei regni persiani, solo i sovrani, unici in tutta la popolazione, avevano il privilegio di ripararsi dal sole attraverso un ombrello sorretto dalla servitù.

Nell‘Impero Romano veniva usato principalmente dalla popolazione femminile per difendersi dai raggi solari. Nella letteratura latina, in particolare nella produzione ovidiana, è attestato che l’ombrello fosse usato come oggetto di seduzione.  Durante gli spettacoli nell’arena, gli spettatori erano coperti dal sole da un velario che veniva steso all’estremità della struttura. Per le giornate ventose, essendo impossibile posizionare il velario, le donne usavano ombrelli di seta decorati con perle e conchiglie.

La funzione di simbolo del potere si conservò  per molti secoli. Nel 1176, il Doge di Venezia chiese al Papa il permesso di presentarsi al pubblico protetto da un ombrello in broccato e tessuto con fili d’oro come ulteriore manifestazione di potenza e nobiltà.

Grazie a Caterina de’ Medici, nel Cinquecento, il parasole arrivò in Francia. Successivamente si diffuse in Inghilterra, dove iniziò ad essere usato per ripararsi dalla pioggia. Questa notizia non è certa, ma pensando al clima inglese ci sono tutte le ragioni per credere la sua veridicità.

Verso la fine del Settecento, la funzione di protezione dalla pioggia è attestata anche in Francia.  Solo nel secolo successivo, gli ombrelli per la pioggia giunsero in Italia, dove diventarono oggetti di design e moda.

Negli anni ci si è sbizzarriti nella creazione di questi oggetti: dalle forme più strane fino alle dimensioni più ridotte per renderli facilmente trasportabili. Per alcuni sono dei veri e propri oggetti di design; è il caso di Justin Evan Nagelberg, che ispirandosi alla cultura giapponese ha creato Sa. Si tratta di un ombrello privo dello scheletro metallico ma caratterizzato da un meccanismo che utilizza la tensione superficiale per sostenersi. Per aprire e chiudere l’ombrello basta ruotare il manico. Per mantenerne la chiusura, al posto del classico cordino in velcro, Sa è dotato di un magnete. È inoltre un ombrello eco-sostenibile: è formato da polimeri plastici impermeabili e riciclabili.

Il nome Sa deriva dal giapponese ed è un acronimo delle parole “kasa”, che vuol dire ombrello, e “same”, pioggia.

L’ombrello Rain Shield, disegnato da due studenti Lin Min-Wei e Liu Li-Hsiang, ha invece un design futuristico. Il nome letteralmente significa “scudo per la pioggia” ed è esemplificativo in quanto questo ombrello ha una forma tale per cui chi lo usa è contemporaneamente riparato dalla pioggia e dal vento. Anche Rain Shield non ha uno scheletro metallico, bensì è ripiegabile fino ad occupare uno spazio di soli 18 centimetri.

Per gli amanti della praticità esistono due risposte: Cover-brella e Stay-brella. Il primo caratterizzato da un telaio in fibra di carbonio è piccolissimo e leggero (pesa solo circa 108 grammi).  Il secondo invece è un ombrello in grado di stare in piedi da solo reggendosi sul manico.

È di Hiroshi Kajimoto il merito di aver creato UnBrella, abbreviazione di Upside Down Umbrella, ovvero l’ombrello al contrario. Il telaio è caratterizzato da bacchette esterne che permettono un’apertura opposta a quella classica. I vantaggi di questa struttura sono due; chiudendosi al contrario l’acqua finisce al centro e non ricade fuori e inoltre è in grado di stare in piedi, rendendo inutili i portaombrelli.

In onore di questo oggetto, a Gignese, comune piemontese della provincia di Verbania, è stato costruito un museo in cui si può conoscere la storia dell’ombrello attraverso l’esposizione dei modelli più antichi e preziosi.


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