Raggiungere un traguardo: la scienza del goal setting (prima parte)

Una delle caratteristiche che accomuna tutte le persone mediamente soddisfatte di sé è lavorare al raggiungimento di un qualche traguardo. Non tanto per il raggiungimento del traguardo in sé (che è sicuramente un momento di soddisfazione, ma che in quanto tale esaurisce il suo effetto in poco tempo), quanto perché il percorso verso di esso rappresenta un focus della propria attenzione su qualcosa di stimolante, che inoltre implica una sfida e quindi crescita in qualche ambito della propria vita. Poiché l’attenzione, in un dato momento, non è infinita, il fatto di direzionarla su ciò che serve a raggiungere un traguardo significa di per sé distoglierla dalla ruminazione inutile sul proprio passato e dal rimuginio ansioso e astratto verso potenziali pericoli.

In pratica avere degli obiettivi stimolanti agisce sul benessere psicologico sia nella misura in cui concentra pensieri e comportamenti verso qualcosa di desiderato, sia nella misura in cui saturando l’attenzione impedisce a ruminazione e rimuginio di proliferare. Come se non bastasse, perseguire degli obiettivi dà alle nostre vite ulteriori benefici: un maggiore senso di controllo, incremento dell’autostima, maggiore capacità di pianificazione delle proprie giornate e di migliorare nel fronteggiamento dei problemi.

Trova una persona felice e troverai un progetto”, sembra essere una frase quantomai azzeccata quindi. Detto in altri termini: andare avanti a caso nella propria vita, può avere senso in momenti circoscritti di deliberata sperimentazione ed esplorazione, ma nel lungo periodo è importante avere una direzione preferenziale e investire su di essa.

Un buon traguardo può essere definito tale se ha significato ed è percepito come premiante da chi lo persegue. Vale la pena di sottolineare che difficilmente un traguardo ha queste caratteristiche se la persona non lo sceglie liberamente: tra il voler diventare architetto perché è il proprio sogno e il voler diventare medico perché si viene da una famiglia di medici, sembra ormai chiaro quale sia la strada da percorrere.

Questo discorso non è solo astratto ma le ricerche di laboratorio sembrano dimostrarne anche le dinamiche neurologiche: la dopamina è un neurotrasmettitore legato al piacere e alla ricompensa, studi sui mammiferi hanno evidenziato che la sua produzione aumenta sia quando si ha una qualche gratificazione sia nell’anticipazione della stessa: l’ingaggio in qualche azione che nel lungo periodo può portare a un traguardo desiderato quindi pare proprio incrementare la produzione di dopamina.

Come si passa dalla teoria alla pratica?

Il primo passo è sicuramente fare chiarezza sui propri valori e desideri: nell’infinito proliferare di immagini e parole che abbiamo in testa, bisogna scegliere con quali sintonizzarsi. Un buon modo per farlo è porsi delle domande come queste: se improvvisamente potessi contare incondizionatamente sull’approvazione di tutte le persone importanti per te, cosa faresti della tua vita? O ancora: immagina di essere una persona ormai molto anziana, a un tuo nipotino viene chiesto, a scuola, di scrivere un tema su di te, che cosa vorresti che dicesse, per descrivere la tua vita, per che cosa vorresti che fosse orgoglioso? Non è sempre facile rispondere a tali domande. Le ragioni di questa difficoltà possono essere diverse e non facili da individuare senza un adeguato supporto professionale. Ad esempio, una persona potrebbe aver avuto molte delusioni in passato, con la conseguenza che dentro di lei si è creata una convinzione del tipo “se mi concentrò su ciò che desidero davvero, soffrirò ancora una volta”; questa convinzione, del tutto inconsapevole, saboterà tutti i tentativi della persona di entrare in contatto con i suoi desideri più autentici.

Inoltre, potrebbe succedere che determinati sensi di colpa possano impedire di sentirsi legittimati a perseguire i propri desideri: dentro di noi infatti, anche da adulti, rimane una parte bambina per la quale è molto importante rendere felici i propri genitori, o quantomeno non renderli infelici. Può succedere quindi che di fronte a desideri autentici che però si teme possano causare biasimo o sofferenza ai propri genitori, questi desideri rimangano seppelliti a livelli non raggiungibili dalla coscienza.

Infine, è possibile che una persona abbia desideri in contrasto tra di loro. Questo in realtà è abbastanza normale: anche se non siamo abituati a pensarlo, siamo composti da parti psicologiche diverse e non per forza concordanti tra di loro; una persona con un buon funzionamento psicologico è in effetti quella che ne è consapevole e, come uno psicomanager, gestisce le proprie risorse interne trovando compromessi, in modo da accontentare un po’ tutti con un compromesso accettabile. Superati gli ostacoli che possono sorgere nel definire desideri e valori, possiamo concentrarci sui traguardi concreti. Come definirli lo vedremo nella seconda parte.


FONTI
Bannink F. (2014), Post Traumatic Success, New York, W.W. Norton & Company
Harris R. (2010), La trappola della felicità, Trento, Erickson


Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.