La riforma del Terzo Settore in Italia

Fin dall’Alto Medioevo, insieme al nascere di un primo mercato, si affermarono le prime forme di associazionismo finalizzate al perseguimento dei bisogni sociali delle piccole città: enti ospedalieri o ricoveri, frutto dell’iniziativa delle Chiese locali. Il così detto terzo settore è poi cresciuto esponenzialmente, sia durante la rivoluzione industriale, che negli ultimi decenni. Una crescita direttamente proporzionale alla caduta di tutti quei sistemi di welfare che avevano visto il Pubblico come il miglior interlocutore per la risoluzione dei problemi sociali. Parlando di “caring society” – in cui la solidarietà viene veicolata solo per via istituzionale trasformandola in un principio impersonale, sgravando così gli individui dal vincolo della cura reciproca e la spersonalizzazione dei bisogni – l’Italia ha visto rimanere attive nel 2016 ben 343.432 istituzioni no-profit. Ben +2,1% rispetto al 2015, di cui il 50% è attivo nel Nord, per un totale di un’istituzione no-profit ogni 10 mila abitanti. Uno sviluppo da ricollegare alla riforma del 2001 del Titolo V della Costituzione Italiana, per la precisione dell’articolo 118 comma quattro, che ha incitato alla sussidiarietà orizzontale nei confini della Penisola:
“Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà.”
Il Terzo Settore diviene così l’unico settore in espansione all’interno di un sistema economico ancora in crisi, per la disponibilità occupazionale e per l’incidenza economica: sono ben 816.706 i dipendenti che nel 31 dicembre erano impiegati in una no-profit.

“Esiste un’Italia generosa e laboriosa  che tutti i giorni opera silenziosamente per migliorare la qualità della vita delle persone. È l’Italia del volontariato, della cooperazione sociale, dell’associazionismo no-profit, delle fondazioni e delle imprese sociali. Lo chiamano terzo settore, ma in realtà è il primo. Un settore che si colloca tra lo Stato e il mercato, tra la finanza e l’etica, tra l’impresa e la cooperazione, tra l’economia e l’ecologia, che dà forma e sostanza ai principi costituzionali della solidarietà e della sussidiarietà. E che alimenta quei beni relazionali che, soprattutto nei momenti di crisi, sostengono la coesione sociale e contrastano le tendenze verso la frammentazione e disgregazione del senso di appartenenza alla comunità nazionale”

  

A questo sviluppo non è però seguita una legislazione che fosse capace di definire i limiti e le possibilità del suddetto settore. Il quadro normativo a riguardo è infatti frammentato, creando confusione e disagio nella pratica per chiunque voglia intraprendere un’attività nel campo dell’imprenditorialità sociale. Ciò ha così portato all’avvio di un progetto di riforma riguardante il Terzo Settore; un iter legislativo durato per ben 2 anni, che si è concluso con la promulgazione della legge delega 6 giugno 2016. Riforma che ha riguardato la materia del titolo II del libro primo del codice civile in materia di associazioni e fondazioni e altre istituzioni di carattere privato senza scopo di lucro, riconosciute come persone giuridiche e non riconosciute e al riordino di tutte le disposizioni vigenti relative agli enti del Terzo Settore.

E quasi due anni fa il nostro sistema costituzionale ha visto l’introduzione del “Codice del Terzo Settore” (il decreto legislativo 117/2017) che ha, per la prima volta, definito le regole fiscali e civilistiche degli enti no-profit.

“La ridefinizione di cos’è Terzo settore -afferma Renzi- e di tutte le misure che occorrono al suo sviluppo deve andare in una legge ad hoc. Legge che non può che avere il percorso del disegno di legge delega, a mio avviso. Che tenga dentro anche tutte le questioni normative su cui tante volte abbiamo discusso rispetto al Codice Civile e alla valutazione che noi dobbiamo avere della struttura dell’associazionismo. Che tenga dentro le equiparazioni della detraibilità dei partiti politici con le associazioni di volontariato. Vorrei sfidarvi in questo modo: noi siamo pronti nell’arco di un mese, coi ministri competenti, ad andare in Consiglio dei Ministri e approvare uno schema di disegno di legge delega. Senza però fare tavoli. I tavoli li fanno i mobilieri. Noi facciamo uno scambio di documenti via mail. Organizzatevi dei luoghi di dibattito e di confronto e restituiteci le vostre opinioni in un percorso open. Si fa il testo, noi lo offriamo alla vostra attenzione e lo correggiamo insieme. Poi si va in Parlamento e si cerca di correre tutti insieme per scrivere una pagina nuova”.

Il suddetto Codice, definito come “la riforma del Terzo Settore”, è stato fondamentale affinché venisse definito il Settore, dopo ben 20 anni da ogni qualunque tentativo legislativo in materia.
Il testo di legge del 2017 ha così riformato la materia, introducendo una serie di adempimenti obbligatori sia di carattere economico che sociale. Tra questi si prendano in considerazione le modifiche fatte in materia di scrittura contabile, introducenti l’obbligo di:
– Redigere e depositare presso il registro delle imprese il bilancio di esercizio redatto, a seconda dei casi ai sensi degli articoli 2423 e seguenti, 2435-bis o 2435-ter del codice civile;
– Tenere il libro giornale e il libro degli inventari;
– Depositare presso il registro delle imprese e pubblicare nel proprio sito internet il bilancio sociale.

Il terzo punto attira l’attenzione, perché testimonianza dell’impatto sociale delle attività di alcuni enti: al crescere dell’importanza di questi enti si è sviluppata la necessità di una comunicazione efficace con gli stakeholders, definente mission e valori dell’ente, chiarificando i punti dell’azione sociale da esso intrapresa, imponendo così la realizzazione annuale di una rendicontazione che non fosse solo economica, ma che definisse i punti di forza come quelli deboli dell’azienda (il bilancio sociale).


Fonti:

Istat: periodo di riferimento ANNO 2016, data di pubblicazione 11 ottobre 2018

“I bisogni degli altri: saggio sull’arte di essere uomini tra individualismo e solidarietà” 1986 di Michael Ignatieff ed. Mulino

L.Cost. 18 ottobre 2001 n.3

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