I regali dal mare e il lascito alla spiaggia

Osserva un bambino che raccoglie conchiglie sulla spiaggia: è più felice dell’uomo più ricco del mondo. Qual è il suo segreto? Quel segreto è anche il mio. Il bambino vive nel momento presente, si gode il sole, l’aria salmastra della spiaggia, la meravigliosa distesa di sabbia. È qui e ora. Non pensa al passato, non pensa al futuro. E qualsiasi cosa fa, la fa con totalità, intensamente; ne è così assorbito da scordare ogni altra cosa

Osho

 

A chi non è mai capitato di cercare tesori sulla spiaggia? Conchiglie, frammenti di vetro colorato levigati dal mare, relitti dimenticati. Da un lato c’è la poeticità dei pescherecci abbandonati, delle ancore e dei messaggi in bottiglia. Dall’altro la colonizzazione inquinante di bottigliette e altri rifiuti di plastica o, semplicemente, oggetti di uso quotidiano abbandonati da turisti distratti.

Emil Ciubotaru

È estate e i social network raccontano con scatti da cellulare le giornate in spiaggia, i pomeriggi sotto l’ombrellone e i bagni in mare. Ma ci sono anche artisti che hanno immortalato con le loro opere gli aspetti più affascinanti, ma anche danneggiati della spiaggia, come archetipo iconico.

L’immagine della spiaggia evoca immediatamente i profili delle barche da pesca tra la sabbia. Scheletri di legno tinteggiati di vernice che raccontano un paesaggio poetico e meditativo. Le rende protagoniste dei suoi ritratti paesaggistici il pittore rumeno Emil Ciubotaru, che usa la tecnica del mestichino, ovvero del colore steso con la spatola, per dare un tocco impressionista alle opere. I suoi dipinti richiamano le Barche da pesca sulla spiaggia di Saintes Maries de la Mer (1888) di Vincent Van Gogh e le Barche sulla spiaggia di Étretat (1883) di Claude Monet.

Alisa Burke, Fishing Nets

Nel caso di Emil, però, non si tratta di scorci di Provenza e Normandia, ma di location indefinite, dal sapore universalizzante. Rappresentano l’atmosfera e i colori di una possibile spiaggia qualunque nel mondo. La sentiamo vicina, la percepiamo come nostra. E l’aspetto più interessante che l’artista riesce ad enfatizzare è il colore, reale, pregnante, materico. Come dice lui stesso, è la prima cosa che ha visto quando è nato e quella che lo ha sempre trasportato emotivamente.

Dove c’è pesca, ci sono le reti adibite al mestiere. Composizioni intrecciate, dai colori spogli, trappole per gli animali acquatici. Ma l’artista americana Alisa Burke le propone sotto un diverso punto di vista. Nella sua opera Fishing Nets, Alisa fotografa una composizione policromatica che unisce corde e filamenti intrecciati. La sua fonte di ispirazione, come nel caso di Emil, sono le campiture, che richiamano le sfumature della sabbia e del mare.

Benjamin Von Wong, Mermaids hate Plastic

Le reti di Alisa sono la prova dell’inesauribile ricchezza creativa che offre la spiaggia. Materiali poveri, ammassati in un angolo o gettati dopo il loro uso, assurgono al ruolo di opera d’arte se declinati in funzione narrativa. Perché ogni filamento racconta una storia, a ritroso, dal pesce al pescatore. Al suo lavoro, sporco, antico, impregnato di tradizione. Una professione che vogliamo si allontani da probabili conseguenze pericolose e inquinanti.

Weston Fuller, Plastic Surf

Perché le reti inquinano se non vengono smaltite correttamente. Rischiano di intrappolare le creature marine garantendone morte certa. Per questo sono utili iniziative come: recuperare il nylon delle reti per realizzare magliette eco fashion, oppure realizzare reti biodegradabili. Alla fine quindi si arriva sempre qui, a quello che non vorremmo sentire. Al grido soffocato delle spiagge che pullulano di rifiuti. Sono tanti e, spesso, non sono smaltibili.

Il problema principale è la plastica, oggetto di percorsi artistici come le sculture di riciclo di Sayaka Ganz o la raccolta fotografica Planet or Plastic di National Geographic. A gridare al danno si unisce anche il fotografo e attivista canadese Benjamin Von Wong con la sua raccolta Mermaids Hate Plastic (Le sirene odiano la plastica). Il titolo è emblematico, in quanto unisce una realtà fiabesca e mitologica come quella delle sirene a un problema reale che ci porterà nel 2050 ad avere più plastica che pesci in mare.

Le fotografie di Benjamin sono accattivanti e innovative. Il giovane artista si è servito delle bottigliette di plastica per ricreare il mare in cui immergere le sue modelle vestite da sirene. In uno di questi scatti, una sirena si trascina morente sul bagnasciuga: il magma acquatico plastificato che si lascia alle spalle crea un effetto spettacolare e riflessivo. Ma non sono purtroppo solamente le bottiglie a contribuire al degrado ambientale.

Nancy Wernersbach, Gifts from the Sea

Ci sono anche i sacchetti di plastica, paragonati a pericolose meduse galleggianti. Li utilizza come spunto creativo il fotografo Weston Fuller, che opera principalmente in ambito pubblicitario e editoriale. I suoi scatti nascono quindi con una forte spinta comunicativa, che invita alla riflessione, come accade in Plastic Surf, dove una ragazza si riposa sulla sua tavola da surf, noncurante dell’esercito di plastica che ingombra il fondale marino.

Amelia Jane Murray

Fortunatamente a rivestire i fondali marini non ci sono solamente detriti antropici, ma anche le millenarie conchiglie. Riposano sui terreni sabbiosi finché non vengono trascinate dalle onde sulla battigia, per essere raccolte con il secchiello e destinate a composizioni creative. Chiunque ne può rimanere attratto e invitato a raccoglierle, data la varietà di forme e colori in cui si presentano. Per questo possono essere dipinte in acquerelli poetici, come Gifts from the Sea (2013) di Nancy Wernersbach o in più tradizionali nature morte, come quella di Elen Buselli.

C’è invece chi si lascia trascinare in un mondo incantato. È il caso della pittrice Amelia Jane Murray, che rievoca il simbolo della conchiglia in chiave fiabesca. La usa come giaciglio su cui far riposare una fata, dipingendo la spiaggia come la vorremmo immaginare. Una distesa dorata, con il mare alle spalle e nessun lascito dannoso che la paragoni a una discarica di ciò che non ci serve più.


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