Le Prove Aperte del concerto d’inaugurazione della nuova Stagione della Filarmonica della Scala

Domenica 11 novembre 2018 presso il Teatro alla Scala di Milano si sono tenute le Prove Aperte del concerto di inaugurazione della nuova stagione della Filarmonica. Le prove di questo primo concerto, come tutti gli anni, sono gratuite.

Arrivate al loro decimo compleanno, le Prove Aperte sono ormai un’importante ricorrenza meneghina, nonché scaligera, a scopo benefico: il loro ricavato, che supera il milione di euro, è destinato infatti al sociale, coinvolgendo 37 associazioni non profit milanesi.

In apertura di serata, il direttore della Filarmonica, Riccardo Chailly, ha deliziato il pubblico introducendo i concerti con una spiegazione magistrale ed allo stesso tempo accessibile anche ai meno esperti.

Nella prima parte Chailly ha diretto l’orchestra e il violinista russo di fama mondiale Maxim Vengerov sul Concerto per violino n°1 in la min. op. 77 di Dmitrij Sostakovic.

In una intervista, Vengerov spiega di aver iniziato la “sua storia” con Sostakivic a 17 anni suonando questo stesso concerto, quando Mstislav Rostropovich lo invitò al suo festival. Vengerov racconta come il maestro per primo gli aveva fatto notare come nelle note di Sostakovic si specchiasse la storia tragica e personale del popolo russo ed emergesse la frustrazione, la sofferenza e la paura che dominavano in URSS negli anni del regime.

Il Concerto per violino n°1 in la min. op. 77 fu infatti composto da Sostakovic nel 1948, ma pubblicato solo nel ’53, per poi essere presentato dalla Filarmonica di Leningrado per la prima volta nel 1955, con la direzione di Mravinskij. Concepito come una suite in quattro parti, il concerto è caratterizzato da un virtuosismo estremo nella parte solistica, elemento che rende vertiginosamente difficile l’esecuzione, colta come un’ardua sfida dai migliori violinisti del globo.

Durante le prove, tra il Notturno, lo Scherzo, il Passacaglia e la Cadenza, Chailly fermava il concerto per fornire ai musicisti indicazioni e consigli, facendo poi rieseguire le musiche con i nuovi accorgimenti. Questo procedimento, se poteva essere un elemento di distrazione per i meno interessati, è stato invece un valore aggiunto per gli amanti della musica sinfonica, poiché ha costituito un’occasione per osservare da vicino i trucchi del mestiere.

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Nella seconda parte è stato eseguito il Concerto per Orchestra del celebre compositore ungherese Bela Bartok. A differenza del primo, che era un concerto per violino con accompagnamento dell’orchestra, questo è un concerto sinfonico solamente per orchestra, come il nome stesso suggerisce, e non ha visto pertanto Vengerov sul palco. Ciò nonostante l’esecuzione è stata ugualmente emozionante, grazie all’eccelsa bravura di Chailly e della Filarmonica e soprattutto grazie alla sublime arte dell’opera di Bartok, dove le note basse e solenni s’innalzano all’improvviso in picchi acuti, creando armonie e narrazioni inaspettate.

Il concerto venne composto nel 1944 a New York, dove Bartok si era trasferito nel ’40 per non tornare mai più nell’amata Ungheria, a causa della terribile situazione politica che lì vi era. Nel suo testamento, Bartok vietò addirittura che gli fossero dedicate vie nel suo paese finchè non fossero state tolte le targhe con i nomi di Hitler e Mussolini. Commissionatogli dal Direttore della Boston Symphony, Serge Kussewitzky, Concerto per orchestra reca questo titolo per la “tendenza a trattare i singoli strumenti dell’orchestra in stile concertante o solistico”, come spiegò Bartok stesso.

“L’elemento virtuosistico si palesa, ad esempio, nelle sezioni fugate dello sviluppo nel primo tempo (ottoni) o nei passaggi a guisa di moto perpetuo nel tema principale dell’ultimo tempo (archi), e specialmente nel secondo tempo, ove coppie di strumenti entrano successivamente con passaggi brillanti. L’opera, a parte il danzante nel secondo tempo, segna un graduale passaggio dalla severità del primo tempo e dal cupo canto di morte del terzo all’affermazione di vita del finale.”    (Bela Bartok)

Come ha affermato Chailly nell’introduzione, l’accostamento dei due concerti è stato tutt’altro che casuale: il direttore d’orchestra ha infatti fatto notare come vi fosse stata influenza reciproca tra i due compositori e come il ritmo incalzante e la ripetizione quasi ossessiva di una melodia di 3 note fosse presente sia in Bartok che in Sostakovic. Queste analogie d’altronde non appaiono strane se pensiamo che i concerti furono composti a distanza di soli 4 anni l’uno dall’altro e che ambedue i compositori esprimevano il dolore, lo strazio e la violenza che i paesi di entrambi stavano attraversando.


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