Massa e Potere di Elias Canetti. Una analisi del potere nelle masse.

Elias Canetti, premio Nobel per la letteratura nel 1981, pubblicò nel 1960 il libro Massa e Potere. Si trattava di una monumentale opera relativa a uno studio sociologico, politico e culturale sulle masse, intrapreso da Canetti in gioventù e durato per parecchi decenni. La sua analisi delle masse si distanzia nettamente da quelle precedenti, sia da quella di Gustave Le Bon, che scrisse La psicologia delle Folle nel 1895, sia dal lavoro svolto da Sigmund Freud sullo stesso tema in Psicologia delle masse e analisi dell’Io.

Mentre per Freud e Le Bon la massa rappresenta qualcosa di violento o negativo e da temere, Canetti parte da un’analisi di esperienza diretta, vissuta durante la sua partecipazione a manifestazioni di protesta, per approdare a una concezione non svalutativa della massa. Egli infatti cerca di descrivere il fenomeno da un punto di vista interno, caratterizzandolo come una “metamorfosi” dei singoli individui che fanno parte di una massa.

Il punto di partenza e l’intuizione di Canetti è l’osservazione del timore degli individui di essere toccati da qualcosa di estraneo e che crea le distanze tra gli uomini. Si tratta di una paura legata all’istinto ancestrale di sopravvivenza, presente in tutti gli individui e il cui richiamo automatico crea ripugnanza e aggressività quando siamo tra la gente e veniamo toccati, anche se involontariamente.

Solo quando gli uomini si riuniscono in una massa l’individuo viene liberato dal timore di essere toccato e tanto più gli uomini si serrano tra di loro, tanto più sono certi di non avere paura l’uno dell’altro. Si tratta, infatti, dell’unica situazione in cui tale paura originaria si capovolge nel suo opposto. In una massa i corpi si avvicinano e si stringono l’uno all’altro come in un’unica entità fisica formata da molti individui che perdono i loro individuali confini.

Ma come si forma una massa secondo Canetti? L’aggregazione di singoli individui, spesso accomunati da intenzioni e propositi d’azione comuni, si determina in modo spontaneo e si costituisce in massa attraverso il principale avvenimento che Canetti indica nel fenomeno della “scarica”. Il momento della scarica è l’evento più significativo che avviene all’interno di una massa e consiste nella liberazione di ogni differenza dei i suoi componenti che da quel momento in poi si sentono uguali tra di loro, liberati dalle loro distanze. A questa scarica si associano poi l’impulso di distruzione, soprattutto di case e oggetti e nella distruzione delle immagini che raffigurano qualcosa di simbolico, come per esempio l’abbattimento di statue nelle piazze, emblemi di una gerarchia che non si riconosce più. Oppure la distruzione che si consuma nell’attacco ai confini che delimitano emblematicamente un limite o un divieto. La scarica si compie allora nella devastazione di vetri, porte e finestre degli edifici, simboli fragili di invalicabilità di una casa che perde nella distruzione la sua individualità e identità.

L’abbattimento dei limiti imposti ai singoli individui si estende rapidamente alla massa dominata dalla spinta all’accrescimento nel momento della scarica. In questo processo la scarica funziona infatti come detonatore e trasforma gli iniziali “cristalli di massa” o la “massa chiusa” e limitata, in una “massa aperta”, alimentata dall’incalzante bisogno di espandersi. La massa aperta, infatti, ha necessità, per sopravvivere, di coinvolgere il maggior numero di persone possibile. Solo l’incremento della massa, la sua concentrazione ininterrotta verso uno scopo, e la necessità di una direzione e di una meta condivisa garantiscono la continuità della scarica, evitandone così la sua disgregazione. Crescita, uguaglianza, concentrazione e direzione sono quindi, per Canetti, le caratteristiche fondamentali che caratterizzano le masse.

Canetti cerca inoltre di approfondire e spiegare l’origine della formazione della massa attraverso la forma arcaica della “muta”. Si tratta di una primitiva forma di eccitazione collettiva in una unità di azione in cui l’individuo tende a perdersi. Ne sono esempi la muta di caccia o di guerra che avevano lo scopo di uccisione, di una preda o di un nemico, oppure la muta di accrescimento, in cui gli esseri primordiali scoprirono l’enigmatico potere che ha l’essere in “maggior numero” rispetto al singolo individuo.

Oltre alla capacità di far perdere le barriere dell’individualità, la massa ha, per Canetti, un altro potente effetto che egli chiama la perdita della “spina del potere”. La scarica, infatti, oltre a ricondurre gli uomini all’uguaglianza più radicale, consente anche di liberare l’uomo dalle spine del potere, quelle che il vincitore ha conficcato nei corpi e nelle coscienze individuali ogni volta che impone un comando. Per Canetti, infatti, il potere è un’azione corporea, fisiologica, una specie di energia che si conficca come una spina nei corpi degli individui. Egli lo configura quindi come un potere quasi biologico che rappresenta l’istante del sopravvivere del vincitore e l’istinto della sua potenza che cerca di distruggere e divorare “l’altro”, il nemico.

Il potere, che ha la sua logica primordiale nel vincere e uccidere per sopravvivere, si è poi evoluto nel potere di condannare o graziare gli altri e quindi di dare comandi, le spine appunto. L’ordine, il comando fa scattare l’azione, in chi deve eseguire, nell’istante in cui viene pronunciato. Il deterrente di questa obbedienza è sempre la paura, la paura di “essere toccati”.

Quando però il comando viene rivolto alla massa, questo si diffonde orizzontalmente in modo contagioso e la spina non è più una paura o un’angoscia individuale. La spina del comando che viene temporaneamente liberata si trasforma quindi all’interno della massa in una forma di energia collettiva che agisce e poi si dissolve col dissolversi della massa.

Ma è possibile vivere senza esercitare un potere, si chiede Canetti? Quest’ultimo quesito, di come sia possibile sfuggire al potere, rimane il tema incompiuto e senza soluzioni della sua opera. Tuttavia, è a partire dalla capacità di metamorfosi dell’uomo, quella che gli ha procurato tanto potere sulle altre creature, che Canetti indica il punto di partenza di una possibile via di liberazione, senza comunque risolverne l’enigma. Se grazie alla metamorfosi, l’uomo ha prima costruito il suo dominio sulle altre specie e poi quello dell’uomo sull’uomo, in questo stesso meccanismo, sostiene Canetti, è forse possibile trovare il modo per scardinare il potere e riscattare l’uomo dalla sua condizione di sudditanza.

Con quest’opera Canetti rovescia lo storico processo della cultura occidentale volta a valorizzare l’individuo e rivaluta la massa, da sempre considerata un fenomeno regressivo e irrazionale. Il tentativo di questo pensatore e filosofo del 900 è quello di ribaltare l’assioma che l’individuo sia il solo portatore della ragione e la massa un veicolo di sola irrazionalità. Egli al contrario sostiene la tesi che l’individuo porta in sé la devianza patologica della gerarchia, del dominio e dell’ingiustizia mentre la massa è l’unico luogo dove l’uguaglianza originaria diventa possibile e può agire come antidoto a un individualismo sempre più dominante.

 


FONTI:

Elias Canetti, Massa e potere, trad. di F. Jesi, Adelphi edizioni, Milano, 2015.

Gustave Le Bon, Psicologia delle folle, trad. A. Montemagni, Ed. Clandestine, Massa, 2014.

Sigmund Freud, Psicologia delle masse e analisi dell’io, trad. di E.A. Panaitescu, Bollati Boringhieri, Torino, 2015.

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