Aquarius: l’ideologia “implicita” dietro la manovra di Salvini

Matteo Salvini ha imposto l’ordine di bloccare tutti i porti e di non far approdare la nave Aquarius e con essa nessun altro immigrato. Questa direttiva comunica e significa molte cose riguardo il pensiero del ministro degli interni: in primis che gli italiani hanno già accolto troppo e ora tocca anche agli altri stati dell’Unione Europea fare la loro parte, secondo, che le persone che migrano sono povere e quindi vengono avvertite come potenziali minacce sia per il lavoro che per la sicurezza italiana, terzo, questo traffico di esseri umani è alimentato e vive proprio grazie all’accoglienza che noi diamo. Prima di addentrarci ad analizzare queste idee bisogna però spiegare i fatti.

Lo scontro tra Italia e Malta sull’accoglienza dei migranti in partenza dalla Libia è cominciato già il 7 giugno quando Salvini aveva avvertito: «Non è possibile che Malta dica no a ogni richiesta di intervento». Il giorno dopo, l’8 giugno le autorità maltesi hanno impedito l’ingresso nel loro porto della nave Seefuchs con 126 migranti a bordo, che è stata infine fatta approdare in Sicilia, a Pozzallo.
Quest’ultimo episodio, e soprattutto la mancata collaborazione di Malta, convince Salvini a negare il porto sicuro in cui sbarcare (POS) ai migranti dell’Aquarius il 10 giugno. Aquarius è una nave per la ricerca e il soccorso e appartiene all’organizzazione non governativa internazionale italo-franco-tedesca Méditerranée (MSF). Questa nave, con a bordo 629 persone (tra cui 123 minori non accompagnati, 11 bambini e 7 donne incinte), viene lasciata poco a nord di Malta in attesa di capire in quale porto approdare. Salvini invia un comunicato che invita i maltesi ad accogliere i migranti poiché non possono continuare a ignorare precise convenzioni internazionali. Ma Malta ha prontamente respinto la richiesta sottolineando che il recupero della nave Aquarius è avvenuto nell’area libica ed è stato coordinato dal centro di Roma. Proprio questa risposta induce Salvini a lanciare il suo stop e nega il permesso all’imbarcazione di approdare in Italia e su facebook scrive: «Tutti in Europa fanno gli affari propri, ora anche l’Italia rialza la testa. STOP al business schifoso dell’immigrazione clandestina. #chiudiamoiporti”».
Lo scontro tra Italia e Malta costringe Aquarius a rimanere bloccata in mare fino a quando il primo ministro Pedro Sanchez annuncia che la Spagna permetterà alla nave di attraccare a Valencia.

Questi fatti hanno acceso in tutta Italia aspre polemiche, sia favorevoli alla chiusura dei porti che contro. Prima di valutare l’operato di Salvini occorre però riflettere sulle ideologie politiche che stanno alla base della sua decisione.

Gli italiani hanno accolto troppo: è vero in parte. Secondo l’Eurostat attualmente i rifugiati sono il 2,4% della popolazione, mentre in tutto la popolazione straniera in Italia è circa l’8% cioè poco più di 5 milioni di persone. In Europa ci collochiamo al sesto posto per numero di immigrati accolti. Il contributo per aiutare e soccorrere queste persone è stato stimato ci costi nel solo 2018 intorno ai 5 miliardi di euro. Si tratta di cifre non indifferenti e il fenomeno ci vede particolarmente coinvolti per la nostra posizione favorevole agli sbarchi. In questi anni l’Italia ha dato prova di essere un popolo accogliente nei fatti, accoglienza congenita poiché l’Italia è un popolo nato dall’incontro di più etnie, dove gli stessi romani ammettevano che la loro forza era dovuta proprio alla capacità di assimilare e riconoscere le potenzialità e conoscenze dei popoli via via annessi. Tuttavia, oggi il fatto di accogliere viene avvertito come uno sfregio, una debolezza; al contrario, l’accoglienza verso una popolazione debole è indice di magnificenza di un popolo oltre che di grande generosità. Il buon senso impone però anche di razionalizzare i fatti e oggettivamente ci si sente frustrati di fronte a una parte di Europa decisamente più avara e che non collabora. Per questo motivo il pugno di ferro di Salvini è utile per lanciare un segnale a quei paesi dell’Unione che mostrano chiusura, ma il suo gesto è assolutamente riprovevole dal punto di vista umanitario.

Gli immigrati rubano posti di lavoro e sono causa dei salari bassi inoltre non sono una risorsa: ciò è palesemente falso. Gli immigrati spesso vengono inseriti in circuiti che non collidono con quelli che attualmente ricoprono gli italiani. Secondo il Rapporto sull’economia dell’immigrazione, a cura della Fondazione Leone Moressa, nel periodo dal 2008 al 2016 gli immigrati restano occupati prevalentemente in lavori di qualifica medio-bassa. Il 35,6% degli stranieri esercita infatti professioni non qualificate, il 29,3% funzioni da operaio specializzato e solo il 6,7% è un professionista qualificato. Anche la stessa accusa di essere manodopera a basso costo non è direttamente imputabile agli immigrati. Una politica attenta infatti vigila sugli stipendi e non consente di sottopagare un dipendente. Se gli immigrati vengono assunti con stipendi minorati l’accusa può essere rivolta solo al governo, poiché un individuo sia bianco o nero ha diritto a percepire un salario dignitoso e di fronte alla legge non esiste il cittadino di serie A o B. Oltre questi dati, molti fanno notare come molti extracomunitari siano inseriti nella criminalità, come lo spaccio di droga. Ma anche qui vige lo stesso discorso di prima. La criminalità è un reato e va punito; ma a essere puniti non devono essere solo gli ultimi anelli della catena che spesso si rivelano i soggetti più deboli. La punizione deve ricadere su chi arruola e alimenta questi commerci. In molte operazioni di polizia vengono arrestati spesso i pusher, ma la rete che gestisce il commercio resiste e per questo motivo lo spaccio di droga non viene mai debellato. Manca un vera volontà da parte delle autorità di fare finire questi traffici che anzi crescono vistosamente dato che le statistiche di Agenzia europea delle droghe ci vedono ai primi posti per l’utilizzo di stupefacenti.

Il traffico di esseri umani è alimentato dall’accoglienza che noi gli diamo: Secondo Salvini, smettendo di accoglierli questo traffico di merce umana potrebbe finalmente terminare. Chiudendo definitivamente i confini queste persone si rassegnerebbero a vivere nel loro paese impegnandosi a ricostruirlo invece che stare in Italia “a fare la pacchia”. Tuttavia non si capisce cosa possa spingere una persona ad accettare di lasciare il proprio paese su una bagnarola che rischia di affondare se non una sola cosa: la disperazione. Da molto tempo l’Europa ha progressivamente ridotto il numero di visti per poter accedere nei suoi confini, di conseguenza molti migranti per poter raggiungere la meta ambita devono obbligatoriamente rivolgersi alle mafie libiche perché non esiste altra soluzione. Quindi sembra insensato sostenere che l’accoglienza alimenta questo circuito perché finché questi paesi non godranno di una certa stabilità ci saranno sempre nuovi disperati pronti anche a morire pur di sbarcare in Italia. Il punto in questione semmai è come aiutare queste persone nei loro rispettivi paesi. La verità è che fino a ora l’Unione Europea non ha mai risolto questa problematica. L’Europa così agendo mostra il suo interesse affinché i territori africani restino sempre deboli e subordinati, paesi cioè coloniali.

In merito alla vicenda, su facebook, l’11 giugno Salvini dichiara vittoria per aver impedito ad Aquarius di sbarcare in Italia. Un’esultanza che trascende il ridicolo dato che ha provveduto solo a scalfire le enormi problematiche che attanagliano il nostro paese ma non ha affatto contribuito a risolverle. Inoltre la sua esultanza ha irritato parecchio poiché la sua manovra politica è stata impulsiva e i primi a risentirne sono persone in estrema difficoltà e deboli, persone che un primo ministro dovrebbe tutelare e non denigrare. Tuttavia, un riconoscimento gli va dato: grazie a lui si è aperto un fronte di discussione e confronto con i paesi dell’Unione Europea e lo stato italiano è così riuscito ad attirare su di sé l’attenzione. Perché l’Italia non può essere lasciata sola in un periodo così delicato di decisioni e cambiamenti e il fenomeno dell’immigrazione ha bisogno di una risposta europea comune.

 


 

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