Anche nel profondo sud degli Stati Uniti d’America, nell’Alabama degli anni Trenta, le famiglie perfette non esistevano, come del resto non sono mai esistite. Infatti è proprio questa la cornice della famiglia Finch, protagonista de Il buio oltre la siepe: Atticus, avvocato della piccola cittadina di Maycomb, è un padre che cresce da solo i suoi due bambini, Jeremy, detto Jem, di dieci anni e Jean-Louise, detta Scout, di otto.
Atticus, però, per tutta la vicenda narrata nel romanzo, non si preoccupa troppo di tutto ciò e ignora le voci della gente cercando di restare concentrato sui valori e sui principi che vuole trasmettere ai suoi figli e comportandosi sempre come un esempio per loro. Non manca mai di insegnargli l’educazione e il rispetto verso il prossimo, sia loro simpatico o meno, l’uguaglianza tra tutti gli esseri umani, siano bianchi o neri, e l’importanza della lettura.
L’impegno di questo padre single ante litteram riesce a regalare ai lettori dei piccoli personaggi fantastici e specialmente Scout diventa una delle più simpatiche bambine che la letteratura ci ha donato. Perché la storia di questa famiglia ci racconta e ci dimostra come non importa come sia la propria famiglia; ognuno ha i propri drammi e le proprie differenze da sopportare, l’importante è il bene che ci si vuole e l’educazione che si dà ai propri figli, come lo stesso Atticus ricorda in una delle ultime pagine del libro:
“A volte penso di essere un totale fallimento come genitore, ma io sono tutto quello che loro hanno. Prima che Jem guardi a qualcun altro, lui guarda a me, e ho provato a vivere in modo da poterlo guardare onestamente… Se cospirassi a qualcosa del genere, francamente non potrei più guardarlo negli occhi, e il giorno in cui non potrò più farlo saprò di averlo perso. Non voglio perdere lui e Scout, perché sono tutto ciò che ho”.
Harper Lee, Il buio oltre la siepe, Milano, Feltrinelli, 1960.